Il librone delle regole del motomondiale ha ben 386 pagine, ma non serve sfogliarlo tutto per trovare quella più discussa e antipatica. Da quando lo scorso anno è stata introdotta quella sul limite minimo per la pressione delle gomme ha creato più problemi che altro. Non che sia una novità, la norma c’è praticamente in tutti i campionati motoristici e le classi Moto3 e Moto2 l’avevano da tempo. In MotoGP, però, qualcosa non sembra funzionare.
A partire dalla sperimentazione dello scorso anno, quando per la prima infrazione veniva dato solo un avvertimento. Chiaro che i team abbiano usato questo jolly a fine anno, per approfittarne quando ne avevano più bisogno. Dal 2024 la regola è andata a pieno regime e ogni sgarro è punito: 8 secondi sul tempo di gara nella Sprint del sabato e 16 per il GP della domenica. Una penalizzazione che molti ritengono sproporzionata al vantaggio che può dare una gomma un po’… sgonfia, ma così è.
Naturalmente, se la regola è stata messa, un motivo c’era. Alcuni team - si mormorava - stavano giocando un po’ troppo con le pressioni degli pneumatici e si è voluto evitare qualsiasi rischio prima che la situazione peggiorasse. In altre parole, le gomme possono anche scoppiare ed è meglio non succeda. Di solito, però, succede con il posteriore e così, in un primo momento, i piloti hanno alzato le barricate pensando all’anteriore, lo pneumatico più sensibile sulle MotoGP attuali a causa dell’evoluzione aerodinamica.
Le loro proteste - come prevedibile - non sono state accolte e, a oggi, se non si è sopra i limiti minimi di pressione indicati da Michelin per il 60% della gara si viene puniti. In questo 2024 è capitato a molti piloti: a Jerez a Quartararo, Raul Fernandez, Rins, Miller e Di Giannantonio nella Sprint; al Sachsenring a Bradl e Augusto Fernandez in gara; a Silverstone a Marini in gara; ad Aragon a Raul Fernandez, Miller e Di Giannantonio in gara; nel GP dell’Emilia-Romgna a Di Giannantonio nella Sprint; in Indonesia a Raul Fernandez nella Sprint e a Nakagami in gara.
In sé e per sé l’applicazione della regola è semplice, ma è proprio qui che arrivano i problemi. Su tutte le moto sono montati dei sensori di pressione e la Direzione Gara - e di conseguenza gli Steward che decidono sulle penalizzazioni - dispone dei dati in tempo reale. Non c’è nulla di difficile: se si supera il 60% oltre ai limiti si viene penalizzati, ma è qui che nascono i guai più grossi perché le decisioni sulle penalità arrivano con tempi biblici considerando il frenetico mondo del motomondiale.
A Valencia lo scorso anno, Fabio Di Giannantonio aveva festeggiato il 2° posto sul podio e solo nel tardo pomeriggio aveva saputo di essere stato penalizzato e retrocesso. La stessa cosa era successa a Fabio Quartararo nella Sprint di Jerez in questa stagione. Il terzo posto era poi andato a Dani Pedrosa, che non aveva avuto la soddisfazione di festeggiarlo davanti al suo pubblico e, per metterci una pezza, fu organizzata una (triste) celebrazione nel paddock.
In Indonesia, però si è fatto di peggio perché il 2° posto sub judice di Pedro Acosta era importante non solo per lui, ma anche per il campionato, avendo lo spagnolo finito la gara tra Martin e Bagnaia, i due contendenti al titolo. La sentenza di assoluzione è arrivata circa due ore dopo la fine della gara. Acosta non era l’unico sotto investigazione per la pressione irregolare delle gomme, anche Nakagami e Binder condividevano lo stesso destino. Inizialmente, gli Steward avevano comunicato che per sapere la sorte di Takaaki e Brad avremmo dovuto aspettare il GP del Giappone (“a causa della natura dei controlli tecnici dopo la gara”) poi - bontà loro! - sono riusciti a decidere prima di lasciare Lombok. Chissà cosa succederebbe se un episodio simile dovesse capitare a Valencia e potesse decidere il campionato. Meglio non pensarci.
Mettendo da parte gli (incomprensibili) ritardi nelle decisioni, sono le motivazioni a non essere trasparenti e a fare nascere quei dubbi che dovrebbero essere evitati. Acosta è stato assolto e, nella spiegazione di questa scelta, c’è scritto che “la perdita di pressione è stata causata da una perdita del cerchio” perciò il Direttore Tecnico del campionato (Danny Aldridge) e il fornitore degli pneumatici (Michelin) hanno ritenuto che non ci fosse infrazione “secondo l’articolo 2.4.4.9.1 del regolamento tecnico”.
Cosa dice quel comma? Tutto e niente. Semplicemente che “ogni pilota o squadra trovati a usare le gomme fuori dai parametri operativi saranno soggetti a penalità. La decisione del Direttore Tecnico, in consultazione con il fornitore ufficiale della gomme, sarà definitiva”. Tante belle parole per non dire nulla se non che è tutto in mano al Direttore Tecnico e alla sua discrezionalità.
Naturalmente, Aldrige non ha rilasciato nessuna dichiarazione e a metterci la faccia è stato Piero Taramasso di Michelin, il quale ha spiegato ai colleghi di motosport.it che “al parco chiuso i rappresentanti della Michelin, quelli dell'IRTA e i commissari hanno verificato che i valori trasmessi dal sensore fossero corretti, e questa prima prova ha confermato che quelli indicati erano quelli giusti. Osservando la curva dei valori, però, si poteva dedurre subito che c'era stata una perdita d'aria. All'inizio, infatti, i valori erano superiori al minimo consentito, poi la pressione è andata giù di colpo, da un giro all'altro. Successivamente si è stabilizzata per qualche giro e, anche se Pedro continuava a spingere, facendo aumentare la temperatura, la pressione continuava a scendere leggermente. In pratica c'è stata una perdita lenta, che fortunatamente gli ha permesso di finire la gara senza problemi. Già dai dati, dunque, si poteva capire che era un qualcosa di indipendente dall'operato del team e del pilota, ma che era generato da un fattore esterno. Per esserne certi comunque abbiamo anche rigonfiato la gomma a 3 bar ed abbiamo potuto appurare che c'era una perdita nella zona bassa del pneumatico, vicino al cerchio”.
Nulla da eccepire, si è trattato di un guasto a una componente della moto. Ne capitano tanti che portano al ritiro indipendentemente da pilota e team, anche l’abbigliamento difettoso può significare a una penalizzazione (ricordate la tuta aperta di Quartararo?), ma nel caso della pressione delle gomme questo porta all’assoluzione. Cosa che fa scatenare le teorie complottiste di cui nessuno sente il bisogno.
Gli Steward, inoltre, non fanno nulla per limitare questa tendenza. Se infatti per Acosta si sono disturbati a spiegare il motivo dell’assoluzione, per Binder non lo hanno fatto. Il report domenicale recita semplicemente: “controlli tecnici completati. Nessuna infrazione rilevata”. Forse avevano impegni più importanti che li hanno costretti a non aggiungere nemmeno una riga di spiegazione.
Senza entrare nel merito delle loro decisioni, i tempi e la comunicazione sono un disastro. Simon Crafar oltre a essere stato un pilota è ora un giornalista, speriamo che se lo ricordi quando il prossimo anno prenderà il posto di Freddie Spencer.