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Il giorno in cui Rossi, pensò che il ritiro fosse ormai inevitabile

YESTERBIKE "Non riuscirai a farmi dire che smetterò semplicemente perché…non lo so. Fino a febbraio, fino all’inizio del prossimo mondiale rimarrò un pilota, disponibile ed in vendita"

Il giorno in cui Rossi, pensò che il ritiro fosse ormai inevitabile

Novembre 1982, l'unico Rossi pilota del motomondiale era Graziano. Un ragazzo estroso, che assieme a Marco Lucchinelli e Gianni Rolando formava una combriccola simpatica di talenti diversi.

Marco aveva già vinto un mondiale, nel 1981, con la Suzuki; Gianni, 'Rolly', di vincere forse nemmeno gliene fregava e poi c'era Graziano, che in 250 aveva centrato tre vittorie con la Morbidelli. Un ex maestro di scuola che dire estroso era dir poco. Virginio Ferrari, vicecampione del mondo della 500 nel 1979 e Franco Uncini, iridato nel 1982, erano di altra pasta, caratterialmente parlando. Con la combriccola non c'entravano.

Graziano era reduce da un brutto incidente, uno dei tanti, per lui e per l'epoca, e poiché i tempi erano diversi e si dicevano tante cose, e non c'erano né i social né i telefonini, andai a trovarlo a casa per capire.

Quella che segue è la lunga intervista che mi rilasciò, direi piuttosto una lunga chiacchierata, fatta con il figlio Valentino in braccio e Stefania al fianco. cercava di mettere a fuoco - e non solo metaforicamente visto che aveva ancora problemi di visione - il suo futuro di pilota. Di lì a poco si sarebbe ritirato, ma non voleva considerarsi un ex. Non accettava nemmeno l'idea di pensarci.

Rileggendo le sue parole a distanza della bellezza di 38 anni mi sono piaciute molto. Ho avvertito sincerità, passione, onestà, rispetto (leggete cosa dice di Giacomo Agostini). Beh, quasi mi sono commosso.

A pensare che in quel momento teneva sulle ginocchia Valentino, uno dei più grandi campioni che il motociclismo mondiale abbia mai avuto, posso dire che Graziano è stato fondamentale per il nostro sport, insieme a Stefania ovviamente. E che la passione che trasmettono le sue parole fa capire perché Vale, quest'anno, ha deciso quel che ha deciso.

Non ha mai vinto un titolo mondiale eppure perlomeno una volta ci è andato vicino: nel 1979, con la Morbidelli 250, quando con l’incredibile tripletta di vittorie ai Gran Premi di Jugoslavia, Olanda e Svezia balzò all’attenzione del mondo come uno dei migliori piloti della sua generazione.

Si poteva, all’epoca, profetizzargli senza tema di sbagliare una carriera in ascesa sino al titolo ed invece Graziano Rossi, alla consacrazione mondiale non arriverà mai. Anche ai suoi trionfi di allora del resto mancava qualcosa: nel 1979 impazzava l’astro nascente di Virginio Ferrari contrapposto a quello di Kenny Roberts, il ‘marziano’. Sui giornali era tutto un titolare sulla più prestigiosa mezzo litro e quando il pilota di Pesaro vinse per la seconda volta consecutiva ad Assen sconfiggendo ripetutamente Gregg Hansford, Kork Ballington e le loro verdi Kawasaki ufficiali, sui quotidiani si parlò certamente di più del bellissimo sorpasso di ferrari a Sheene che gli valse l’unica vittoria della stagione.

Eppure quell’anno lo stravagante maestro elementare che sembrava non essere capace di vestirsi se non accoppiando colori in modo da ‘sconvolgere’ le pupille, aveva terminato solo cinque gare salendo tutte e cinque sul podio: tre vittorie, un secondo ed un terzo posto, 67 punti in totale. Kork Ballington, che vinse il titolo, totalizzò 141 punti, ma portò a termine tutte le gare:11.

Nel 198o Rossi non poteva non prendere la decisione che prese, ‘urgeva’ la 500, e questa veniva del resto sotto buoni auspici, tramite il team di Roberto Gallina. C’era di che definire Graziano Rossi un pilota ed un uomo fortunato, ma improvvisamente la dea bendata gli girò le spalle.

Un incidente d’auto, diversi giorni in coma, un compagno di squadra, Marco Lucchinelli, partito come seconda guida e poi rivelatosi più veloce nel corso del mondiale.

Colpa dell’incidente di inizio d’anno? Ancor oggi Graziano dice di no, fatto sta che nel 1980 racimolò appena 38 punti nella 500. Il quinto posto assoluto. Una prestazione ottenuta terminando solo 4 gare: un secondo posto, un terzo e due quarti. Forse sarebbe bastato per la riconferma in casa Suzuki anche se un pilota privato, un certo Franco Uncini, aveva concluso la stagione davanti a lui oltre a Roberts, mamola e Lucchinelli, ma Rossi, ciliegina sulla torta mal riuscita, al Nurburgring prese la partenza solo per fermarsi dopo appena un giro confermando la sua presa di posizione contro un circuito indubbiamente pericoloso.

Vinse Lucchinelli ma non per questo Graziano evitò di dichiarare subito dopo: “Era giusto fermarsi, la Suzuki voleva imporre la sua opinione sulla mia e su questo punto non eravamo affatto d’accordo. Non è giusto che la loro opinione valga più della mia, non mi danno abbastanza soldi per rischiare la vita in questo modo”.

Paura? Rossi non ne era il tipo, Più di una volta si era…’buttato in terra’ nel tentativo di migliorare la sua posizione. In Belgio, a Zolder, scatenò una polemica a stento sopita ‘tuffandosi’ dalla sua Suzuki mentre era in lotta con il suo compagno di squadra, Lucchinelli, che per poco non fu coinvolto nell’incidente. Un pilota scorretto? Ancora oggi Marco Lucchinelli è uno dei suoi migliori amici ed al tempo della forzata comunino erano quasi fratelli siamesi.

Del resto non vale la pena parlare. Una stagione con la Morbidelli 500 tutta da dimenticare, una breve esperienza con una Suzuki privata conclusasi a Donington con una brutta caduta. Poi l’ancora di salvezza, mentre sembrava che la sua stessa stesse per tramontare del tutto, gettatagli da Giacomo Agostini: un posto di seconda guida nel team Marlboro-Yamaha. Un inizio con una moto privata e poi l’occasione di tornare ufficiale guidando la OW60 quattro cilindri in quadrato. Gran Premio di Spagna: caduta. Gran Premio delle Nazioni, Misano, 6° tempo in prova nel secondo turno, di nuovo caduta in una collisione con Roche. La sua bella Yamaha OW 60 prende il volo.

Il miraggio di riaverla definitivamente gli si parerà davanti agli occhi per tutta la stagione. Lo sfiorerà in Olanda ed al Mugello per poi afferrarlo, finalmente e nuovamente in Italia per la seconda prova del campionato italiano nel quale duellando con il giovane Loris Reggiani sfiderà e si troverà faccia a faccia la morte per la seconda volta della sua vita. Dal fragore della caduta a 280 Km/h nella velocissima semicurva che porta alla Tosa non si rialzerà. Perlomeno non subito, e quando novello Lazzaro uscirà dal coma leggero nel quale era precipitato  non ricorderà nulla. Se non di essere vivo e, sostanzialmente, intatto.

Così, capelli lunghi alla Gesù di Nazareth, la solita andatura dinoccolata un po’ più lenta, lo sguardo più impreciso per una diplopia (la visione doppia degli oggetti che ancora lo tormenta) lo incontriamo nella sua casa un mese e mezzo dopo la caduta. E’ sopravvissuto, è ancora un pilota, ma non sa fino a quando.

“E’ già tornato Agostini dal Giappone? - ci domanda per primo e poi continua - aspetterò ancora per qualche giorno sue notizie - aggiungendo subito dopo - non voglia fare pressione su di lui in alcun modo. So che per Ago sarebbe meglio non riconfermarmi. Non posso biasimarlo comunque, per me quest’anno ha fatto molto, a partire dal contratto di inizio stagione per finire all’ultima possibilità che mi ha offerto: guidare di nuovo ad Imola la OW60”.

Non sembra rassegnato Graziano Rossi a perdere un treno importante come quello della Marlboro, eppure in lui ci sembra di scorgere qualcosa di sconfitto, di vinto, ma la sua voce non si incrina quando aggiunge…

“Ho avuto buone possibilità quest’anno. Non le ho sfruttate molto a dir la verità e non serve a molto che io dica che è stata sfortuna, che le cadute sono dipese da fatti del tutto casuali, a partire dalla collisione di Misano, e che se non ci fossero state ora la mia situazione sarebbe ben diversa: non avrei preoccupazione per il futuro e probabilmente avrei già firmato un contratto con la Yamaha”.

Non pensi che parte della tua sfortuna sia stata dovuta al fatto di esserti trovato per tutto un anno sotto esame. Lo dicesti proprio prima della tua ultima gara, ad Imola: ci si stanca ad essere sempre considerati piloti in prova…

“E’ vero, quest’anno ho sofferto molto di questa situazione, ma mi si dava comunque più di quanto io non avessi accettato  alla firma del contratto. Con Agostini ci eravamo accordati sul mio ruolo di seconda guida e sulla moto da guidare: una Yamaha quattro cilindri in linea assolutamente standard. E’ stato grazie al suo interessamento che sono potuto salire a più riprese sulla OW60. Anche per l’ultima occasione che ho avuto devo ringraziarlo: non era assolutamente previsto che per la seconda prova del tricolore ad Imola io potessi avere la quattro cilindri in quadrato, ma Agostini capì che per me era una occasione importante, da non perdere, ed il giorno della gara la moto era lì per me”.

C’è chi pensa - e siamo fra questi - che anche una tua vittoria in quella gara non avrebbe cambiato di molto i piani di Agostini e della Yamaha su di te. Saresti lo stesso stato lasciato a piedi…

“Non è vero: una vittoria poteva cambiare molto, tutto. Va bene, la gara non era di quelle importanti, però c’era Reggiani su una Suzuki ufficiale che voleva vincere perlomeno quanto me e per questo motivo il ritmo di gara è stato elevato. Ho guidato bene, non lo dico io, lo ha detto il cronometro. Mi si potrebbe dire: era meglio arrivare secondo che cadere, ma non è vero. La gente, il pubblico ricorda solo chi vince ed ora con una vittoria alle spalle potrei presentarmi a chiunque ricordandogli quell’ultima gara. Purtroppo non è possibile”.

Si può dire che tu abbia rischiato oltre il lecito in quella corsa?

“No, non direi proprio e non per la caduta in sé stessa che non ricordo assolutamente, quanto per il punto in cui sono finito in terra. Lì è praticamente rettilineo, non si può cadere, ameno…a meno che non accada qualcosa alla moto. Il grippaggio è stato escluso, sembra. Io penserei ad un guasto al cambio, che so…ma è proprio impossibile cadere lì, credete. Le versioni che ho ascoltato del mio incidente sono tutte troppo fantasiose a partire da quella di Bavagnoli, il pilota che io e Loris avevamo appena doppiato: dice di avermi visto perdere l’equilibrio e premere con il piede involontariamente sul pedale del freno posteriore. Non ricordo nulla, lo ripeto, ma non credo a questa versione che se anche fosse vera non potrebbe aver causato la mia caduta. Avrei dunque frenato così violentemente da lasciare 20 metri di strisciata di gomma sull’asfalto? Suvvia, è impossibile…2”.

Però tu stesso a volte hai ammesso di essere un pilota, diciamo così, ‘fantasioso’.

“Certo, non è un mistero. Io guido sempre al limite, riconosco quando sono arrivato al punto di non poter far nulla per andare più veloce, ed allora invento…invento una staccata, una piega più accentuata, ma ad Imola sono caduto in rettilineo, in rettilineo c’è poco da inventare.  Ricordate il Gran Premio di San Marino? Ero reduce dall’incidente del GP d’Olanda, una clavicola rotta, scesi in pista con la OW 60 ufficiale ed in gara arrivai dietro a Guido Paci che guidava una Yamaha standard. Non cercai né ho giustificazioni per quella giornata, guidai male, tornavo da un incidente e non inventai nulla quel giorno”.

Però ad Imola la mattina precedente la caduta ci mostrasti una foto, scattata proprio al Mugello che ti ritraeva dietro a Paci e dicesti che in quella posizione non ti avremmo più rivisto.  Eri carico e nervoso come una molla ed in più Agostini diceva che parte della colpa delle tue cadute andava ricercata nel tuo stile di guida, troppo eretto e rigido.

“Ah, il mio stile di guida…proprio in occasione della gara del Mugello provai, anche in corsa, ad imitare lo stile più scomposto dei miei colleghi…ginocchio in fuori, busto più schiacciato sul serbatoio…in teoria c’è il vantaggio che si piega di meno la moto per l’evidente motivo che si abbassa il baricentro del complesso moto-pilota, però io non guadagnai un centesimo adottando quello stile, anzi andavo più piano. E non di poco. Mi era innaturale correre con quel sistema, nei miei movimenti c’era sempre un po’ di tirarlo…dovevo pensarci ogni volta. Fu quella l’unica occasione in cui provai a cambiare me stesso e del resto Agostini non me lo chiese mai. Può essere che me lo abbia accennato a volte, ma come ad una cosa, che non ha poi soverchia importanza”.

Graziano, dopo il tuo primo incidente si parlò di difficoltà di recupero, questo secondo seppur grave ci sembra meno tragico.

“Lo è stato infatti. Quando ebbi l’incidente in auto rimasi diversi giorni in coma. Questa volta sono caduto in un coma leggero, e per pochissimo, ancora oggi non riesco a capire il perché, in verità. Il casco non ha neppure un graffio, ma probabilmente sono andato a sbattere contro le balle di paglia. L’unico inconveniente che sussiste al momento e l’impossibilità di mettere a fuoco gli oggetti contemporaneamente con i due occhi. Se lo faccio vedo doppio. E’ una conseguenza del colpo in testa, ma il dott. Bollini mi ha detto che il recupero non pone problemi, è solo questione di tempo, un mese ancora forse…ovviamente oggi, in questo momento, non sarei in grado di guidare una moto da corsa, figuriamoci, guido male anche un’auto…a parte ciò sto benissimo. Non posso sforzarmi troppo perché il medico mi ha prescritto un po’ di riposo, ma mi sento bene. L’incidente non ha lasciato postumi, paure o chissà cos’altro…sai, l’incidente, le cadute, il pilota è abituato a dimenticarsele perché fanno parte del gioco: vuoi correre ed allora devi sapere che è anche possibile farsi male”.

Cosa ti ha dato il motociclismo fino a questo momento, più gioie o momenti di tristezza?

“Mettiamola così: il motociclismo mi ha dato moltissimo, però mi ha anche chiesto moltissimo e così siamo pari. Fino a questo momento l’intera mia vita è stata permeata dalle corse…tutto tempo rubato a qualsiasi altra attività, persino alla famiglia”.

A tutt’oggi cosa sono le corse per te, un hobby od una professione?

“Iniziamo dicendo che probabilmente ancor oggi senza correre stare male, però correre per me è un lavoro, un lavoro che mi piace, ma da cui devo trarre del sostentamento. Ho una famiglia e dalle corse devo guadagnare. Ciò esclude quindi che io possa, qualora non ricevessi alcuna proposta per il 1983, correre da privato: alla fine della stagione troverei da parte solo dei debiti. Quanto parlo di ‘proposta’ ovviamente mi riferisco ad un contratto con qualche Casa, non importa se da pilota numero uno o due. Sono disposto anche ad accettare anche il ruolo di seconda guida purché ad inizio di stagione sia chiaro a cosa andrò incontro. Cercherò di non commettere altri errori”.

Se escludiamo Suzuki e Yamaha quale altra squadra resta che potrebbe accoglierti?

“Non molte. Escludiamo anche la Honda che ha già uno squadrone da far paura…forse resta solo la Cagiva”.

Hai parlato però solo di team che corrono nella 500, tu hai quasi vinto un mondiale nella quarto di litro, non accetteresti una offerta per correre nella 250?

“Non so, forse, ma poi quanti team corrono in 250? Sarebbe possibile se i giapponesi tornassero anche lì in forze”.

Stiamo parlando quasi unicamente di tornare a correre, possibile che il fatto di aver rischiato per ben due volte la vita non ti abbia toccato in alcuna maniera?

“Sono fatalista a riguardo, la sicurezza per un corridore è una cosa aleatoria, il circuito sicuro è una utopia, anche se devo dire che se invece che ad Imola fossi caduto, che so, al Tourist Trophy, forse non sarei qui a raccontarlo”.

Non hai mai pensato di poter rimanere nel mondo delle corse pur senza correre, da team manager per esempio?
 

“Non credo di essere all’altezza. Ho sempre e solo fatto il pilota in quell’ambiente e credo sarebbe difficile ambientarsi ad essere qualcosa di meno. Cerca di capire: per me nel mondo delle corse il pilota è il numero uno…non faccio distinzioni di casta fra meccanici, team manager, giornalisti od altro, ma per me cambiare in qualsivoglia altra professione, seppure attinente al mio mondo, sembrerebbe fare un passo indietro. A quel punto preferisco cambiare ogni cosa, abbandonare del tutto…”.

Senti…

“No, senti tu: quante possibilità credi che io possa avere di trovare una moto per l’anno prossimo? Non ti affaticare a pensare, te lo dico io: poche. Però non riuscirai a farmi dire che smetterò semplicemente perché…non lo so. Fino a febbraio, fino all’inizio del prossimo mondiale rimarrò un pilota, disponibile ed in vendita”.

 

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