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MotoGP, Alex Marquez: “Senza Gresini sarei rimasto a casa, a 10 anni mi fingevo Marc”

ONE TO ONE - “Non sono un talento puro, ma conosco la parola lavoro. In Honda non avevo più voglia di correre, Nadia Gresini è la mia mamma da gara. Gli haters mi motivano, nel 2020 non ne potevo più di sentirmi dire: come sta Marc?”

MotoGP: Alex Marquez: “Senza Gresini sarei rimasto a casa, a 10 anni mi fingevo Marc”

L’inverno della MotoGP ha messo in mostra un Alex Marquez solido e consistente. Il portacolori si è infatti rivelato sempre a stretto contatto con le posizioni di vertice e lui non intende tirarsi indietro in quella che si preannuncia come una sfida due tra Bagnaia e suo fratello Marc.

Alla vigilia del round di Buriram, abbiamo condiviso una chiacchierata con il portacolori Gresini, dando il via ad un viaggio tra presente e futuro. Di sicuro non è stato facile convivere con un otto volte campione del mondo, ma Alex non ha mai rinunciato ad una cosa, ovvero essere sé stesso.

Ed è proprio da qua che parte la sua corsa di questo 2025.
“Ci siamo, si parte – ha esordito - personalmente sono fiducioso per questo inizio di Mondiale, dato che nei test siamo stati forti. Il fatto è abbiamo visto tanti piloti campioni in inverno, ma poi in gara le cose sono andate diversamente. C’è da dire che il livello di questa MotoGP è davvero altissimo, di conseguenza tengo il profilo e le aspettative basse”.

Per il terzo anno di fila sei con Gresini…
“Gresini è una seconda famiglia e fin dall’inizio c’è sempre stata grande armonia. Poi una volta che vai a Faenza a vedere la sede capisci ulteriormente l’ambiente: è come essere a casa. Nadia poi è la mia mamma delle gare: con lei parlo molto e sa consigliarmi”.

Quanto è cambiato Alex Marquez dal titolo Moto2 ad oggi?
“Ancora oggi conservo la voglia di quel ragazzo che a 18 anni sognava di essere campione. Nel momento in cui non hai più quella motivazione, è meglio che ti fermi e resti a casa. Mi alleno per vincere ed essere il meglio di me stesso, ogni giorno. La cosa importante è essere a posto con se stessi, in ogni momento, consapevole di aver dato tutto, poi il resto lo dirà la pista”.

Dove ti vedi in futuro? Un team factory?
“Sinceramente non saprei: ho due anni di contratto e non nego che il team factory è ciò a cui ambisco. Considerando il mio passato, vista l’esperienza in Honda, più che i soldi conta la moto e il progetto attorno ad essa, ovvero ciò che avevo perso in Honda”.

Hai parlato di Honda. Quanto è stato difficile quel momento?
“Nel 2021 non avevo più voglia di venire alle gare. Gresini mi ha restituito entusiasmo e motivazione. Nel 2022 già sapevo che non avrei potuto ambire a risultati, visto quello che avevo nei box, ma pensavo a ciò che avrei trovato in Ducati, ovvero una moto con un pacchetto migliore e competitivo. In LCR mi sono però trovato bene e sono comunque riconoscenti alle persone che avevo il mio fianco. Sapevo che i risultati non sarebbero arrivati, ma la voglia di lottare c’era”.

Se non fosse arrivata la chiamata di Gresini, che piega avrebbe preso la tua carriera?
“Sarei rimasto a casa. Senza risultati le porte non si aprono mentre con i risultati sì. Gresini mi ha salvato la carriera, in un periodo dove nessuno credeva in me”.

È vero che gli haters ti motivano?
“Sì! Io sono una persona che accetta le critiche, affinché siano costruttive e utili per migliorare. Sui social tutti parlano, ma io preferisco che la gente mi dica le cose in faccia senza girarci troppo attorno. Alla fine non si può essere simpatici a tutto il mondo, ma essere noi stessi senza perdere la nostra identità”.

Cosa provi quando i giornalisti ti chiedono di Marc?
“Nel 2020 non ne potevo davvero più, tutti mi chiedevano solo di Marc: “Come sta Marc, quando torna?” Mi sono trovato in una posizione davvero scomoda, considerando che il team manager di Honda era Puig e non io. Alla fine però è normale: nel momento in cui hai un fratello campione, sei considerato come il fratello di Marc”.

Hai sfruttato il fatto di: “essere il fratello di…”
“Nel Campionato spagnolo io andavo alle gare con mia mamma e mio padre: Marc aveva 13 anni mentre io 10. Più o meno eravamo alti uguali e in viso simili: la gente non mi riconosceva e spesso ci scambiavano, infatti in molti mi facevano i complimenti credendo fossi lui. Ammetto che qualche volta mi sono spacciato per lui, perché almeno non dovevo stare lì a dire che ero Alex. Alla fine anche la mia famiglia è stata al gioco (sorride)”.

Alex Marquez lo vincerà un giorno un Mondiale MotoGP?
Io non ho un talento pure come Marc, ma amo lavorare, perché credo nell’etica del lavoro e conosco il suo significato. La vita mi ha insegnato che niente è impossibile e sognare è gratis. Durante l’inverno mi sono allenato per dare il massimo e vincere”.

Chi vince a Buriram?
“Marquez! (ride)”  

photocredit: Gresini

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