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Da Hailwood a Lawson fino a Marquez: perché il 'caso Kalex' non è uno scandalo

Mike Hailwood corse con la Honda RC181 con telaio italiano, Erv Kanemoto nel 1989 si fece realizzare telai per Lawson: quando il fine giustifica i mezzi ogni costruttore si guarda intorno, come ha fatto la Yamaha per i suoi motori con Marmorini

Da Hailwood a Lawson fino a Marquez: perché il 'caso Kalex' non è uno scandalo

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Chi si meraviglia della richiesta di HRC a Kalex di costruire un telaio per Honda non ricorda che la casa giapponese non si è mai nascosta nella sua ricerca incessante delle prestazioni.

L’obiettivo di un costruttore, infatti, è quello di far avanzare tecnicamente il suo know-how, e se è necessario introdurre nel percorso di ricerca terze parti. Esattamente ciò che ha fatto, per esempio, la Yamaha ingaggiando l’ingegner Luca Marmorini per lo sviluppo del suo quattro cilindri in linea. Vogliamo per questo dire che la casa dei tre diapason si è persa, non sa fare più buoni propulsori e per questo si è rivolta all’esterno?

E quando in F1 la Ferrari ingaggiò l’ingegnere ex Honda Osamu Goto per apportare tecnologia dal Giappone?

Diciamocelo chiaramente: nelle corse questo travaso di informazioni, ottenute da persone o da altre realtà, è sempre avvenuto, tant’è che in certi casi - ingegneri responsabili di tecnologie innovative - nel caso di passaggio a marca concorrente si parla di un periodo di ‘gardening’, di riposo forzato, durante il quale non si può lavorare per la concorrenza. Un anno, sei mesi, tanto basta perché nelle corse le conoscenze vengono bruciate rapidamente. E basta guardare attualmente all’aerodinamica in MotoGP per rendersene conto. Ma rimaniamo a noi.

Ogni fabbrica ha le sue linee di sviluppo: la Honda, per esempio, non si è mai preoccupata, al contrario per esempio di Ducati e Yamaha, di sposare una tecnologia particolare per i motori: ha corso e vinto con propulsori di ogni tipo, arrivando addirittura ad inventarsi i pistoni ovali e le 8 valvole per cilindro con doppia biella per provare a contrastare la supremazia dei motori a 2 tempi. Anche la Yamaha ha tentato l’avventura delle cinque valvole con l’8 cilindri 0X88 che equipaggiò la Zakspeed nel 1989, costruito in collaborazione con la Cosworth. Ma se per esempio la casa di Iwata è sempre stata famosa per la realizzazione di moto dalla ciclistica quasi ineccepibile, ma è meno nota per propulsori superperformanti, la Honda al contrario non è mai stata famosa per i telai bensì proprio per i suoi motori.

Del resto, correva l’anno 1967 quando Mike Hailwood, insoddisfatto della tenuta di strada della sua potentissima RC181 commissionò all’italiana Belletti la realizzazione di un telaio a doppia culla in tubolari d’acciaio al cromo-mobildeno. Fu progettato e costruiti in soli 16 giorni, e recapitato direttamente al pilota inglese, pronto per essere utilizzato in pista.

Mike The Bike con quel telaio vinse il GP di Rimini, valido per la Mototemporada Romagnola, e nella prima prova del mondiale a Hockenheim ottenne il miglior tempo nelle prove. In realtà successivamente la Honda, forse indispettita dall’intraprendenza di Hailwood tornò ad un suo telaio. Ma questa è un’altra storia.

Come quella che coinvolse - siamo nel 1989 - Eddie Lawson e Erv Kanemoto. Nel periodo appena precedente con la Honda avevano vinto, nel 1983, 1985 e 1987, Freddie Spencer e Wayne Gardner. Le moto a disposizione di Fast Freddie fu la prima NS tre cilindri e quindi la NSR quattro, con il breve intermezzo nel 1984 della inguidabile  NSR con serbatoio sotto il motore.

Sia Freddie che Wayne affrontarono le loro difficoltà per provare a domare quelle moto. Spencer addirittura chiese ed ottenne di tornare alla tre cilindri, mentre Gardner nel 1988 definì la sua “un pezzo di ferro, una moto diabolica da guidare”.

Quando, alla fine di quell’anno, Lawson lasciò la Yamaha dopo aver discusso con Agostini e si offerse di guidare per Honda, solo l’intervento di Erv Kanemoto sbloccò la situazione. L’HRC, infatti, non desiderava far la parte di chi ingaggiava non solo il campione del mondo in carica, ma anche uno dei migliori collaudatori sul mercato. La soluzione fu la creazione da parte di Kanemoto di uno dei primi team satellite della storia, a cui HRC girò parte della sponsorizzazione Rothmans.

In quell’occasione il leggendario preparatore statunitense  trasformò la difficilissima NSR 500 in ciò che Eddie Lawson con una delle sue classiche frasi caustiche definì “una vera moto da guidare”.

Erv si prese letteralmente carta bianca e dopo aver modificato e parzialmente ricostruito un certo numero di telaio riuscì a conquistare la prima vittoria con Awesome Lawson in Spagna, a Jerez, nel quarto Gran Premio dell’anno, con l’HRC volontariamente voltata dall’altra parte mentre Kanemoto su indicazioni di Eddie chiedeva modifiche.

Quindi c’è poco da rimanere meravigliati se HRC ha chiesto aiuto a Kalex. Nelle competizioni il fine giustifica sempre i mezzi. E nel passato più di un capo meccanico ha apportato modifiche non consentite dai vertici giapponesi.

E se nel 2012 Marquez vinse il titolo della Moto2 con la Suter, l’anno precedente Stefan Bradl, attuale collaudatore HRC, vinse (guarda caso) il titolo con la Kalex. Chissà da chi è arrivato il suggerimento...

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