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MotoGP, Quello che i piloti non dicono: guida semiseria al 2025

Il chattering, le gomme fallate e le cadute inspiegabili: un vademecum per tradurre tutte quelle dichiarazioni immancabili in ogni stagione che si rispetti

MotoGP: Quello che i piloti non dicono: guida semiseria al 2025

Non c’è momento migliore di gennaio, quando la mente gioca con quello che verrà. I primi test sono alle porte e poi si inizierà a fare sul serio, con le gare. Cambi di moto, piloti in cerca di conferma o di redenzione, tutto potrà accadere dal primo GP all’ultimo. Alcune cose, però, non cambiano mai, come le dichiarazioni dei piloti. In tempi di politicamente corretto ci sono locuzioni che non passano mai di moda e che devono essere interpretate. Per aiutarvi, abbiamo preparato un vademecum molto poco serio per questo 2025. 

“La gara è lunga” - Inutile spiegare che un Gran Premio si corre all’incirca sempre sulla stessa distanza: se la pista è corta si fanno più giri, se lunga meno. Alla fine il conto dei chilometri è simile. Ogni pilota ribalta questo semplice calcolo aritmetico: se la pista è lunga allora la gara è lunga, se si fanno più giri allora la gara è lunga. A ognuna di queste dichiarazioni un matematico muore.

“Farò il massimo” - E grazie al c… ! Di solito questa dichiarazione è affidata ai comunicati inviati prima di un GP, mail che passano dalla cartella posta in arrivo al cestino senza nemmeno passare dal via. Nessuno si spiega come questa breve frase possa avere la ben che minima utilità. Forse c’è qualcuno che pensa che i piloti vadano in circuito in vacanza? O che siano pagati per arrivare ultimi? La ridondanza nella comunicazione non è sempre un pregio.

“Soffro di chattering” - Ogni volta che un pilota pronuncia questa frase, Max Biaggi riceve un euro dalla SIAE. Prima di lui il chattering non esisteva, ma è l’uovo di Colombo: va bene per tutte le occasioni e nessuno può contraddirti. Per sua stessa definizione, il chattering è tale se c’è ma non si vede. È l’anello di congiunzione tra la scienza e la fede. E nessuno sa cosa significhi.

“Il mio passo con gomme usate è buono” - La dichiarazione va fatta se il risultato in qualifiche è stato pessimo e il pilota è stato superato in curva anche da un fotografo sovrappeso che guidava un cinquantino spompato sulla service road. Funziona perché gioca sulla pigrizia: chi mai andrà a vedere i cronologici per dare torto a chi l’ha pronunciata? Poi, il giorno dopo, finita la gara, nessuno se ne ricorderà più e vivranno tutti felici, contenti e lenti.

“Fra noi c’è rispetto” - Classico commento fra due avversari. In verità preferirebbero andare a cena con un plotone di suocere piuttosto che insieme, ma il rispetto salva la facciata. La frase suona un po’ da rapper anni ’90, funzionerebbe meglio mettendosi il cappellino al contrario e indossando pantaloni molto larghi, ma nessuno (per il momento) ha osato arrivare a tanto.

“La gomma ha qualcosa di strano” - Questa più che una bugia è un eufemismo. La traduzione corretta sarebbe: “la gomma fa schifo, non la userei nemmeno per farci un’altalena”. Il pilota qui ha le sue attenuanati, perché se esagera con le parole rischia di venire vulcanizzato dal fornitore. Però funziona anche come scusa quando il chattering non basta (vedi sopra).

“Nei test siamo stati velocissimi” - Bisogna affermarlo solo quando i test si sono tenuti a porte chiuse e senza cronometraggio. In quei casi il pilota riesce a piegare lo spaziotempo a suo piacimento, riuscendo a fare registrare addirittura tempi con numeri negativi. Poi, nel fine settimana di gara, è ultimo, ma vuoi mettere la soddisfazione.

“Con questi tempi, l’anno scorso sarei stato sul podio/avrei vinto” - Peccato che nessuno abbia inventato ancora la macchina del tempo, altrimenti sai quante coppe sullo scaffale di ogni pilota. Non ditelo a nessuno, ma i tempi non sono retroattivi.

“Con il mio ideal time sarei in pole position” - La riprova che il mondo ideale non esiste, altrimenti saremmo tutti belli e miliardari. E in pole position. L’ideal time è la somma dei migliori tempi nei vari settori della pista, praticamente un’utopia. Non serve a nulla, se non a giustificare le proprie scarse prestazioni.

“Abbiamo/Siamo/Corriamo” - La moda degli ultimi anni è il plurale maiestatis. Non si sa chi ne abbia la paternità, ma ormai tutti i piloti parlano come sovrani e qualcuno vorrebbe anche fare installare un trono nel box. Il motociclismo è uno sport individuale, ma solo finché non si è davanti a un microfono.

“Non penso al campionato” - Il buon de Coubertin sarebbe orgoglioso: tutti in pista solo per partecipare. Del resto, il campionato è sempre lungo (come le gare) e nessuno pensa a vincerlo. Vale anche come scusa quando si cade.

“Non so perché sono caduto” - La frase può essere arricchita con “non ho fatto nulla di diverso dal giro prima, anzi andavo più piano”. L’errore è il 99,9 % delle volte colpa della sfortuna, di quella maledetta gravità che esiste solo per infrangere i sogni di ogni pilota. O forse è stata colpa di un tearoff, che altro non è se non la versione motociclistica della buccia di banane. Poi, anche volendo indagare, chi mai la sa leggere la telemetria? 

“Io l’avevo detto” - Per par condicio, inseriamo anche una delle frasi preferite di giornalisti, opinionisti e manager assortiti. Qui ci basa sulla legge dei grandi numeri: a forza di sparar cazzate, prima o poi una la si prende. Serve solo buona memoria per ricordarsi quando si è detta quella giusta.

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