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Perché se non cambia qualcosa la MotoGP 2020 è il mondiale dei perdenti

Dopo 7 GP la leadership è di  Dovizioso che ha conquistato una media di 12 punti a gara, ma non si vede ancora un pilota degno di salire sul trono di Marquez, anche se Joan Mir nelle ultime quattro gare ha fatto tre podi: meglio di chiunque

Perché se non cambia qualcosa la MotoGP 2020 è il mondiale dei perdenti

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Finora hanno vinto un francese, due italiani, un sud africano, uno spagnolo ed un portoghese. In sette Gran Premi e, no, non è una barzelletta.

Al giro di boa del campionato, Misano 2, sono sei i piloti ad essere saliti sul gradino più alto del podio, ma il piatto piange perché il leader del mondiale, Andrea Dovizioso, guida la classifica con miseri 84 punti: la media di 12 punti a gara, risultato di una vittoria, un terzo posto e ben cinque posizioni fuori dal podio, medaglia di legno inclusa.

I primi quattro di questo strano ‘mondiale’ rigorosamente fra virgolette - Dovi, Quartararo, Vinales e Mir - sono racchiusi in appena 4 punti. Un record assoluto. Ma cosa significa? Che ci troviamo di fronte al campionato più combattuto di sempre?

Niente affatto. Abbiamo visto vincere quattro rookie (quantomeno per vittorie): Quartararo, Binder, Mirbidelli ed Oliveira ed il leader, il nostro Andrea, è l’unica formichina a punteggio pieno. Nel senso che è sempre arrivato al traguardo. Quartararo ha uno zero, Vinales pure e Joan Mir addirittura due, il che fa di lui il pilota che ha realizzato più punti nelle ultime quattro gare: 69.

Tanto per fare un esempio il forlivese ne ha fatti appena 53, ma se domandiamo se questo campionato è di chi se lo prende, un mondiale in sedicesimo, secondo noi con un livello più basso dei precedenti, c'è chi dice di no ed anzi porta a conferma delle sue parole i cinque vincitori diversi a dimostrazione di gare estremamente livellate.

Peccato che di questi sei tre non avessero mai vinto un Gran Premio prima. E che spesso qualche senatore finisca dietro a piloti che prima nemmeno considerava.

Strana cosa, perché nel 2016 il mondiale ebbe ben otto vincitori diversi: Rossi, Lorenzo, Pedrosa, Marquez, Iannone, Dovizioso, Vinales, Crutchlow. Eppure dopo 7 gare Marc Marquez era al comando con 125 punti, seguito da Lorenzo con 115 e Rossi con 90. Ecco, quello fu un mondiale combattuto.

Adesso non vogliamo ripetere ciò che abbiamo detto dopo lo sfortunato GP di Jerez nel corso del quale Marquez ha sbagliato eliminandosi dalla lotta, e che cioè ci troviamo di fronte ad un mondiale privato del suo leader senza nessuno in grado di fissare l’asticella.

Ammettiamo anche che non è detto che il pilota della Honda avrebbe dominato, ma certo vediamo largamente improbabile, che so, immaginare un Marc Marquez dietro al fratello Alex a Misano...Ed era anche difficile immaginare di ritrovarsi a metà mondiale con una situazione di questo tipo.

Sappiamo già qual’è la critica: colpa della Michelin e delle sue nuove gomme. Peccato però che le gomme siano uguali per tutti e che la Yamaha abbia vinto già quattro Gran Premi, la KTM due e la Ducati uno. E a proposito della Rossa: ma come spieghiamo che il pilota secondo nel mondiale nelle ultime tre stagioni fatichi così tanto, anche nelle gare in cui Bagnaia vola (per lui un ritiro mentre era sul podio, tre gare saltate per incidente, un secondo posto ed una caduta mentre era al comando).

Ah certo lo stile di guida. Bisogna pilotare in modo diverso. E per riuscirci bisogna studiare in modo ossessivo dove l'altro pela il gas o tocca la leva del freno. Trovare il pelo nell'uovo. La realtà è che questo è un mondiale in cerca d’autore, ed occhio ai senatori della categoria perché al netto della bravura di chi non sbaglia mai e porta sempre la moto al traguardo - indiscutibile pregio se parliamo di Endurance - quello che stiamo guardando è il mondiale piloti e, nostra personalissima opinione, anche se il vincitore è sempre chi alla fine fa più punti, non ci sono mai piaciuti gli incontri di boxe nei quali la vittoria è assegnata dai cartellini.

 

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