E ora chiamatelo Lazzaro, non di Betania, ma di Cervera, perché a quattro giorni dall’incidente Marc Marquez vuole tornare a cavalcare il toro, a correre, cioè a vivere.
Non siamo meravigliati di questo suo comportamento, le cronache del motociclismo sono piene di questi atti di eroismo - o di magnifica pazzia? - ma il solo fatto che, dopo averlo pensato, Marc abbia trasformato il suo desiderio in azione, ce lo fa collocare nell’immaginario Olimpo dei più grandi.
E la volete sapere una cosa? Il ritorno era già nelle sue intenzioni mentre era nel centro medico del circuito.
“Me lo ha chiesto quando eravamo ancora a Jerez se poteva tornare a correre questa settimana - ha confessato il dr. Mir - Non me l'ha detto sul tavolo operatorio, ma già a Jerez, non sapendo se il nervo fosse in buono o in cattivo stato. All'epoca gli dissi che non pensavo che ce l’avrebbe fatta, ma beh, visto che siamo abituati a questi recuperi, penso che sia fuori questione…”.
Stando così le cose non sorprende quindi che dopo essere stato dimesso ieri dalla clinica Dexeus di Barcellona, ed essersi tolto la benda e vedendosi a casa, Marc abbia iniziato a maturare la incredibile follia di tornare a Jerez questa settimana e entrare in pista ad ogni costo per portare a casa più punti possibili per evitare il doppio zero nelle prime due gare del Campionato del Mondo.
Del resto la leggenda già dice che Marc abbia fatto 40 push-up sulle braccia...bisogna credergli?
Una impresa da supereroe? Da superuomo? No. Secondo Mir Marquez è un ragazzo normale.
"Le sue ossa sono normali - spiega - ma sono le ossa di atleti professionisti, giovani, con una muscolatura particolarmente attiva e potente, e con un'impressionante capacità di sofferenza nel quotidiano della riabilitazione. E un punto chiave, questi ragazzi hanno un desiderio folle di guarire e di competere di nuovo, che fa sì che il corpo reagisca per inviare più cellule e più attività, il che significa che possono dimezzare il tempo di recupero”.
Più che dimezzarlo, annullarlo. Ma non è poi forse vero che in guerra un soldato attraversato da una pallottola, ferito, continua a combattere al fianco dei compagni?
Dunque di cosa ci stupiamo?
Ovviamente in queste condizioni Marc Marquez non sarebbe in grado di vincere, ma la sua superiorità, già ampiamente dimostrata domenica scorsa, gli permetterebbe comunque di raccogliere punti importanti. Un decimo posto è alla sua portata, forse anche qualcosa di meglio. Basterà che accetti di correre al di sotto dei suoi limiti.
Un gesto, questo, che non deve essere visto come arroganza, ma al contrario rispetto per i suoi colleghi. Vuole offrire loro la possibilità, alla fine della stagione, di averlo battuto in pista. Non a causa delle sue ferite. Lo scrivevamo nei giorni scorsi.
Cos’è che lo spinge, cosa lo motiva? Secondo noi ciò che accadde nel 2011 quando, in seguito ad una caduta nella quale rischiò di perdere la facoltà di accomodamento dell’occhio sinistro, Marc consegnò il titolo della Moto2 a Stefan Bradl.
Di regali ai miei avversari, avrà pensato, ne basta uno solo.
Certo, prima di rivederlo in pista dovremmo aspettare il parere favorevole dei medici. Ci sarà chi dirà: non è solo pericoloso per lui, ma anche per gli altri.
Lasciamoli parlare: questo è il motociclismo. Questo è Sparta***.
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