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Nuovi limiti d'età, griglie meno affollate, perché prevenire è meglio che curare

Compito del legislatore è infatti prevedere la traiettoria delle innovazioni e applicare per tempo le correzioni necessarie, che devono favorire la crescita dello sport e degli atleti, senza guardare al business. Ma si può saltare dalla Moto3 alla MotoGP senza problemi, come nel caso di Darryn Binder

Nuovi limiti d'età, griglie meno affollate, perché prevenire è meglio che curare

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Non vogliamo prenderci meriti che non abbiamo, ma lo scorso 13 ottobre scrivendo ‘La fabbrica dei campioni: rallentiamo la catena di montaggio’, nel nostro blog su GPOne crediamo di aver offerto spunti di riflessione ai legislatori del motociclismo che infatti oggi hanno promulgato un nuovo regolamento che riguarda l’età ed il numero dei partecipanti (ne abbiamo parlato qui) al via delle varie categorie propedeutiche.

Guarda caso due argomenti che hanno trovato pronta applicazione nelle nuove norme.

Ci voleva poco per pensarci ed è ovvio che ciò che abbiamo scritto non era, come dicono gli americani ‘rocket science’ bensì semplice buon senso.

Buon senso che sempre più spesso non alberga più nel motociclismo, di vertice o meno. E questo perché quello che era uno sport, pericoloso e povero per lo più, ha lasciato spazio, troppo spazio al business.

Anche le regole, e parliamo di quelle che ci sono, sono spesso disattese, male interpretate e mal applicate.

Prendiamo per esempio l’obbligatorietà di alcuni sistemi di sicurezza, tipo l’air-bag delle tute: se bisogna disporre di questo dispositivo al via, non si capisce perché, in caso di caduta, sia permesso al pilota di ripartire con il sistema ‘scarico’. A parte l’evidente rischio che un particolare della moto sia danneggiato, con evidente rischio per gli altri concorrenti, se un sistema vitale ha esaurito il suo compito, il pilota deve essere fermato. Altrimenti la regola è disattesa. Un po’ come se, insomma, il pilota sostituisse un casco omologato con uno fatto in Cina dopo aver passato le verifiche con il proprio.

Come dite? Ci sono sistemi che consentono due attivazioni? Ebbene, allora rendiamo obbligatori tali sistemi per tutti. Ma questo è solo un esempio. La sicurezza, ed i vari sistemi che la compongono, attivi o passivi, hanno sempre bisogno di controllo ed interpretazione. Soprattutto controllo. Come il verde all’esterno delle curve che ha sostituito i cordoli ‘dentati’ e l’erba.

Come dice giustamente Emanuele Pirro, ex F.1, cinque volte vincitore a Le Mans, oggi giudice FIA, in nome della sicurezza oggi i piloti possono adottare una guida estremamente meno pulita e precisa, perché in caso di errore hanno non solo spazio di fuga (questo assolutamente necessario) ma anche la possibilità di evitare danni alla vettura, nel caso dell’automobilismo, o perdite di tempo eccessive. Se non fosse che ovviamente c’è stato bisogno di un ‘giudice di linea’ per punire chi mette le ruote oltre lo spazio consentito. E poi poco importa se nell’automobilismo questo è rappresentato praticamente dall’intera macchina, mentre nel motociclismo basta un millimetro di gomma!

Insomma le regole nascono e si evolvono ed ora il motociclismo ha nuovi limiti di età che non mettono al sicuro da futuri incidenti, ma restringono il campo di azione. Così, tanto per gettare un po’ lo sguardo oltre la siepe, ci chiediamo ora per quale motivo è consentito saltare di categoria - dalla Moto3 alla MotoGP - come nel caso di Darryn Binder, promosso alla MotoGP il prossimo anno.

Si dirà: sa guidare, può farlo. Beh, si è vero ha iniziato la stagione con un terzo ed un secondo posto nei GP corsi in Qatar, ma non è poco per dire che può saltare a piè pari un intero percorso formativo? In F.1, per esempio, c'è bisogno della superlicenza, ed anche ad un talento come Colton Herta non è stato permesso di guidare ad Austin perché non ha fatto il minimo di 300 Km richiesti per guidare una monoposto nella massima categoria. FIM che ne dici è o non è una regola saggia?

OK, è vero, c’è stato il precedente di Jack Miller e, per quelli più avanti con gli anni ricordo quello di Pierfrancesco Chili, passato dalla 125 alla classe 500 nel team Suzuki di Roberto Gallina nel 1986, o quello di Garry McCoy nel 1998, ma l’eccezione non fa la regola.

Compito del legislatore è anche prevedere la traiettoria di certe innovazioni, altrimenti ci ritroveremo con la situazione che abbiamo in Italia con i monopattini: è stato consentito di circolare su strada aperta al traffico e solo dopo, ora, si inizia a pensare che ci vorrebbe quantomeno un casco obbligatorio ed una assicurazione. Perlomeno nello sport, ahimè, dovremmo essere in grado di fare meglio di quanto accade in politica.

 

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