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SBK, Valerio Vitiello: un ingegnere italiano dietro ai successi di Toprak e BMW

IL PERSONAGGIO - Da Torre del Greco a Monaco: “BMW mi ha regalato un Mondiale, in cambio gli ho insegnato a fare la pizza. BMW non è rigida come magari la gente pensa e noi ingegneri non siamo testardi. La M1000RR non è una MotoGP, abbiamo solo seguito il regolamento. Toprak? È diretto e sa spiegare i problemi”

SBK: Valerio Vitiello: un ingegnere italiano dietro ai successi di Toprak e BMW

Il 2024 è stato un anno da incorniciare per Toprak e BMW. Ad inizio stagione in pochi ci avrebbero scommesso su questo binomio e alla fine tutti i dubbi e le perplessità sono state smentite.

Nel successo del 54 in sella alla M 1000 RR c’è però anche un tocco di tricolore. Merito di Valerio Vitiello, capo degli ingegneri Superbike per la Casa di Monaco. La sua è una storia che parta della Campania, più precisamente da Torre del Greco, e che lo porta direttamente in Germania ad intraprendere una sfida inedita.   

38 anni, laureato in ingegneria triennale a Napoli e poi magistrale a Milano, Valerio ha indossato tuta e casco per poi passare dall’altra parte della barricata. Una storia che lui stesso ci ha voluto raccontare, arrivando a diventare campione del mondo.

“La scintilla per il mondo delle corse nasce in famiglia, come figlio del “piú famoso” meccanico e concessionario di moto a Torre del Greco, noto come "Mario Malanca" (a causa della sua prima moto posseduta da ragazzo) – ha esordito – la passione per le due ruote era quindi nel mio DNA, anche se è sbocciata più tardi, ovvero all’etá di 14anni con le prime gare regionali in scooter. Da lì ci sono poi stati i campionati nazionali ed europei in svariate categorie dalla 125gp al CIV stk1000, alla Suzuki European Cup”.  

Poi c’è stato il salto dall’altra parte della barricata, giusto?         
“Esatto! Quel paddock che ho abbandonato da pilota nel 2009 l’ho poi ritrovato quasi subito da ingegnere l’anno successivo con il primo incarico per il BMW Motorrad Italia Superstock Team. Quegli anni, a seguito del mondiale stk1000, sono stati di formazione ma al tempo stesso di successi (due titoli vinti con Sylvain Barrier), durante i quali ho avuto modo e fortuna di collaborare con diverse figure professionali di grande esperienza e spessore. Ne ho conosciuti diversi italiani e contestualmente un paio di ingegneri di supporto inviati direttamente da Monaco (uno di questi era proprio Marc Bongers) grazie ai quali ho avuto modo di apprendere molto principalmente sui sistemi elettronici proprietari di BMW”.

Pensi sia stato quello il momento di svolta?          
“Il collegamento con la Germania arriva quindi nel 2013 quando, con la scelta di BMW di sospendere l´impegno factory nel WSBK per concentrarsi al solo customer racing, mi ritrovai a far parte del ristretto gruppo di ingegneri “inviati da Monaco” in giro per  vari campionati nazionali e intercontinentali come BSB, CEV, MotoAmerica… Al termine della stagione 2018 arriva poi la notizia di un prossimo impegno ufficiale di BMW in WSBK per la stagione 2019, progetto nel quale acquisisco un nuovo ruolo di leader di sviluppo telaio, fino poi agli anni piú recenti dove, successivamente alla “ristrutturazione” e all’aumentato impegno da parte di Monaco, prendo definitivamente il ruolo di Head of Track Engineering...”

Perché hai scelto BMW con tutti i costruttori italiani che ci sono?
“Io lavoravo con BMW già prima di terminare il Politecnico a Milano e di conseguenza ho avuto modo di entrare in contatto con l’ambiente. A dir la verità non è stata una scelta vera e propria, perché sono anche stato fortunato a trovarmi al posto giusto nel momento giusto, di conseguenza ho preso il primo treno che passava senza pensarci troppo”.

Cosa ci racconti del rapporto lavorativo con il mondo tedesco? Sono rigidi come sembra?
“Penso sia dovuto a un fatto culturale, ma le dinamiche non sono così rigide come magari si possa pensare dall’esterno. Inizialmente il nostro gruppo racing era una piccola realtà che andava a rompere gli schemi di una grande azienda, la quale si muove coi tempi suoi e va giustamente rispettato.  Quando però la Casa madre ha deciso di entrare in gioco ha indirizzato il lavoro, arrivando a contare 30-40 persone solo sul Motorsport, senza dimenticarsi i vari reparti specializzati su telaio, aerodinamica, elettronica, ecc”.

In questi anni si è parlato molto dell’elettronica. Secondo molti il problema era Bosch, infatti diversi sostenevano che in BMW fossero testardi.
“L’elettronica non è mai stato il problema della BMW, nonostante sia stata oggetto di studio. A Monaco noi eravamo certi che quello non fosse il problema, perché l’unica cosa che conta è mettere i numeri al posto giusto nel momento giusto, infatti abbiamo vinto quest’anno il Mondiale”.

Parliamo di Toprak: come ti trovi con lui?
“Toprak é semplicemente un campione puro. Il suo talento cristallino è sotto gli occhi di tutti, infatti è un ragazzo semplice e umile, coi piedi ben ancorati a terra. Tutto ciò trasmette serenità e positività nel box. Poi ovviamente c’è il discorso legato alla pista, ovvero l’estrema sensibilità del mezzo, soprattutto nel feeling dell’anteriore in frenata ed ingresso curva, cosí come il controllo del pattinamento posteriore. Infine menzionerei anche la capacità di sintesi, ovvero consegnare a noi tecnici commenti semplici e diretti riguardanti le problematiche principali, tralasciando dettagli secondari e soprattutto disinteressandosi in primis delle soluzioni proposte”

Cosa pensi di aver dato a BMW in tutti questi anni?
“Direi innanzitutto il mio tempo, nel senso che mi sono sempre “speso” per qualsiasi causa senza mai badare ad orari o altro. Il Motorsport in fondo è così: si corre letteralmente contro il tempo, e chi va piú veloce alla fine ce la fa. Non nascondo di aver passato notti ad analizzare, pensare, progettare, scrivere e leggere report. Attenzione nessuno mi chiedeva di farlo, lo facevo semplicemente per etica personale, perché ho sempre pensato che lavorare sodo sia l'unico strumento per crescere e progredire”.

C’è un’immagine che ti accompagna?
“Mia moglie e i nostri figli presenti a Jerez per l’ultima gara, penso sia stata la cosa più bella. Penso che mio padre abbia coronato il suo sogno”.

Cosa rispondi a chi dice che avete vinto con una MotoGP?
“Penso sia sotto gli occhi di tutti che la BMW non è una MotoGP! Sicuramente la SBK sta prendendo una strada sempre più estrema e non condivido il discorso che la BMW si discosti. Alla fine ci sono i regolamenti e gli abbiamo semplicemente seguiti”.

Hai insegnato ai tedeschi come fare la pizza?
“Certo, in Australia gli ho fatto vedere come si fa e anche in altre occasioni. Hanno apprezzato e la cucina italiana non si batte”

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