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La Superbike è in ginocchio? Aiutiamola a rialzarsi!

Prossima gara a fine settembre. Il colpo di grazia ad una serie morente. Cosa possiamo fare, tutti assieme, per rivitalizzarla

La Superbike è in ginocchio? Aiutiamola a rialzarsi!

E l'ultimo chiuda la porta. Dieci settimane, più di due mesi, separano Gara2 di Laguna Seca dal prossimo appuntamento, quello che avrà luogo il 18 settembre prossimo in Germania.
Un lasso di tempo eccessivo da solo in grado di far calare la temperatura di qualsiasi campionato…figuriamoci quello della Superbike già da tempo in rianimazione e praticamente scomparso, perlomeno significativamente, dalle pagine dei quotidiani, anche sportivi.

Sui motivi che hanno portato a questo rapido calo di attenzione c'è molto da discutere.
Si parla di assenza di veri personaggi, di regolamento tecnico da rivedere, di date del calendario sbagliate e di orari della messa in onda da riconsiderare.
Tutto vero. Ognuno di questi argomenti è assolutamente rispondente a verità, eppure da solo non sarebbe sufficiente a giustificare una crisi così profonda che, chissà, forse solo casualmente coincide con l'acquisizione del campionato da parte della Dorna che oggi si trova a gestire, oltre alla MotoGP, anche il cosiddetto 'mondiale junior', ex CEV e a dare un occhio anche a MotoAmerica negli States.

Tanta carne al fuoco, nello stesso braciere, difficile da cuocere a puntino se non si riescono ad individuare i gusti dei commensali. Perché la bistecca può piacere al sangue, media o ben cotta. Ed è facile rovinare ottimi ingredienti, basta un attimo di disattenzione.

Questo, secondo noi, è quanto sta accadendo alla Superbike, una serie che affonda le sue radici nei tempi in cui esistevano le moto da Gran Premio e le moto stradali. Le prime erano prototipi 2 Tempi, le seconde motociclette che dovevano essere preparate per poter girare in pista.

Ve le ricordate le 'derivate di serie' in auge negli anni '70, non è vero? Correvano alla 200 miglia di Daytona, in quella di Imola, ma anche a Vallelunga, Monza e Magione.
Le Honda CB 750 e 500, le Triumph Trident, le Kawasaki tre cilindri 500 e 750 e tante, tante altre. Erano i tempi dei freni a tamburo Ceriani e Fontana ed anche quelli dei manubri in due pezzi: bastava montarne una coppia, abbassare la sella, cambiare gli scarichi ed in un attimo eri in pista con tanti, tanti tifosi a seguirti: gli stessi che con l'identica moto andavano a scuola o al lavoro.

In quella categoria degli esordi correvano assieme dilettanti di talento e fuoriclasse. In pochi se lo ricordano ma a Daytona, su una Trident, corse anche un certo Mike Hailwood.
Altri tempi. Un po', insomma, come se oggi fosse dato vedere Valentino Rossi battersi contro signori nessuno…e mica sicuro di batterli, e no!
Ma il tempo passa e bisogna corrergli dietro. Oggi i 2 Tempi prototipi non esistono più e le moto supersportive hanno già 200 cv di serie!
Altro che montare due semimanubri bassi…

Bisogna dunque correre ai ripari e se le SS non si vendono più o si vendono molto meno perché sono cambiati i gusti dei motociclisti, bisogna andargli dietro.
Occhio però nel fare gli esperimenti: chi seguirebbe una partita di calcio con il primo tempo il sabato ed il secondo alla domenica?
Attenzione perché, contrariamente a quanto diceva Totò, non è sempre la somma che fa il totale, perché gli spettatori, ancorché frazionati, rimangono gli stessi.
Invece bisogna allargare il bacino di utenza.

E se, come è il caso della Superbike, la stampa - primo vero motore di ogni manifestazione - è latitante, perché non domandarsi come fare per riattirarla nuovamente?
C'è, rimanendo nel campo del motorismo, nel passato il grande esempio dei Rally: le case automobilistiche, assieme agli sponsor, presenti sui giornali con investimenti pubblicitari, facevano pressione sulle testate affinché seguissero le manifestazioni. E con successo.

Perché chiedere di avere un ritorno per i propri investimenti non è un peccato.
Industria e operatori mangiano allo stesso piatto.
Nessuna delle case motociclistiche, invece, ha il benché minimo interesse a farlo. Semplicemente non sono interessate. Mentre invece dovrebbero fare pressione sugli importatori nazionali affinché scendessero in campo con propri team per pubblicizzare il prodotto di punta della casa.
E attenzione: questo è ciò che ha fatto sparire la Moto2 dai media mainstream. Chi è interessato alla Kalex, spinta da un vetusto motore Honda CBR 600? Quanto conta la Kalex nel mondo sempre più commerciale delle competizioni motoristiche?

Ve lo diciamo anche se pensiamo lo sappiate già: nulla.
Intendiamoci: non c'è un unico colpevole nella situazione attuale. Semplicemente a differenza dell'automobilismo capace di autofinanziare le serie che gli interessano, il motociclismo non ha ancora compreso che è solo lavorando assieme a tutte le altri parti in causa, FIM, Dorna, Case, sponsor, piloti, media, che si chiude un circolo virtuoso.

Ovviamente non è che tutti debbano parlare con tutti: si genererebbe solo una grande confusione. Ma le case hanno contatti con i media, la FIM dovrebbe averli con le case. E quanto agli sponsor, una volta, essi stessi avevano una associazione.

Se pensiamo al nostro sport come ad un bene comune, forse riusciremo a far risalire la china alla Superbike. Se al contrario ognuna delle parti in causa vedrà l'altro come un nemico da abbattere per avere la strada spianata, invece che come una risorsa da consultare, è semplicemente finita.

Ci vorrebbe, come diceva anni fa l'ex Presidente della FIM Francesco Zerbi, un monarca illuminato.
Voi ne avete sottomano qualcuno da proporre?

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