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MotoGP, Honda nella tempesta perfetta: Marquez fortuna e sfortuna di HRC

VIDEO Parla Cecchinello: “I cambiamenti che HRC faceva sulla moto erano minimi finché Marc dominava e durante la sua assenza non c'è stata evoluzione. Il progetto 2022 era completamente nuovo e andava inquadrato. Da lì è nata la difficoltà di dover rincorrere”

MotoGP, Honda nella tempesta perfetta: Marquez fortuna e sfortuna di HRC
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Non c’è momento migliore degli ultimi giorni dell’anno per riflettere sulla stagione appena conclusa e su ciò che ci si attende dal prossimo futuro. È proprio ciò che abbiamo fatto con Lucio Cecchinello in questa lunga chiacchierata. In cui il proprietario del team LCR ha analizzato il 2024 della sua squadra e della Honda, parlandoci anche di ciò che si aspetta dall’arrivo di Romano Albesiano e della situazione in cui si trova KTM.

Come definiresti questo 2024 in una parola?
“Al di sotto delle aspettative, è inutile che ci giri intorno. Fortunatamente abbiamo finito con meno amaro in bocca rispetto a quello che era stato l’inizio. Sapevamo che sarebbe stata dura, ma avevamo speranza di potere essere più vicini alle Ducati, invece le GP24 hanno fatto un ulteriore passo in avanti. Ci siamo avvicinati alle Ducati 2023, Marc Marquez a parte, rispetto allo scorso anno, quindi un nostro step c’è stato, ma pensavamo di essere più vicini”.

Nel male, siete quelli che sono andati meglio: Zarco e Nakagami sono stati davanti ai piloti ufficiali nella classifica finale e lo stesso LCR con il team factory.
“Credo che il merito non sia tanto del team, ma di Zarco che è riuscito a interpretare bene questa Honda. Avevamo già avuto l’opportunità di lavorare con lui quando sostituì Nakagami nel 2019 e avevamo apprezzato la sua tecnica di guida che lo fa essere molto performante in uscita di curva, sacrificando un po’ la fase di frenata. Se andiamo a vedere i dati, Johann non ha una frenata così efficiente come quella di Marini e Mir, ma esce un po’ meglio: guadagna di più in accelerazione di quello che perde in frenata”.

Zarco arriva dalla Ducati, la miglior moto sullo schieramento, ed è salito sulla Honda, la peggiore: come è riuscito a gestire questa situazione?
“La prima cosa stata essere molto sinceri e molto onesti con lui, inoltre Johann sapeva che avrebbe guidato una moto meno competitiva. Nessuno come un pilota sa vedere i pregi e i difetti della moto dell’avversario, quindi sapeva che sarebbe stata dura, ma anche lui sperava meglio nella fase iniziale della stagione. Abbiamo vissuto momenti, e non mi vergogno a dirlo, di tensione all’interno dei box. A volte rientrava ed esternava la sua frustrazione per il fatto di non riuscire a essere veloce. Qualche ‘putain!’ è scappata! (ride). Ci sta, ma bisogna lavare i panni sporchi in casa ed all’esterno delle mura del box non esternava la frustrazione allo stesso modo”. 

Tu come lo hai gestito?
“È stato bravo a farsela passare in fretta e da parte mia ho sempre cercato di dargli la visione di un progetto a lungo termine. Non a caso, ero stato io a convincere HRC di fare un contratto di due anni con un’opzione e Johann ad accettare di andare a correre la 8 Ore di Suzuka, che ha vinto. Come team non abbiamo posto nessun veto, nonostante sia una gara che comporta rischi, stress fisico e anche un po’ di confusione, perché bisogna adattarsi a una moto e a delle gomme diverse, a una pista che non aveva mai visto. Zarco ha capito  che questa difficoltà iniziale si poteva trasformare in un’opportunità futura e così è stato. Soprattutto verso la fine della stagione siamo andati qualche volta direttamente in Q2, abbiamo fatto qualche Top 10 mettendo dietro dei piloti che solitamente ci stavano davanti. L’anno è finito con una prospettiva diversa, più ottimista, ma siamo realisti e ci aspettiamo che all’inizio della prossima stagione non potremo stare regolarmente nei primi 10. L’obiettivo è di avvicinarci nel corso dell’anno e di finirlo con qualche Top 5, se avremo anche un po’ di fortuna dalla nostra parte”.

Con Honda hai un rapporto ventennale.
“In trentasei anni di gare, contando anche quelli da pilota, trentuno li ho passati con Honda,  potremmo fare le nozze d'argento! - scherza il team manager - ma in MotoGP sono vent'anni”.

Il tuo è stato anche l'ultimo team della Honda a vincere, dopo il GP di Austin dello scorso anno con Alex Rins. Pensi che questo sia il punto già basso nella storia di HRC? Quale è stato l’errore, se c’è stato?
“A mio avviso si è trattato della cosiddetta ‘tempesta perfetta’, se andiamo ad analizzare la storia, quello che stava succedendo già da qualche anno era che Marc Marquez fino al 2020 stava dominando o sempre lottando per il Mondiale regolarmente. C’è il detto, ‘moto che vince non si cambia’, ed i cambiamenti che HRC faceva sulla moto di Marc erano minimi, si trattava di piccole evoluzioni. Se vai a vedere il progetto e le immagini delle moto com’erano nel 2012 fino al 2021, era abbastanza simile come progetto. Nel 2022 c’è stato uno step più importante sulla moto, sono cambiate le dimensioni, il bilanciamento stesso della moto. Fino al 2020 la Honda aveva seguito le indicazioni di Marc, ovvero quelle di avere una moto molto agile e sbilanciata sull’anteriore. Questo in effetti cominciava a causare dei problemi a piloti più normali, come Jorge Lorenzo o Pol Espargarò, lo stesso Dani Pedrosa cominciava ad avere qualche difficoltà in più nell’essere competitivo. La moto a Marc andava bene, gestiva il maggior carico sull’anteriore usando uno pneumatico più duro rispetto agli altri, infatti con Crutchlow seguimmo la stessa strada. Il numero di cadute che facevamo però era abbastanza importante, mentre lui riusciva qualche volta a salvarla col gomito. Ad esempio a inizio stagione 2020 a Jerez stava dando un secondo al giro a tutti, poi ha perso l’anteriore e dopo esser tornato in sella ha fatto un gran recupero. Così Honda ha detto di aspettare che Marc fosse guarito, come sappiamo invece ebbe delle complicazioni. Durante l’assenza di Marc non abbiamo fatto nulla in termini di evoluzione mentre gli altri continuavano ad evolvere i loro progetti. Il lavoro cominciava a muoversi molto di più sull’aerodinamica, e nel 2021 quando Marc fece qualche gara denunciò il passo in avanti degli altri. Nel 2022 Honda si è presentata con un progetto completamente nuovo. La moto era effettivamente completamente diversa, così diversa che dovevamo inquadrarla. Da lì è nata la difficoltà del dover rincorrere le Case rivali, che nel frattempo continuavano a crescere. Abbiamo migliorato la moto 2022 e 2023, ma gli altri hanno sempre continuato ad alzare l’asticella. Se vai a vedere i tempi sul giro di Ducati tra il 2022 ed il 2024, ha stracciato tutti i record, quindi ci ha messo in difficoltà, questa è la mia chiave di lettura. Come hanno detto giustamente anche Valentino ed altri personaggi che lavoravano con le case giapponesi, il fatto che durante la pandemia molti ingegneri giapponesi non potessero viaggiare ha fatto sì che non si rendessero conto del gap delle tecnologie che si stava creando, eravamo sempre in ritardo.

Sembra che Honda adesso abbia cambiato passo, non solo nella struttura. Penso all’arrivo di Aleix Espargarò come collaudatore, Nakagami che rimarrà, e poi sopratutto l’arrivo di Romano Albesiano come direttore tecnico. Vedere questi cambiamenti da Honda non era scontato, aver perso Marquez è stata la scossa che serviva?
“Non voglio essere frainteso, la fortuna della Honda è stato Marc Marquez. Ma per certi versi è stata anche la sfortuna. Ha alzato talmente tanto il livello da mettere in secondo piano il potenziale della moto. Si riponeva molta fiducia nel fatto che Marc potesse ritornare ad essere competitivo, senza dover cambiare o stravolgere la moto. La decisione importante di Marquez di scindere il contratto, accettata da Honda con la consapevolezza di non poter offrire una moto competitiva. Quindi si è deciso di rimboccarsi le maniche, di rivedere il modo di lavorare e  di cominciare ad avvalersi anche di ingegneri europei perché si sono resi conto che in Giappone sono bravissimi sulla produzione dei materiali, delle leghe, di tutto ciò che è tecnologia. Ma in applicazione racing manca forse un po’ di cultura, che in questo momento si trova sopratutto in Europa ed in Italia”.

Ti ha stupito l’ingaggio di Albesiano? Come hai accolto la notizia?
“Non mi ha stupito, avevo già sentito parlare all'interno di Honda della necessità di avvalersi di ulteriori figure europee per rafforzare quello che era il progetto della RCV. Ciò che è successo e che a mio avviso è un aspetto positivo, è che sono arrivati dei nuovi responsabili (cambiano ogni cinque anni)  che hanno una mentalità più aperta nei confronti del resto del mondo, non tutto deve necessariamente essere fatto in Giappone perchè dobbiamo far lavorare le nostre industrie ed essere orgogliosi della nostra tecnologia. Negli anni c'erano state già alcune aperture, come lasciare la Nissin, la Showa, la loro azienda di sospensioni, lasciare i produttori dei loro telai in Giappone per fare un progetto con Kalex. Hanno iniziato a lavorare con degli elettronici, ex Marelli o ex Ducati. Sappiamo che Filippo Tosi e tanti altri italiani in HRC oggi ricoprono figure chiave. L'arrivo di Albesiano quindi è un altro tassello di un quadro più ampio per far si che l'HRC diventi più globale”.

Conoscevi già Albesiano? Come l’hai accolto?
“Non posso dire di conoscerlo, perché abbiamo avuto l’occasione di conoscerci nel paddock. Ho avuto due colloqui abbastanza approfonditi con Romano negli anni precedenti, perché mi chiese in due occasioni di passare in Aprilia”. 

E invece l’hai portato in Honda.
“No, non l’ho portato io. È stato lui ad aver capito che si trattava di un’opportunità professionale, una nuova sfida, perché dopo un po’ è giusto anche accettare nuove sfide. Quando ho parlato con lui, Romano mi è piaciuto subito perché è una persona molto calibrata, molto chiara e molto onesta, mi sembra estremamente preparato ma anche estremamente rispettoso. Abbiamo sempre avuto dei colloqui molto piacevoli”. 

Lasciando da parte Honda, come valuti da proprietario di una squadra satellite la vittoria del Mondiale da parte di Martin e Pramac? Fa bene all’ambiente, e a tutti i team satellite, che non abbia vinto una squadra ufficiale?
“Fa estremamente bene, dal punto di vista di una squadra satellite. È ovvio che dall’esterno possa sembrare un po’ strano, ma al giorno d’oggi si è innescato un sistema di lavoro tale per cui le tecnologie da applicare sono talmente esasperate e difficili da comprendere e da selezionare, che una squadra con due piloti ufficiali non ce la fa a portare avanti da sola lo sviluppo necessario per migliorare. Quindi, le squadre ufficiali, hanno capito che devono avvalersi di squadre satellite e fornire loro lo stesso materiale, per raccogliere più dati, avere informazioni più precise, e per non rischiare di sbagliare strada. Il fatto che Ducati sia diventata così competitiva, ritengo sia dovuto anche al fatto che hanno lavorato con tante squadre e tanti piloti, raccogliendo molti dati. E quindi, si sono ritrovati in una situazione strana”.

Qualcuno aveva dei dubbi sul fatto che avrebbero permesso di vincere a una squadra satellite.
“Io non avevo dubbi, perché le Case costruttrici come Ducati, Honda, KTM, e Aprilia, quando prendono un impegno lo rispettano. Perché ci sono dei contratti, che sono gestiti da persone serie. Quando mi dicevano che sarebbe capitato qualcosa come una gomma sbagliata o un problema elettrico che non li avrebbe fatti vincere, rispondevo che non sarebbe successo quello e alla fine hanno incassato la sconfitta. Che poi, non è una sconfitta perché ha comunque sempre vinto Ducati e hanno accolto il risultato come effetto di un risultato sportivo. Alla fine, il nostro è uno sport e nel momento in cui dovesse venire pilotato in maniera poco onesta non sarebbe più sport, e non sarebbe serio per un’azienda come Ducati. Si sono comportati in maniera esemplare, come ero sicuro avrebbero fatto, e credo che questo potrà succedere ancora in futuro con Ducati, o con altre squadre”. 

Tu speri succeda con Honda. 
“No. Quello che può succedere è che dopo una, due o tre volte, magari poi cambia la politica. Ma in questo momento siamo arrivati ad un assetto tale per cui i piloti veramente forti, in futuro, non andranno in un team satellite e quindi non mancheranno di fare la differenza in un team ufficiale. Io non mi immagino che un Pedro Acosta venga a correre in LCR, ma mi aspetto che vada in HRC”. 

A tuo parere, quanto è preoccupante la situazione di KTM per la MotoGP?
“Faccio fatica a esprimere un giudizio serio o compiuto, perché non ho tutti gli elementi in mano. Ho parlato con Hervé Poncharal e, da quello che mi sembra di aver capito, la KTM Motorsport è una delle società del gruppo, che ha delle proprie entrate e dei propri bilanci. Posso immaginare che abbiano tre entrate principali: una dalla Casa madre KTM, che probabilmente non ci sarà più; un’altra dalla Dorna, che sono i diritti televisivi, di partecipazione, eccetera; e un’altra dagli sponsor. Conoscendo un po’ i costi di un team di MotoGP, e parlando con Poncharal, secondo me, utilizzando il materiale esistente; congelando lo sviluppo; e cercando di adottare una politica un po’ al risparmio, tra i diritti televisivi e le sponsorizzazioni, tra cui una molto importante come Red Bull, credo che il team possa fare le corse anche se dovesse mancare l’entrata KTM. Questo non significa poterle fare in maniera vincente, ma d’altra parte, come mi ha detto un ingegnere elettronico che lavora in KTM, le moto nuove e i materiali erano già pronti. Quindi, congeleranno lo sviluppo, ma di una moto 2025. Io voglio essere ottimista e sperare che non ci saranno problemi né per i team, né per i lavoratori, né per i piloti, per la stagione 2025-2026. Poi è ovvio che la partecipazione nel 2027 potrebbe essere un problema”.

Sarebbe un brutto colpo per il campionato perdere KTM, dopo aver già perso Suzuki.
“Sì, però credo che potrebbero esserci delle sorprese per il 2027, con qualche altra Casa costruttrice che potrebbe magari essere interessata a rilevare il progetto KTM, o a entrare in MotoGP. Io continuo a sperare che da qui al 2027, magari sulla spinta di un’economia che riparte e della fine di qualche guerra, la BMW possa magari riprendere entusiasmo e decidere di entrare”.

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