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Lorenzo, perchè? I motivi che lo hanno spinto in Ducati

Quattro motivi per i quali Jorge ha accettato la sfida e costretto Rossi ad ammettere 'Lorenzo ha le palle'. La prima vittoria o solo una illusione?

Lorenzo, perchè? I motivi che lo hanno spinto in Ducati

Perché l'ha fatto?
E', questa, la domanda che tutti oggi si pongono dopo l'ufficializzazione del passaggio di Jorge Lorenzo alla Ducati.

Le risposte possono essere molte: denaro, il desiderio di avere una casa tutta per sé, battere Rossi su una moto diversa, soprattutto battere Rossi con la moto che lo ha battuto, messo al muro e con la quale è riuscito ad ottenere la miseria di appena tre podi in due anni.

Ognuno di questi motivi è, da solo, sufficiente a far prendere una decisione ad un pilota.

Prendiamo il primo, il denaro.
"Una casa è disposta a pagarti quanto pensa che tu valga per lei".
Non lo ha detto Jorge, ce lo ha detto, tanti anni fa, Max Biaggi che di Lorenzo è amico.

Per valutare l'impegno che una casa metterà nell'esaudirti devi sempre considerare quanto è disposta ad offrirti. Più alto sarà il prezzo più alta la considerazione.

Questo può essere uno dei motivi per il quale Lorenzo ha accettato. Dopotutto il suo attuale - si parla di 25 milioni di Euro - è il più alto ingaggio mai pagato ad un pilota di MotoGP. Più alto persino di quello pagato a Valentino. Ed il motivo è semplice: Rossi all'epoca non aveva altre possibilità, fuggiva dalla Yamaha proprio per non essere più al fianco di Lorenzo.
 
Jorge invece sarebbe potuto restare in Yamaha, avendo sempre al fianco Valentino ma, alla luce delle ultime stagioni, era questo un vero problema?

Secondo noi no. E' da un bel po' che le armi psicologiche da sempre usate da Rossi contro i suoi rivali si sono spuntate. La 'bomba' lanciata nella conferenza stampa di Sepang contro Marquez gli è esplosa in mano, ed anche la battuta "Lorenzo non ha le palle per andare in Ducati, dunque resterà in Yamaha", a meno che non fosse un complicato gioco mentale, lo ha costretto ad ammettere: "Jorge ha avuto le palle".

Il secondo punto, sotto certi versi, è la diretta conseguenza del primo.
Da campione del mondo Lorenzo si è visto presentare da Lin Jarvis un contratto 'intrattabile'.

Il general manager lo ha detto chiaramente. Come può aver interpretato Jorge questa proposta della Yamaha se non con un: "caro Jorge tu sei fortissimo ma noi non abbiamo bisogno di te, dopotutto abbiamo Valentino".

Non poter trattare, di ingaggio o di posizione all'interno del team poco importa. Ciò deve esser equivalso per il maiorchino come una scarsa dimostrazione di interesse. Il che ci riporta al punto uno: se qualcuno ti vuole seriamente è disposto a trattare per averti. Nessun dubbio in proposito. In questo campo i bluff non pagano.

E sicuramente, invece, la Ducati ha fortissimamente dimostrato di volerlo. Chi è l'uomo capace di resistere ad una fervida dichiarazione di amore? Specie, aggiungiamo, se arriva da un tecnico, Gigi Dall'Igna, con il quale hai già vinto due mondiali e ti chiama 'Giorgio'.

Il terzo punto può essere visto sotto diverse angolazioni. La più ovvia è quella di smazzare le carte, perché è bello battere l'avversario su una identica moto, ma anche molto frustrante se si pensa - come Lorenzo pensa - che Rossi negli ultimi tempi stia approfittando della libera circolazione di dati all'interno del team Yamaha per migliorare la sua messa a punto.

In Texas peraltro lo ha detto chiaramente: "Rossi mi copia persino le marce".
Sia vero o no è indiscutibile che Jorge riesca quasi sempre a fare l'assetto giusto prima di Vale, ma non vogliamo proporvi la sua affermazione per vera.

Proviamo, invece, a fornirvi un'altra angolazione del medesimo punto: Lorenzo vuole, dopo tre titoli iridati con la Yamaha, provare a vincere con un'altra casa.
Pochi, pochissimi piloti ci sono riusciti: Geoff Duke, che passò da Norton a Gilera, Eddie Lawson, da Yamaha ad Honda, Valentino Rossi, facendo il contrario e Casey Stoner, da Ducati ad Honda.

E' un buon motivo per entrare in una elite ed essere riconosciuti fra i grandissimi. Non è forse ciò che ha detto Jorge l'anno passato ricordando la legittimità del suo titolo per vittorie, pole e giri veloci?

E siamo al quarto punto, che è lapalissiano: riuscire lì dove Valentino ha fallito.
Sentiamo già il coro dei dissidenti: la GP16 di oggi non è la moto di Stoner.

Bah, sarà anche vero, ma vorremmo ricordare agli scettici che con quella moto l'australiano nel 2010 vinse tre Gran Premi, salendo complessivamente nove volte sul podio. Fu, anzi, proprio questo a trarre in inganno il pesarese, se di inganno vogliamo pensare e lui stesso più tardi lo riconobbe: "dopo aver guidato la Ducati la prima volta ho rivalutato il talento di Stoner".

Certo, nel 2010 solo il Canguro Mannaro sembrava capace di estrarre l'oro da quella miniera di cavalli chiamata Desmosedici ma, per fare un parallelo, cosa dobbiamo pensare della Honda RC213-V oggi? Le sue prestazioni sono quelle esibite da Marc Marquez o piuttosto quelle mostrate da Dani Pedrosa. La MotoGP fortunatamente non è la F.1, ma anche se è piena di campioni,  i fuoriclasse rimangono pochi.

E con questa siamo alla fine delle nostre domande. La risposta ad ognuna di esse, od anche ad una sola di esse, ha fornito a Jorge Lorenzo la giustificazione, ma anche la motivazione, a prendere una decisione sicuramente difficile, ma anche sotto certi versi ineludibile. Del resto chi ha detto "pensa se non ci avessi provato?"

Sarebbe stato Valentino Rossi lo stesso campione se avesse corso l'intera carriera con la Honda come ha fatto Mick Doohan?

Al di là del numero dei successi, no. E prerogativa dei numeri uno mettersi in discussione, e a proposito, anche un certo Giacomo Agostini lasciò la MV Agusta per la Yamaha riuscendo nel 1975 a vincere il titolo della 500!
Quasi quasi lo dimenticavamo…

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