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Un mondiale più incerto con la regola degli 'scarti'

Fino al 1976, e a partire dal 1949, si scartavano alcuni dei peggiori risultati dalla somma dei punti. Ciò privilegiava la velocità piuttosto che la regolarità. Perché con l'aumentare del numero dei GP questa regola torna attuale

Un mondiale più incerto con la regola degli 'scarti'

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Il motomondiale arriva a Motegi con il titolo della MotoGP già assegnato a Marc Marquez, che con 9 vittorie, cinque secondi posti ed uno zero causato dalla caduta ad Austin lo ha dominato vincendo con ben 110 punti di vantaggio su Andrea Dovizioso.

Ci sono altri motivi di interesse, fortunatamente, per tenere gli appassionati attaccati alla TV durante il trittico Giappone-Australia-Malesia, ma è indubbio che sarebbe stato meglio arrivare alle trasferte conclusive con il titolo ancora in ballo.

Con 19 Gran Premi e la previsione di altri due in arrivo, però, ciò diventa sempre più difficile, specie se alla velocità un pilota abbina la costanza.

Sul punteggio totale, infatti, pesa sempre l'alea di incidenti, in alcuni casi non addebitabili al pilota coinvolto. Nel caso del ducatista, infatti, i suoi due zero in classifica, a Barcellona e a Silverstone, sono stati causati da altri. Anche se si potrebbe obiettare che partendo il più avanti possibile, e dunque effettuando qualifiche migliori, i rischi connessi alla partenza vengono diminuiti grandemente.

Fatto sta che ormai da tempo la regolarità è fondamentale, se non ugualmente, comunque in maniera importante quanto la velocità.

Nel passato vigeva la regola dei 'scarti' e non tutti i GP venivano conteggiati

Per questo nel passato, fino al 1976, vigeva una politica dei punteggi diversa che permetteva di scartare alcuni dei peggiori risultati, prima di fare il totale.

Nel '76 appunto venivano conteggiati appena 6 Gran Premi sui 9 allora in totale. L'anno precedente erano 6 su 10 gare. Nel '73 7 Gran Premi validi su 12 e così via.

Si era scelto questo sistema per premiare il pilota effettivamente più veloce, al netto di rotture meccaniche o cadute. Si pensava cioè che si dovesse privilegiare la vittoria pura. Ovviamente questo è un sistema come un altro, ma è indubbio che oggi, con il proliferare del numero dei Gran Premi, non sarebbe sbagliato ripensare a questo sistema che non cambierebbe di fatto il risultato, ma eviterebbe, o comunque posporrebbe, l'esito anticipato del mondiale.

Se fosse stato applicato al campionato in questione, con due scarti su 19 gare, per esempio, Marquez si troverebbe a scartare lo zero di Austin ed un secondo posto, ritrovandosi così a quota 305 (325 -20), mentre Dovizioso, scartando le due cadute, si ritroverebbe con lo stesso totale, 215. Con 90 punti di distacco il mondiale, a quattro prove dalla conclusione 100 punti in palio, sarebbe dunque ancora aperto.

Ovviamente la situazione sarebbe ancora più aperta se gli scarti da operare fossero 3, su 19 Gran Premi perché Marquez dovrebbe scartare un altro secondo posto, 20 punti, mentre Dovi getterebbe alle ortiche i 10 punti del 6° posto di Misano. Così oggi a meno quattro gare dalla conclusione si ritroverebbe comunque ad inseguire, ma a - 80 punti.

E questo significherebbe probabilmente tenere il campionato aperto perlomeno sino al GP d'Australia.

Vincerebbe comunque il più forte, ma l'attesa per la consacrazione del nuovo campione del mondo invece che in Thailandia si protrarrebbe sino a Phillip Island.

Del resto la politica degli scarti è stata in vigore dal 1949 al 1976, appunto. E senza danni.

Coloro i quali sono avversi a questo sistema obiettano che così è meno immediata l'individuazione della situazione in testa al campionato. Non capiamo perché visto che si tratta sempre di effettuare una operazione matematica, che attualmente è una semplice addizione e, nel passato era di addizione e sottrazione. Roba da scuola elementare.

Una semplice riflessione gettando un occhio al passato.

 

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