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Argentina, riparliamo del flag to flag (e di organizzazione)

BLOG Un Gran Premio anni '80. E l'incidente di Rio Hondo suggerisce l'uso del casco nella pitlane.

Argentina, riparliamo del flag to flag (e di organizzazione)

Il Gran Premio di Argentina e quello del Texas sono alle spalle. Non è stata una trasferta semplice: è stato un po' come miscelare il motociclismo degli anni 70/80 con quello attuale. La riuscita del cocktail non è garantita, specie se il barman è convinto di sapere ciò che fa ed invece non è vero, perché è astemio e non assaggia mai le sue creazioni.

Scriviamo così perché Rio Hondo ci ha riportato alla mente i viaggi che facevamo ai bei tempi: macchina, pullman, aerei, ma sempre con una organizzazione approssimativa.

Chi, anche allora, viaggiava in prima classe non si accorgeva della difficoltà di arrivare, vivere, e ripartire, da certi luoghi.
Questo per dire che quanti sono stati a Rio Hondo nell'unico albergo al fianco del circuito hanno vissuto in una bolla di vetro e non possono dire di essere stati a Termas. I team che hanno alloggiato in piccole casette lungo la strada o nelle pensioni della cittadina invece sì.

I primi si sono persi l'atmosfera anni 70/80, con il villaggio pieno di moto al limitatore che impediva di dormire sino all'alba, ma anche gli scarafaggi.
Non hanno visto gli appassionati in tenda nel bosco, al mattino presto, con il bricco per il caffè sul fuoco e una birra in mano, ma nemmeno le decine e decine di cani vagare liberi per ristoranti e locande, la povertà del posto.

Un tassista ci ha detto che il circuito sta portando turismo nella zona, ed è per quello che il motomondiale ci è approdato. La Dorna ha fatto un affare lucroso, probabilmente, ma i (pochi) sponsor degni del motomondiale non si sognerebbero mai di portare i propri ospiti a Termas de Rio Hondo. Nemmeno per idea. E questo non lo diciamo noi: ce lo hanno detto loro.

Tralasciamo il discorso della pista, bella ma inaccettabilmente sporca al venerdì: non dovrebbe essere difficile organizzare una gara club la settimana prima.

Qualcosa di più, invece, si potrebbe fare sul piano della logistica: del 'viaggio della speranza' di 280 membri del paddock che sono partiti il lunedì per arrivare solo al giovedì mattina ad Austin avete saputo.

Ci ha fatto sorridere Manel Arroyo, uno degli uomini di Carmelo Ezpeleta, quando ci ha detto che il Gran Premio delle Americhe sarebbe partito anche senza il sottoscritto. E' accaduto a volte, ma raramente negli ultimi 40 anni e solo perché sono stato io a decidere di non andare.

A Termas però non è stata una scelta essere sballottato per tre giorni e mezzo per il sudAmerica. Romano Albesiano e tutto il team Aprilia, oltre al team LCR di Crutchlow, Marc VDS di Marquez e Rabat ed altre decine di squadre, si sono trovate a vagare fra Rio Hondo, Tucuman, Cordoba, Buenos Aires ed infine Houston o Miami o qualunque altra destinazione si fosse riuscito ad acchiappare al volo semplicemente perché i trasporti in quella parte del mondo sono quelli che sono.

Avevano pianificato di arrivare martedì mattina per preparare il box, ed alcuni le moto incidentate dalla gara precedente, ce l'hanno fatta invece per un pelo.
Se organizzi un Gran Premio uno dopo l'altro oltre a pianificare l'incasso ti devi preoccupare di rendere la logistica fattibile per tutti. Punto.

Non devi fare la balia, questo no, ma renderti conto che forse l'accoppiata Argentina-Stati Uniti qualche problema logistico lo da.
L'immagine di improvvisazione e approssimazione dell'organizzazione del flag-to-flag invece è comprensibile facilmente, specie se alla domenica mattina ti arrivano ben tre comunicati stampa che aggiustano il tiro di quando e come deve essere gestito il medesimo.

Già perché se non ti premuri di organizzare un meeting il sabato sera e lo fai solo alla domenica mattina perché un team manager ha fatto notare delle incongruenze non ti puoi lamentare poi che qualcuno definisca la MotoGP non organizzata al meglio.

Se poi, ancora, capita pure un incidente durante il cambio di moto - l'investimento di un meccanico dell'Aprilia da parte di Bautista - per fortuna non grave, c'è da rivedere tutta la procedura.

Forse sarebbe il caso di evitare i ridicoli salti da grilli da una moto all'altra, e sostituire semplicemente gli pneumatici, come si fa nell'Endurance, oppure fissare un tempo minimo per attraversare la pitlane se sorgono dei problemi di cambio-dischi. Insomma pensarci per tempo, e pensare anche alle possibili variabili ed imprevisti.

Fra questi un incidente, appunto, e far indossare ai meccanici nella pitlane un casco protettivo.
Perché se il simpatico Pisu avesse sbattuto la testa e ci fosse rimasto ora con chi ce la prenderemmo?

Questo fa parte dell'organizzazione. Onori, ma anche oneri.
Non solo censura, facciamo finta di niente tanto non ci sono immagini, perché nell'era di Internet qualcuno che riprende con il telefonino lo trovi sempre. Per chi vuole rivederlo è qui sul sito di Mediaset.
Il rischio, poi, è che qualcuno possa pensare che le immagini siano state censurate.

Perché la sapete la storia no?
C'è il buon giornalismo, quello dei fatti, e quello cattivo, l'informazione distorta, ma il peggiore di tutti è l'assenza di informazione. Quella che non ti dà nemmeno la possibilità di verificarla, perché non ne vieni a conoscenza.
Poi magari si parla, a sproposito, della pericolosità degli spoiler, mentre altri problemi sono lì, visibili. E nessuno dice una parola.

Giornalista male informato? No, peggio: non informato.
E per il momento ci fermiamo qui. La lunga trasferta ci ha suggerito un paio di altri argomenti delicati da affrontare.
Ne parleremo prossimamente.

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