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Yamaha R9: sul bagnato di Misano paga la dolcezza

In occasione del Blu Racing Day a Misano abbiamo avuto l'occasione di riprovare tra i cordoli la Supersport della casa di Iwata, questa volta sull'acqua e con gomme rain. Il segmento sportivo sta cambiando volto, e la R9 si è dimostrata anche in condizioni difficili una grande interprete della nuova era

Moto - Test: Yamaha R9: sul bagnato di Misano paga la dolcezza

All’interno del GYTR Pro Shop in Misano Square, tutto è pronto, lucidato, organizzato e ben disposto per il Blu Racing Day, l’evento con il quale da oramai quattro anni a questa parte la Yamaha taglia il nastro di partenza alla propria stagione sportiva. Dinanzi ad una manciata di sedie trasparenti in plexiglass, allineate in fila per ospitare penne, polpastrelli e desktop della stampa, si para un palco che palco non è. Nessun altare, nessuna sopraelevata struttura lignea o ferrosa, bensì un rettangolo di plu dipinto, alla stessa altezza della platea, segna la zona da cui il corpo aziendale della casa giapponese ci illustrerà il piano ideato per aggredire il mondo delle competizioni nel corso del 2025. Ai bordi destro e sinistro del nostro parallelepipedo lo sguardo, poi, non può che imbattersi nella seducente presenza di due creature velate da un panneggio, anch’esso blu, la nota cromatica cui Yamaha consegna la propria immagine racing.

Le creature, benché celate, anzi, malcelate dal lenzuolo, sono ben riconoscibili. Si tratta infatti delle due Yamaha R1 con cui il team DMR Racing è impegnato nella stagione del CIV SBK. L’unveiling avviene in diretta e tutta la squadra “salirà sul palco” per le rituali interviste e foto di inaugurazione. Protagonisti, chiaramente, i due piloti: la conferma Alessandro Delbianco e la new entry Alessandro Andreozzi. Il riminese crespo e biondo è scalpitante, i test precampionato di Vallelunga e Misano sono andati benone (ed anche la prima gara, si direbbe). Lui è uno con il corpo attraversato da un voltaggio superiore rispetto a quello degli uomini comuni. Lo senti elettrico. Le due pupille blu chiaro (torna questo colore, eh?) gli lampeggiano nelle cavità oculari come le lucette al neon di una giostra spericolata e l’indomita voglia di salire in sella ad una moto per andarci forte, sempre più forte, gli scoppia dentro il petto nell’esatto momento in cui travolge anche te, che lo osservi, così acceso e vivo.

Tre volte vicecampione italiano della categoria SBK, si fanno gli scongiuri, ma quest’anno si parte per fare centro. Profilo più basso per Andreozzi, non mancanza di determinazione, ma nobile umiltà. Il pilota-lavoratore è passato la scorsa stagione dal National Trophy e quest’anno si rimette in gioco a 34 anni con la squadra di Valter Durigon per cui aveva già corso in passato.

Per la casa di Iwata l’occasione è propizia anche al fine di presentare il nuovo logo del programma Blu Cru. Progetto su base piramidale dedicato alla crescita sostenibile e graduale dei giovani talenti. Su asfalto e sterrato, Yamaha offre un percorso chiaro e strutturato per accompagnare i piloti dalle coppe di marchio (R3 e R7 cup) sino alle classi superiori, come Supersport e Moto2. Un metodo che prende per mano i giovani talenti nella delicatissima fase di formazione del talento, dove troppo spesso la mancanza di percorsi lineari e coerenti lascia che i meno esperti si perdano per la semplice assenza di una guida, di una traccia da seguire quando si è poco più che bambini.

Sessione di nuoto con la Yamaha R9

Ma veniamo a noi. Perché la data del Blu Racing Day è stata scelta in concomitanza con la prima tappa del SuperSport Pro Tour 2025, e tale sigla richiama ogni motociclista ad una ben chiara visione: casco integrale, stivali, guanti, tuta ed una Yamaha da guidare in mezzo ai cordoli. A nostra disposizione, nello specifico, la più attesa e chiacchierata della gamma R: la Yamaha R9. Il nostro Marco Caregnato vi aveva già consegnato la nuova ammiraglia giapponese nell’esaustivo racconto del suo test in quel di Siviglia. Ma qui a Misano le circostanze sono del tutto particolari e dunque più che adatte a bissare il test della R9.

Il nastro d’asfalto del circuito di Misano, infatti, è zuppo, fradicio, lo si potrebbe strappare dal suolo e strizzare fra le mani al pari di uno straccio da cucina. Le condizioni, appena arrivati, erano subito parse proibitive e la certezza di poter realmente scendere in pista del pomeriggio avevano più che tentennato, per lo meno sino a quando i ragazzi di Yamaha ci annunciano la lieta novella: “Per chi vuole abbiamo montato un treno di rain ad una R9. Sarà Open Pit”. Prima ancora che il suono della frase finisse di rimbalzare sui miei timpani, tuta e casco erano già infilati. Sole, vento, pioggia, grandine, monsone tropicale, invasione di locuste, meteoriti schiantati, incursioni aliene, girare in pista con una moto è a prescindere un’occasione per godere. Va sfruttata.

Bene, l’incosciente entusiasmo carica a molla, ma non appena usciamo dalla pit-lane e i numeretti del tachimetro vanno ingrassandosi, le goccioline d’acqua pizzicano decise sul nostro collo come ci trovassimo sotto assalto da un indispettito sciame di pungiglioni, e qualche domandina inevitabilmente ce la poniamo: “Okay, non siamo Stefano Manzi. Forse non è il caso si starsene buoni buoni al box?”. Il “Marco Simoncelli World Circuit” è allagato per davvero, alla Variante del Parco più che le saponette servirebbero i braccioli per avvicinarsi all’asfalto.

Le rain e l’immediata fiducia che sin dalla prima frenata trasmette l’R9, tuttavia, ci convincono (non che ci voglia molto) e allora avanti a inanellare giri, anzi, vasche, per i 4226m di Misano.

Appena saliti in sella alla SuperSport di Yamaha la posizione di guida chiarisce subito gli intenti del modello. La triangolazione sella-pedane-manubrio è da vera sportiva, molto più vicina ad una R1 o R6 che alle R3 e R7. Semi manubri in posizione bassa e aperta, anteriore caricato e poche ambiguità. Insomma, quella narrazione secondo cui la R9 derivi per via diretta dal DNA racing di Yamaha, ci rendiamo conto essere tutt’altro che semplice strategia di marketing. Il punto, semmai, è comprendere la svolta storica in termini di fruibilità che negli ultimi anni sta investendo il segmento delle supersportive. La Yamaha R9 è proprio qui che si colloca ed il bagnato oceanico di Misano è forse uno dei migliori banchi prova per comprendere quanto una sportiva di media cilindrata sia oggi facilmente sfruttabile da parte di chiunque anche su fondi e in condizioni che sarebbero critiche con gli oltre 200cv delle ipertrofiche 1000 o 1100.

L’ultima nata della gamma R si dimostra una campionessa di comunicatività. Giro dopo il telaio rivisto nelle rigidità longitudinali, torsionali e laterali dialoga efficacemente con il reparto sospensioni e permette di avvertire il fondo liquido sotto le nostre gomme come lo stessimo sfiorando con la punta delle dita, avendo di conseguenza una puntuale sensazione di controllo del grip a disposizione. Il pacchetto elettronico, supportato dalla piattaforma IMU a 6 assi derivata dalla R1, interviene a correggere la sensibilità non professionistica di un amatore veloce, salvandolo da surfate ruzzolanti tra vie di fuga e ghiaia. Piccola confessione: senza ABS avremmo fatto qualche danno alla staccata delle Rio e sempre senza un traction control così delicato e finemente tarato quella svirgolatina in uscita dalla Misano 16, insomma… ci siamo capiti. Acqua in bocca. Ad ogni modo, ciascun intervento menzionato non ha mai fatto irruenza in modo brusco nella nostra guida, tutto ciò che l'R9 mette a disposizione in termini di sicurezza ha il modo d’arrivare di una carezza.

Infine, il già molto apprezzato CP3 di Iwata trova nella R9 il corpo più adatto per far valere le proprie qualità, altro che reciclaggio! Sul bagnato i cavalli (119cv) possono spesso illudere di essere maggiori, ma vi assicuriamo che il propulsore in questione è pieno e avvolgente come altri concorrenti di categoria non sanno essere. Dolcezza e fluidità sono le caratteristiche dominanti dell’erogazione, che conducono il pilota a fare strada verso un allungo progressivo e al contemo di grande sostanza. Il tricilindrico non erutta a nessun regime, non vi strattona, ma sale, cresce caparbio, come la fiamma duratura di un falò.

Avremmo voluto ricevere un feedback più completo da forcelle e monoammortizzatore, ma chiaramente le condizioni non ci hanno permesso di spremere tali componenti. Per quanto rilevato, steli e molle Kayaba ci hanno restituito in ingresso curva un buon feeling durante la prima fase dello scorrimento. Ridendo e scherzando al Curvone si planava sui rigagnoli intorno ai 175km/h.

Insomma, sarebbe un bel regalo di primavera/estate se Yamaha ci lasciasse per qualche altro giorno in pista la sua ragazza, magari sotto il sole, magari tra i cordoli di Vallelunga, magari per una comparativa… Chissà!

 

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