Tu sei qui

Bellina: “Petrucci è semplice e volenteroso, vivremo una Dakar diversa dal solito”

Parla il pilota dell’Iveco Italtrans: “Provare a guidare il camion sarà una grande sfida per Danilo, ma gli darò qualche buon consiglio. Il deserto regala avventure: l’anno scorso siamo rimasti bloccati e a casa non sapevano più dove fossimo”

Dakar: Bellina: “Petrucci è semplice e volenteroso, vivremo una Dakar diversa dal solito”

I camion sono molto di più di un lavoro per Claudio Bellina. Fondatore di Italtrans insieme al fratello Germano e alla moglie Laura Bertulessi, l’imprenditore bergamasco è una leggenda della Dakar, con alle spalle 16 partecipazioni al Rally Raid in tre diversi continenti (Africa, Sud America e Arabia). Tutte affrontate a bordo di un camion. 

Non poteva esserci quindi uomo migliore per affiancare e guidare Danilo Petrucci in quella che sarà la seconda esperienza del pilota ternano nella celebre maratona nel deserto. La prima in veste di copilota del camion Iveco, schierato dal team Italtrans. 

“Sicuramente, averlo in squadra quest’anno cambierà un po’ anche il modo di vivere la Dakar” ci ha spiegato Bellina a margine della presentazione del team. “Se fino all’anno scorso per me era una passione portata avanti da privato, quest’anno bisognerà metterci un pochino più di impegno avendo una persona di riferimento come Danilo, che potrà contribuire molto anche alla guida. Sarà una bella avventura”.

Claudio, cosa ti aspetti da Petrucci?
“Lo conosco da poco, ma a pelle credo di trovarmi molto bene, perché è un ragazzo semplice e volenteroso. Sicuramente la sua esperienza da pilota lo aiuterà un po’ a valutare le cose da fare e anche il suo contributo avrà molto peso, in una competizione di 15 giorni”.

Per Danilo sarà molto diverso rispetto alla sua prima Dakar?
“Sì, sicuramente. Però sarà un vantaggio, anche per me, il fatto che lui sappia già com’è. Con una persona che non sa com’è la Dakar, a volte gli equipaggi durano 3 o 4 giorni e poi discutono, oppure qualcuno rinuncia”. 

Quale potrebbe essere la sfida più grande che lo attende?
“Sarà certamente provare a guidare il camion. E lo farà, visto che adesso credo stia finendo di prendere la patente. Provarci sarà sicuramente una grande sfida, perché un conto è guidare una moto e un conto è guidare un camion così: è un’altra cosa”. 

Che consigli gli darai?
“Gliene darò sicuramente qualcuno. Visto che nella vita ho sempre fatto solo camion, sia di mestiere che come passione, potrò dargli qualche buon consiglio”.

Credo che l’esperienza sia proprio uno degli aspetti che fanno la differenza alla Dakar. Lo dimostra un po’ anche la vittoria dell’anno scorso di Carlos Sainz.
“Sì, per chiunque faccia la Dakar, che sia in macchina, in camion o in moto, l’esperienza conta molto. Lo si vede anche con i campioni di rally, che tante volte arrivano il primo anno pensando di fare la Dakar come un rally e poi si rendono conto che non è una tappa di 2 o 3 ore, ma una gara che dura 15 giorni e nella quale può capitare di tutto”. 

Cosa rappresenta per te la Dakar?
“È una passione, anche se poi sono giornate difficili da affrontare. Adesso è anche quasi una sfida con me stesso, visto che a 62 anni bisogna cercare di tenere alto il ritmo, per resistere. È dura, però finché ce la faccio, la faccio! Tutti gli anni ci sono dei giorni, anche subito all’inizio della Dakar, in cui dici ‘basta’. Ma poi vai avanti, arrivi alla fine e dopo un mese che sei a casa aspetti che arrivi la fine dell’anno per partire un’altra volta”.

Cosa ti manca del deserto quando sei a casa?
“Il deserto è affascinante in tutti i suoi aspetti: dal caldo che fa di giorno, al freddo che a volte fa di notte. È affascinante vivere nel silenzio più assoluto e a volte ti capitano anche delle avventure, come quella dell’anno scorso: siamo rimasti bloccati fuori nel deserto, e a casa erano diventati matti per sapere dove fossimo, perché non ci vedevano. Sono tante cose messe insieme che ti appassionano”.

Di tutte le tue partecipazioni alla Dakar ce n’è una che ricordi in particolare?
“Si può dire che la più bella sia stata la terza e ultima in Africa. Quella è stata la prima Dakar in cui eravamo soltanto in due in equipaggio, perché le precedenti le avevo fatte insieme a Giacomo Vismara, che è un veterano ed è colui che mi ha insegnato. A quella, invece, ho partecipato solo con il navigatore e siamo arrivati fino a Dakar. Un po’ malconci, ma ci siamo arrivati”.

Articoli che potrebbero interessarti

 
 
Privacy Policy