Non è più tempo d’eroi, verrebbe da dire. La rinuncia a disputare il Gran Premio delle Americhe da parte di Marc Marquez ed Enea Bastianini infatti, ancorché possibile, non era probabile.
Non lo era considerando come erano rappresentati i ‘cavalieri del rischio’ fino a pochi anni fa. Pochissimi se la sciatrice Sofia Goggia nel dicembre scorso aveva ricordato il coraggio dei motociclisti in occasione della sua discesa a St. Moritz con la mano fissata alla racchetta con nastro adesivo.
Quei tempi, però sono passati. Probabilmente definitivamente. Il fatto è che quando Takazumi Katayama corse con entrambe le clavicole fratturate ad Abbazia il suo fu un gesto di follia individuale, come quello che lo portò a correre al Tourist Trophy, nonostante non fosse uno specialista.
Poco più avanti assistemmo all’impresa di Loris Capirossi che corse ad Assen con una mano fratturata nel 2000 ed in tempi ancor più recenti a quella di Jorge Lorenzo, nel 2013, ancora ad Assen che centrò un suo quinto posto nel GP d'Olanda, disputato a 48 ore dalla caduta nelle seconde prove libere e a poco più di 24 ore dall'intervento alla clavicola fratturata giovedì notte a Barcellona. Il campione del mondo in carica, in quella occasione non volle l'appellativo di eroe: “Non lo sono, i veri eroi sono quelli che alla fine del mese riescono a mangiare. Io sono uno fortunato che pagano per fare questo, che è quello che mi piace!”, disse.
Non a caso in tutte e due quelle occasioni, sia al fianco di Loris che di Jorge ci fu il dottor Costa, il traumatologo dei piloti che spostò sempre più in alto l’asticella per quei piloti che, infortunati, desideravano fortemente gareggiare.
Oggi Costa non c’è più, e nemmeno la sua Clinica Mobile nel paddock ed ogni pilota ha al suo fianco stuoli di dottori. Non che sia obbligatorio obbedire loro, ovvio. Anzi si può dire che l’ultimo cavaliere del rischio sia stato proprio Marquez, in occasione del suo sfortunato rientro in pista con un braccio rotto dopo la caduta di Jerez nel 2020.
Del resto in questi anni il motomondiale è cambiato profondamente, ed in questo 2023 ancora di più con l’introduzione di una Sprint Race il sabato che, pur con un punteggio dimezzato, ha portato la MotoGP a raddoppiare il numero di gara: da 21 a 42!
Ciò vuol dire cambiare completamente la dinamica di questo sport, rispetto non solo a quando il numero dei Gran Premi oscillava fra i 13 ed i 16 all’anno.
Oggi più che un po’ folle il pilota deve essere intelligente e capace di risparmiarsi. Vincere dove può e quando serve, ma accumulare punti in tutte le altre gare. Ed in questo senso l’errore di Bagnaia in Argentina è veramente imperdonabile.
A questo punto, però, con così tante gare il mondiale rischia di andare non al più veloce, ma al più costante. O semplicemente al più bravo a tenersi fuori dai guai che saranno sempre di più perché fin dall’inizio della stagione i piloti in pista sono divisi in due categorie: quelli che ambiscono al mondiale e coloro i quali, invece, possono al massimo aspirare a qualche vittoria di tappa. Una distinzione importante perché questi ultimi si potranno sempre permettere di rischiare un po’ di più.
Perché, dunque, a questo punto non reintrodurre il sistema degli scarti valido sino al 1976 quando ad essere validi erano solo 6 Gran Premi su 10? Questo consentirebbe a piloti sfortunati come Enea Bastianini di essere ancora in lizza per il mondiale, invece di essere lì a contare l’incolpevole distacco. Certo, ciò renderebbe l’individuazione del leader ancora più difficile di quanto lo sia ora. Ma nell’era dell’inutile complicazione dei Gran Premi di oggi, non ci sembra così grave.