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SBK, Alcoba: “In Supersport ho trovato una tranquillità che non avevo in Moto2”

“Ho alle spalle un progetto concreto con supporto ufficiale e so che facendo bene potrei anche avere un futuro in Superbike. Rimpianti? In Moto2 avrei potuto fare meglio. Ho faticato in qualifica e mi è mancata continuità”

SBK: Alcoba: “In Supersport ho trovato una tranquillità che non avevo in Moto2”

Non ha ancora recuperato appieno dall’infortunio alla mano sinistra riportato lo scorso anno in Malesia, ma Jeremy Alcoba non vede comunque l’ora di cominciare la sua nuova avventura nel Mondiale Supersport. I riscontri positivi ottenuti nei test a Jerez e a Portimao, in sella alla nuova Ninja ZX-6R con motore da 636 cc schierata dal Kawasaki WorldSSP Team di Manuel Puccetti, hanno dato grande fiducia al 23enne spagnolo, che ci ha detto di essere convinto di avere tutto ciò di cui ha bisogno per rilanciare la sua carriera dopo il triennio poco entusiasmante vissuto nel Mondiale Moto2.

Jeremy, come procede il recupero dall’infortunio?
“Sto migliorando. Nei test a Portimao e Jerez ho visto che non ero ancora al 100% con la mano sinistra, però fisicamente sto bene e sono al massimo della forma. Mi mancano tanti chilometri in sella ma non ho avuto impedimenti con la mano, anche se non riesco ancora a sforzarla molto e a stringere il pugno. Questo anche grazie al fatto che abbiamo fatto un lavoretto alla manopola, per permettermi di essere più comodo. A Phillip Island penso che sarò circa al 70-80% con la mano, ma non so con esattezza quanto potrà condizionarmi, perché nei test la sentivo un po’ gonfia dopo due giorni”.

Con che spirito cominci questa nuova avventura in Supersport? 
“Sono molto carico, ho tanta voglia di fare bene e di lasciarmi alle spalle le difficoltà che ho incontrato in Moto2. Penso di avere la moto, la squadra, il potenziale e la velocità per fare bene. Sono molto contento della nuova Kawasaki 636, perché quest’anno a livello di motore non ci mancherà più molto rispetto agli altri. Saremo abbastanza vicini a loro e avremo il passo per essere più competitivi. Però mi mancano un po’ di giorni in sella, anche perché nei quattro giorni di test che abbiamo svolto il tempo non ci ha aiutato: ha piovuto molto e c’era tanto vento. Quindi, non ho potuto girare in maniera intensiva. I due giorni di test a Phillip Island ci potranno essere molto d’aiuto”. 

Ci sono grandi aspettative su questo nuovo progetto. Hai già cominciato a farti un’idea del campionato, dei tuoi avversari e di dove potreste collocarvi?
“Sinceramente non lo so, perché ci sono stati piloti che arrivavano dalla Moto2 che si sono trovati molto bene e altri che non si sono trovati altrettanto bene in questa categoria, quindi non voglio pensare di arrivare e vincere. Non ci penso assolutamente, perché il livello sta crescendo tanto, la mia è l’unica Kawasaki e poi, trattandosi di una moto nuova, c’è tanto da lavorare. Gli altri partono da una base già rodata, mentre per me è tutto nuovo: non so come si comporta la moto e tante piste non le conosco. Sarà un po’ tutto da vedere, ma la voglia c’è e penso che potremo far bene. Alla fine, i piloti veloci saranno quelli che arrivano dalla Moto2 e dalla Superbike, insieme a Manzi, che in teoria sarebbe il favorito, avendo lottato per il campionato già lo scorso anno”.

È tanto diversa questa Kawasaki dalla Kalex che guidavi in Moto2? 
È abbastanza diversa, soprattutto nella posizione in sella. Questo è un aspetto su cui stiamo lavorando molto perché è una moto più stradale, non è tanto racing, e quindi il serbatoio mi sembrava stranissimo all’inizio. A Jerez ho guardato un po’ di video per capire come mai non mi trovassi bene in sella e, nel primo giorno di test, io e i ragazzi abbiamo lasciato il box alle 11 di sera soltanto per lavorare sulla posizione in moto. Per fortuna, adesso va già meglio. Poi, devo dire che mi aspettavo che fosse una moto un po’ più morbida, perché allenandomi con mezzi di altre marche riuscivo a sentire meglio i movimenti della moto rispetto alla Moto2, che è troppo rigida. Invece, questa moto l’ho trovata subito abbastanza rigida, forse anche troppo, e ci mi sono dovuto abituare. Il primo giorno ero un po’ smarrito, perché era tutto strano, anche la pista e la temperatura. Quindi non ho potuto spingere del tutto e con questa moto più spingi e più ottieni le sensazioni che cerchi”.

Il salto tra la Moto3 e la Moto2 sembra comunque essere molto più grande di quello tra la Moto2 e la Supersport. Sei d’accordo? 
“Sì, Moto3 e Moto2 sono completamente diverse, in termini di guida, di pesi e di potenza. Qui la moto è già più grande e il diametro delle ruote è simile, quindi sai più o meno come si guida. Tra la Moto3 e la Moto2 c’è davvero tanta differenza e direi che cambia tanto anche tra Moto3 e Supersport. Soprattutto a livello di pesi, nell’ingresso in curva e nel modo in cui devi far curvare la moto, perché più ti stressi, più sbagli e più vai piano. In Moto3 invece no, perché è tutto più reattivo: freni più tardi e acceleri più presto che in Moto2, dove devi essere più dolce con il gas e capire anche come gestire le gomme in gara”.

Qual è stata la difficoltà più grande che hai incontrato in Moto2? Cosa ti è mancato in quei tre anni?
“Credo che ciò che mi è mancato di più sia stato il fatto di non avere continuità in un campionato così difficile. In tre anni sono stato in tre team diversi per tanti motivi, tanto interni quanto esterni alle squadre, e penso che avrei sicuramente potuto fare meglio, perché ho lottato con diversi piloti che hanno vinto delle gare. Il mio problema è stato che non mi trovavo in qualifica. In gara avevo un buon passo, purtroppo però era complicato rimontare partendo sempre indietro. Questo è stato il mio grosso punto debole in Moto2. Spero di riuscire a trovare presto una soluzione per semplificarmi le gare”.

Ti resta qualche rimpianto, come magari il fatto di aver soltanto sfiorato il podio nella classe intermedia?
“Sì mi è rimasto, perché so che in tante gare avrei potuto lottare per salire sul podio. Penso di aver avuto il potenziale per farlo, solo che in Moto2 non c’è molta regolarità: chi vince una gara non ne vince due o tre di fila, ma magari una volta fa primo e poi è sesto, o decimo. Credo che non dipenda solo dal pilota, ma anche da piccoli dettagli esterni, perché il lavoro di squadra fa una grossa differenza. In ogni caso sì, mi restano dei rimpianti, perché penso e so che avrei potuto fare meglio”. 

Vorresti tornarci un giorno, o il tuo futuro adesso lo vedi in Superbike? 
“Non lo so, perché non dico mai di no a niente. Sono aperto a tutto. Però adesso sono qui, concentrato su questa categoria, e voglio ringraziare Kawasaki e Puccetti per questa opportunità. Voglio dare il massimo, perché sia io che loro pensiamo di poter far bene e ci meritiamo di fare un bel campionato e di pensare alla Superbike”.

A proposito di Manuel, ci racconti come è nato il vostro sodalizio? 
“Il mio manager ha contattato Puccetti, che ha visto di buon occhio l’idea e anch’io ho visto che si trattava di un bel progetto, perché loro sono diventati la squadra ufficiale Kawasaki anche in Superbike e so che vorrebbero schierare un’altra molto nella classe regina il prossimo anno. Quindi, si tratta di un progetto concreto, con un supporto alle spalle e la tranquillità di sapere che facendo bene c’è la possibilità di continuare. In Moto2, ad esempio, non sentivo tutta questa serenità: avevo sempre la pressione di avere solo 5 mesi, 6 o 7 gare, per capire dove sarei stato l’anno seguente. Qui invece ho la tranquillità di sapere che il progetto c’è, che la moto va bene e che potrei magari avere un futuro in Superbike”.

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