Cosa hanno in comune Kevin Schwantz e Pecco Bagnaia? Entrambi hanno vinto 25 Gran Premi. Il primo in 500 e l’altro in MotoGP. Ecco, questa risposta basterebbe già, perché in effetti questi due piloti non hanno proprio niente altro in comune ma di certo entrambi sono già nella storia del motomondiale.
Da un lato c’è Kevin, un eroe di altri tempi. Un pilota che ha fatto parte della Golden Era dei piloti americani, che ha lottato ad armi pari con gente come Spencer, Lawson, Mamola e Rainey. Ha passato tutta la sua carriera in 500 in sella alla Suzuki, ha vinto un titolo iridato ed è sempre stato incline a seguire la politica del tutto o niente. Vittoria o caduta, rischio o nulla. Un metodo che ha messo a dura prova il suo fisico, tanto da portarlo al ritiro nel 1995 ad appena 31 anni. Vi ricorda qualcuno questa filosofia?
Kevin Schwantz: eroe di un'epoca
Ma quella era un’altra epoca, la maggior parte delle cadute avvenivano per highside e quando una 500 ti lanciava in aria, non lo faceva con delicatezza. Per quanto Kevin fosse bravissimo ad atterrare, ad attenderlo c’era pur sempre asfalto, ghiaia. Nelle vie di fuga….no, perdonate: non esistevano vere e proprie vie di fuga, quei piloti non fuggivano da nulla. Gli air fence? Fantascienza. Gli airbag nelle tute? Mica era la NASA.
Eppure Schwantz è entrato nel cuore di tutti, ha costruito una leggenda che non sarà mai scalfita e l’ha fatto con il suo coraggio, con il suo talento, con la sua rabbia sportiva. Quando al Mugello nel 1995 annunciò in lacrime il suo ritiro, forse non immaginava quanti appassionati stessero piangendo a loro volta osservando quella scena. Magari non avrebbe vinto mai più un Gran Premio, un titolo. Ma non sarebbe cambiato nulla, già aveva il suo posto nella storia e quell’addio dolceamaro non ha inciso minimamente sulla montagna di magnifici ricordi che già aveva regalato a tutti.
Qualche piccolo uomo potrà sottolineare che il suo unico titolo è arrivato anche propiziato dal terribile infortunio di Wayne Rainey e da un Mick Doohan che ancora non era tornato al top. Ma a questi rispondiamo candidamente che anche senza quel titolo iridato, Kevin sarebbe entrato lo stesso nella storia. Poi ricordiamo che quando correva Kevin, di gare all’anno se ne correvano 12, 13. Oggi siamo quasi al doppio.
Pecco Bagnaia: l'uomo del presente e del futuro di questo sport
Adesso passiamo invece a Pecco Bagnaia, che al momento è appaiato in classifica con Schwantz per quanto riguarda i Gran Premi vinti, ma ha al proprio attivo già tre titoli iridati. Pecco è figlio di un’epoca diversa, che richiede una guida diversa, un approccio diverso. I piloti di oggi sono degli atleti pronti ad affrontare anche gli olimpionici. Si allenano in tutti i modi, sono super seguiti ma hanno anche addosso una enorme pressione mediatica in più.
Quando correva Kevin secondo voi i piloti dovevano temere i Social, dovevano trattenersi dal commentare, esisteva il politically correct? Semplicemente no. Meglio, peggio…difficile dirlo, ma quello che invece facilmente possiamo dire è che per essere al top oggi serve una presenza mentale impressionante, una capacità di mantenere altissima la concentrazione anche quando tutto il mondo attorno a te cerca di distrarti. Immaginate anche solo lo stress che deve gestire Pecco oggi quando gli chiedono continuamente di Marc Marquez che sarà il suo compagno nel 2025.
Tra l’assalto dei tifosi, gli eventi con gli sponsor, le continue interviste, l’attenzione ad ogni singola parola pronunciata. Metteteci poi che Pecco è il campione in carica, ha riportato il titolo alla Ducati ed è cresciuto nella ‘scuderia’ VR46 per comprendere quanto sia diversa la giornata tipo di Pecco rispetto a quella che doveva affrontare Schwantz. Se poi passiamo all’argomento moto, il dibattito rischia di diventare feroce.
Le MotoGP attuali sono dei mostri di tecnologia. L’aerodinamica ne ha stravolto le forme, i Device hanno cambiato completamente la vita del pilota in sella. Hanno pulsanti da schiacciare ovunque e in tutto questo devono anche pensare a guidarla quella moto. Le 500 erano l’essenza della purezza su due ruote. Elettronica? Ma scherziamo? Pesavano pochissimo, avevano un range di utilizzo della potenza ristrettissimo ed erano pronte a far vedere da vicino il cielo ad ogni pilota ad ogni singola uscita di curva.
MotoGP e 500: ma davvero la prima è più facile dell'altra?
Non si tratta di pensare che una sia più facile o difficile dell’altra, perché semplicemente parliamo di due oggetti completamente diversi che richiedono al pilota attitudini diverse. Di certo serve precisione assoluta per entrambe, magari la MotoGP è meno pericolosa sotto alcuni punti di vista e per fortuna anche la sicurezza passiva ha fatto passi da gigante. Ma non è giusto sminuire il ruolo del pilota oggi, perché per portare una belva come quella al limite serve un talento smisurato, esattamente come serviva con le 500 dell’epoca di Kevin.
Ma perché abbiamo deciso di parlare di questi due piloti, che hanno in comune questo record e che probabilmente lo terranno in comune per ancora pochissimo, visto che Pecco di certo continuerà a vincere? Perché nel guardare il nome di Pecco e di Kevin uno vicino all’altro in questa classifica ha creato una sorta di corto circuito mentale, perché davvero non ci viene in mente nulla in cui questi due pur magnifici piloti possano essere paragonati. Ma adesso sono entrambi lì a quota 25 vittorie. Così simili, eppure così dannatamente diversi. Oppure, per dirla come Bono degli U2: così lontani, così vicini.