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Hulk Marquez, Jorge Lorenzo e l'audacia negli sport motoristici

Lorenzo non è stato sanzionato (per ora) per lo strike di Barcellona. Del resto Jim Clark fece molto peggio a Monza nel 1961 e fu assolto, perché fu considerata corretta la sua audacia. I tempi cambiano, ma in alcuni casi è giusto non interferire

Hulk Marquez, Jorge Lorenzo e l'audacia negli sport motoristici

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Non ha avuto bisogno di gonfiare i muscoli, Marc Marquez, in Spagna. La vittoria nel Gran Premio di Barcellona, la quarta su sette gare, è filata via liscia dopo che Jorge Lorenzo, in lotta nel gruppo, nel corso del secondo giro ha tirato giù contemporaneamente Dovizioso, Vinales e Rossi.

Pochi attimi prima, proprio nel punto dell'incidente, Marc aveva superato Dovi ritenendo pericoloso rimanergli a ruote perché Andrea 'fermava' troppo la moto in curva e aveva paura di un contatto.

Un colpo di fortuna, ma anche di grande lucidità, perché se non lo avesse fatto, sarebbe stato lui il primo a trovarsi davanti alle ruote del compagno di squadra.
I primi giri di gara, del resto, sono sempre i più pericolosi proprio per questo motivo. Ognuno guida seguendo l'istinto ed il suo stile, ma quando le variabili sono molte, è difficile tenere conto di tutte.

Questo per dire che sicuramente l'incidente è stato innescato da Lorenzo, che ha perso l'anteriore in frenata. Ovviamente la responsabilità è sua, ma c'è tutta una serie di concause di cui tenere conto: Jorge stava superando in staccata Maverick, che già di suo aveva frenato tardissimo ed era largo. E quando si è reso conto di essere pericolosamente vicino a tamponare Dovizioso ha chiesto ai suoi Brembo un pizzico di decelerazione in più. Gliela hanno data, ma la gomma lo ha mollato.
E' colpa sua e di nessuno.

Maio Meregalli ingenerosamente lo ha definito "un errore da debuttante", a noi piuttosto è parso l'errore di un pilota da troppo tempo nelle retrovie.

E' vero: le gare non si vincono nei primi giri, ma nemmeno aspettando. E di incidenti così è piena la storia del motociclismo. Jorge Lorenzo, del resto, è riconosciuto per la sua correttezza di guida, un fatto che non si può non considerare.
Se poi verrà penalizzato nel prossimo Gran Premio, anche questo ci sta.

L'unica cosa è non cadere nella trappola del voler sanzionare tutto: durante il Gran Premio Rins ha dato una bella spallata a Petrucci, nel corso del sorpasso, e grazie anche alla sua prestanza fisica Danilo non ha fatto una piega.

Come diceva qualcuno: questa non è musica classica. E finché non si cade nell'intenzionale, dovremmo tutti essere grati dello spettacolo. Con alcuni limiti, ovviamente.

Nel passato non sono stati sanzionati passaggi irregolari, effettuati fuori dalla pista - ed è inutile ripetere luoghi e date - come egualmente nessuna sanzione è stata data allorché sono avvenuti veri e propri contatti.

Recentemente sembra che il vento sia cambiato: Johnny Rea a Jerez, durante la Superbike, ha fatto cadere Alex Lowes ed è stato sanzionato. Inutile anche qui ripetere che sulla medesima curva sono avvenuti incidenti simili senza che questi fossero posti all'attenzione della Direzione di Gara.

Giudicare un incidente è sempre questione di lana caprina. E lo sa bene Emanuele Pirro, cinque vittorie nella 24 Ore di Le Mans al suo attivo, collaudatore della McLaren ai tempi di Senna, pilota e uomo integerrimo, che si è visto attaccare per aver penalizzato Seb Vettel di concerto con il collegio giudicante della Fia, in Canada.

Al contrario con una sentenza del 1965 che ha fatto storia il tribunale di Monza, pronunciandosi sulla tragica collisione tra la Ferrari di Wolfgang Von Trips e la Lotus di Jim Clark, avvenuta nel corso del XXXII GP d'Italia del 1961, e che causò la morte del pilota della Ferrari e di 15 spettatori, scrisse che "non può rivolgersi alcun rimprovero per la condotta tenuta. Condotta che può ritenersi forse eccessivamente audace, ma l'audacia è un dato indefettibile dello sport automobilistico".

La conseguenza di ciò è che Jim Clark fu assolto dall'accusa di omicidio colposo e disastro colposo non con la formula del 'non aver commesso il fatto', bensì semplicemente perché "nella sua condotta non può essere ravvisata alcuna colpa".

Chissà, oggi, come sarebbe andata a finire.

 

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