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Il difficile mestiere di essere Jorge Lorenzo

'Suggested mapping 8': perché Giorgio ha disubbidito a Valencia al suggerimento dei box di lasciar passare Dovizioso

Il difficile mestiere di essere Jorge Lorenzo

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Secondo me la Ducati dovrebbe mettere in vendita delle magliette con la scritta “suggested mapping 8”. Andrebbero a ruba. Magari con sulla schiena uno slogan a seguire: “mai arrendersi”.

Io personalmente ne comprerei una serie, per motivarmi quando esco a correre. C’è sempre bisogno di ricordare a sé stessi di che pasta si è fatti. Specie quando le cose non vanno benissimo e subentra, strisciante, la tentazione di mollare.

Lascia perdere. Che insisti a fare. Molla tutto. Lascia decidere gli altri. Ma che ti frega.
Quante volte abbiamo sentito frasi queste frasi?
Nella vita. Nello sport. Nel lavoro.

Poi abbiamo tirato dritto, corso un altro chilometro, disubbidito al capo facendo ciò che pensavamo fosse il meglio per la nostra azienda.
Rischiando, certo. Sulle relazioni personali, ma anche con il nostro ego che avrebbe potuto uscirne distrutto in caso di fallimento. Per non parlare dell’ira dei superiori.
Eppure la nostra scelta è sempre stata quella di seguire l’istinto, senza starsi a preoccupare troppo delle conseguenze.
Non sempre ciò ha pagato, siamo sinceri.

La gente spesso non ha capito e ci ha criticato e, diciamolo, a volte anche a ragione perché non sempre tirare dritto è la scelta migliore per la pace sociale.
Ma non siamo pecore, e preoccuparci di ciò che pensano gli altri non è mai rientrato nelle nostre priorità.
Non è insensibilità - si sta male, poi, ascoltando le critiche - ma semplicemente non bisogna farsi condizionare da esse.

Questo per dire che, secondo noi, Jorge Lorenzo non ha semplicemente ‘disubbidito’ agli ordini, reiterati, del box di lasciare passare Andrea Dovizioso.
Semplicemente ha fatto ciò che lui riteneva giusto in quel momento.
Ha preso una decisione. Una decisione scomoda. Che per di più poteva essere sbagliata. Eppure lo ha fatto.
E poi, inevitabilmente, ha dovuto tenere il punto, giustificarsi, aspettare la reazione di Dovi. E naturalmente anche questa non è bastata perché ‘Dovizioso è troppo signore, si sarà incazzato in privato’.

Insomma, Jorge, chi te lo ha fatto fare?
Lo sappiamo tutti, mica dobbiamo ripetercelo: la scelta più facile era mollare un pelino il gas e lasciare tutta la responsabilità dell’inseguimento (?) al forlivese.
Ma Giorgio non è fatto così. Lui si muove, sempre, in direzione ostinata e contraria.
E’ un campione.

E poi quello di Valencia non è stato l’ultimo Gran Premio del 2017, ma il primo del 2018.
Teniamolo bene a mente.

La Ducati ha ingaggiato Lorenzo per avere un numero uno e ce l’ha. Lo ha pagato per essere Lorenzo, e nessun altro.
Nello stesso modo di Valentino Rossi nel 2011 Giorgio ha vissuto un anno terribile in Ducati, ma non ne è uscito schiacciato, tutt’altro, nonostante, sotto molti versi la sua stagione sia stata addirittura peggiore di quella di Vale. Non tanto perché la Desmosedici di oggi fosse migliore di quella del 2011 - Stoner ci aveva vinto, non dimentichiamolo - ma perché il suo compagno di squadra ha fatto meglio di lui.

Dunque timone dritto. Avere nel box un uomo capace di prendere questo tipo di decisioni è esattamente quel che è mancato quest’anno alla Yamaha, con un Rossi incerto sul come far rispettare la sua esperienza all’inizio, ed un Vinales succube del blasone alla fine.
Dieci, cento, mille Lorenzo.

(Certo, alla fine, la Ducati non ci ha fatto una bella figura, ma questo è un altro discorso)

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