Se c’è un pilota che capace sempre di buttare il cuore oltre l’ostacolo quello è Danilo Petrucci. Attualmente in azione in SBK con il team Barni, il ternano ha dovuto, nel corso della sua carriera, affrontare diverse difficoltà e infortuni importanti che, anziché bloccarlo, sono diventati uno sprone per fare di più o comunque qualcosa di diverso.
A proposito di questo suo atteggiamento volitivo e combattivo, il 34enne ha parlato al podcast You Tube La Merenda, in cui ha altresì svelato un retroscena inedito sulla sua partecipazione al rally raid più pericoloso al mondo nel 2022.
“Sono andato a fare la Dakar come quando gli elefanti prima di morire si allontanano dal branco o come chi intraprende il cammino di Santiago. Non sapevo nulla della gara e non conoscevo nessuno. Un mese prima mi ero rotto la caviglia e tutti erano preoccupati per me. Mi consigliavano di andare piano per evitare di cadere, come poi invece è successo – il suo racconto - Prima di ritirarmi però, ho vinto una tappa. Ho scoperto di essere arrivato primo nel tragitto che mi conduceva al bivacco, ossia 160 km di autostrada. Ero completamente solo e lì, ho capito di aver fatto qualcosa di storico. In quel momento ho ricordato quando da bambino, all’uscita da scuola, costringevo mia mamma a comprarmi in edicola tutte le videocassette sulle moto. Andavo a casa e me le guardavo sognando di vincere e quel giorno era finalmente arrivato. Ho festeggiato in solitario ed è stato come chi arriva in cima all’Everest e non ha vicino nessuno che gli faccia una foto. Fu lo stesso una grande soddisfazione e mi dissi che sarei potuto morire felice”.
Sembra quasi un paradosso, ma le corse motoristiche possono fare rima anche con la parola “lentezza”. “Rallentare fa prendere coscienza, in generale. Oggi la società ti spinge a fare e volere sempre di più. Personalmente, a forza di pensare a come andare più fort, ad esempio, mi ha impedito di godermi quella fase in cui ero uno dei migliori piloti al mondo. Quando ero quarto della generale in MotoGP pensavo a come diventare terzo. Adesso capisco il valore guardando gli altri, ma all’epoca no”.