Quello che si è appena concluso al Mugello è stato senza dubbio un fine settimana storico per il team Barni Spark Racing. Non soltanto per il decimo titolo conquistato da Michele Pirro nel Campionato Italiano Velocità, il settimo in SBK con la squadra diretta da Marco Barnabò, ma anche per la presenza di Kayla Yaakov, impegnata in una wilcard in Supersport con la Panigale V2 della compagine bergamasca.
Una prova non semplice per la 17enne statunitense, chiamata ad adattarsi in fretta a una moto, una squadra e delle gomme Dunlop simili ma diverse da quelle usate nella Supersport del MotoAmerica. Sfida raccolta da Kayla con lo sguardo fiero e l’espressione scaltra e determinata di chi non è venuta in Italia per scherzare. Ma per tornare in patria con un bel bagaglio di esperienza da usare contro i suoi avversari.
“Ci sono state alcune piccole cose qua e là, ma c’era da aspettarselo perché è ho fatto solo un weekend qui al Mugello con questa moto e c’è tanto da imparare, ma fin qui è stato tutto molto positivo”, ci ha raccontato in esclusiva la giovane stella del Motoamerica, poche ore prima di affrontare l’ultima manche sull’impianto fiorentino. Conclusa bissando il 25° posto di Gara 1, in un fine settimana tutto in rincorsa.
Kayla, quali sono le principali differenze che hai trovato tra qui e l’America?
“Per quanto riguarda la moto, ci sono un sacco di differenze a livello di sospensioni e feeling, mentre la competizione è simile come livello, solo che qui ci sono 30 piloti al top. Quindi ci sono molta competizione, tanto divertimento e anche tanti sorpassi! Correre in Europa è diverso, perché le piste e le moto sono molto differenti. Il livello è molto alto, soprattutto se paragonato ad alcune classi americane. Quindi, sai che avrai sempre da imparare quando arrivi qui”.
Saresti disposta a lasciare il tuo Paese per correre in Europa?
“Sì, direi di sì. Sarei sicuramente disposta a fare il salto nel Mondiale Superbike o in un campionato del genere per correre in Europa ad alto livello. Il mio obiettivo per il futuro? È il certamente Mondiale Superbike”.
Paolo Ciabatti ha avuto un ruolo fondamentale in questa wildcard. In che modo ti sta aiutando?
“Ho parlato con lui per tanti anni. Paolo, è un amico che ho conosciuto attraverso alcune persone che abbiamo in comune che lavorano per Ducati. Abbiamo parlato a lungo ed è stato fantastico, perché mi ha aiutata nello sport e con la squadra ed è molto positivo averlo tra le mie fila”.
Nonostante la tua giovane età, stai facendo molto bene quest’anno e hai anche già ottenuto dei podi. Però sembra sembra che alla vigilia ci fosse tanta gente scettica nei tuoi confronti, che pensava avessi ottenuto il posto solo perché sei una ragazza.
“All’inizio dell’anno c’erano molte persone che mi dicevano che non meritavo questa sella o tante opportunità, ma abbiamo cercato di dimostrare loro che si sbagliano e finora è andato tutto bene. Abbiamo dimostrato il nostro valore in diversi posti e ovviamente adesso, venendo in Europa, riusciremo a tenere un buon ritmo e non saremo molto distanti dai primi. Non è proprio quello che voglio, ma sono molto più vicina di quanto molti si aspettassero. Sono felice di rappresentare non solo me stessa, ma anche le donne in questo sport”.
Quanto è difficile per una ragazza farsi strada in uno sport prettamente maschile?
“È difficile orientarsi in alcuni aspetti, ma ritengo sia molto gratificante nel complesso, perché posso aiutare altre ragazze a imparare che possono fare ciò che sto facendo io. Essere lì con tutti i ragazzi e lavorare sodo. È un lavoro molto difficile da fare, ma che possiamo fare bene come chiunque altro”.
C’è qualcosa che ti differenzia dai tuoi colleghi?
“Forse sono un po’ più sveglia essendo una ragazza, ma non c’è una grande differenza (ride ndr). Penso che siamo tutti molto alla pari. Finora è andato tutto alla grande”.
Guardando il casco che usi quest’anno, sono rimasta molto colpita dalla scritta “Have a nice day”, “Buona giornata”, sul retro. Ha qualche significato particolare?
“Non proprio. Diciamo che l’ho messa lì perché penso sia abbastanza sarcastico, no? Se supero un pilota e vede la scritta, sicuramente non starà passando una bella giornata visto che l’ho passato e ha perso una posizione (sorride ndr). È abbastanza divertente e la mia idea era quella di infiammare un po’ gli animi. È così che funziona: devi far scaldare un po’ la gente se vuoi delle belle gare con una buona storia dietro. È piuttosto divertente!”.
L’America ha avuto dei grandissimi campioni nel Motomondiale, mentre adesso i piloti statunitensi stanno facendo molta fatica ad emergere e non hanno nemmeno un rappresentate in MotoGP. Come vedi questa situazione?
“È dura, perché il MotoAmerica ha cercato in tutti i modi di avvicinare le giovani generazioni al motociclismo negli ultimi anni, ma è cambiato tanto da quando Wayne Rainey e persino Nicky Hayden e Ben Spies erano in MotoGP. Penso che stiamo andando nella giusta direzione con la nuova Talent Cup che è stata introdotta nel MotoAmerica, ma credo ci sia ancora tanta strada da fare per tornare in MotoGP ed essere competitivi. Credo che più ragazzi debbano fare come me e venire spesso in Europa, perché è qui che ottieni visibilità e si fa esperienza. Perché gran parte delle gare della MotoGP si corre sui circuiti europei, dove questi piloti corrono da quando erano piccoli. Ci stiamo muovendo nella giusta direzione, ma dobbiamo continuare a lavorare e speriamo di poter tornare presto in MotoGP”.
Pensi che il livello del MotoAamerica sia abbastanza alto da preparare i piloti per correre oltre confine?
“Sì, lo credo davvero. Penso che il livello dei primi sia molto alto in tutte le classi del MotoAmerica. La differenza più grande che noto tra noi e l’Europa e che negli Stati Uniti ci sono cinque o dieci piloti veloci, mentre qui ce ne sono 30 in griglia che sono molto veloci. Come dicevo, ritengo che il livello dei primi sia molto alto e penso di aver dimostrato anch’io in un paio di occasioni qui in Europa che l’America non è ultima. Siamo qui per combattere e fare altrettanto bene”.
Tu sei sicuramente uno dei prospetti più interessanti per il futuro del motociclismo americano. Senti di avere sulle spalle la pressione di un intero Paese?
“No, non sento questo genere di pressione. Non ci penso molto spesso. Quindi, sentirmelo dire è abbastanza scioccante! Io cerco di rappresentarmi molto bene e penso di mettere più pressione su me stessa di quanto non faccia chiunque altro. Quando scendo in campo, cerco di farlo per me e per tutti gli altri, senza preoccuparmi di nulla e facendo ciò che so fare”.
Come ti sei avvicinata alle moto?
“Mio padre ha corso in auto e in moto per 15 anni. Quindi, sono cresciuta stando in mezzo alle corse e guardando le riviste con mio padre e questo mi ha ispirata molto. Ho iniziato a correre in flat track quando avevo tre anni. Anche se in realtà mi ero già avvicinata ai go-kart, ma non mi piacevano molto. Quindi, sono passata al flat track, poi al motocross e ora gareggio in pista”.
Hai qualche idolo o qualche figura di riferimento?
“Nell’era attuale, Marc Marquez è sicuramente il mio preferito. In passato sono sempre stati Nicky Hayden e Ben Spies, ma guardavo Marquez anche quando ero piccola. Loro sono sempre stati i più importanti per me”.