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MotoGP, La crisi Honda e Yamaha: le concessioni non bastano

L'ANALISI - A metà campionato le moto giapponesi rimangono il fanalino di coda dello schieramento e non riescono ad avvicinarsi alle migliori

MotoGP: La crisi Honda e Yamaha: le concessioni non bastano

Non c’è nulla di più spietato e sincero dei numeri per descrivere la situazione in cui si trovano Honda e Yamaha. Quando la stagione 2024 della MotoGp ha girato la boa della sua metà, le due Case giapponesi continuano a navigare in acque molto agitate. Nei primi 10 GP dell’anno Yamaha ha racimolato appena 53 punti, Honda addirittura 26. Anche escludendo l’imprendibile Ducati (in testa alla classifica costruttori con 352 punti), Aprilia (a 192) e KTM (a 178) sono imprendibili.

Questo è l’anno in cui hanno debuttato le concessioni, una misura decisa proprio per aiutare le moto del Sol Levante a corto di risultati, ma per il momento non hanno dato i risultati sperati. Era impossibile aspettarsi il contrario, perché un aiuto regolamentare non è una formula magica che possa risolvere ogni problema dall’oggi al domani. Soprattutto quando i guai ristagnano da tempo e serve una rivoluzione per risolverli.

Il motivo è noto: i costruttori giapponesi negli ultimi anni non sono stati capaci di innovare e nemmeno di capire dove stesse andando la MotoGP. Aerodinamica e abbassatori sono stati introdotti e sviluppati dagli europei, mentre Honda e Yamaha non hanno capito quando importanti fossero, riducendosi a copiare soluzioni già esistenti, spesso con dubbi risultati. Storicamente, a Tokyo sanno fare bene i motori e a Iwata i telai, ma ormai non basta più. Il risultato è nella tabella che vedete qui sotto, che riporta il distacco in qualifica, Sprint e gara del migliore pilota Honda e Yamaha dal più veloce.

Gap che si misurano con la clessidra più che col cronometro, con le Honda che non sono nemmeno mai riuscite a entrare in Q2 in nessun GP di questo 2024 (a differenza da Yamaha). I punti, però, si dannno in gara e anche in questo caso la situazione è imbarazzante. In una MotoGP che si gioca sul filo dei decimi, i distacchi si misurano in decine di secondi, anche nelle gare corte.

Il campanello di allarme più grave, però, è che sostanzialmente non si stanno riducendo. Non che la RC213V e la M1 non siano migliorate, ma gli avversari hanno fatto lo stesso. È il problema di chi segue: non deve solo ricucire il gap attuale, ma anche quello che i migliori creeranno nella loro progressione. Un passo avanti non basta, ne servono due se non tre.

Facile dirlo, difficile farlo. Yamaha ci sta lavorando aprendosi a collaborazioni esterne e molto italiane. Prima è arrivata quella con Marmorini per il motore, poi quella con Dallara per l’aerodinamica e infine l’ingaggio di Massimo Bartolini. L’idea è italianizzare il metodo giapponese, sfruttando i pregi dei due mondi. Logico che serva tempo e la situazione di Yamaha non aiuta a velocizzare il processo perché ha solo due piloti in pista e, da qualche tempo, nemmeno un collaudatore. Cal Crutchlow, infatti, dopo l’infortunio alla mano patito a maggio non si è più visto. Non ha partecipato alle wild card in programma al Mugello e a Silverstone (in quest’ultima è stato sostituito da Remy Gardner) e non ha più provato. Possono farlo i piloti ufficiali grazie alle concessioni, ma nemmeno Rins è in perfetta forma e Quartararo non può sobbarcarsi da solo tutto il lavoro.

Le cose sono destinate a cambiare nel 2025, con l’arrivo di Pramac come team satellite che consentirà di raddoppiare i piloti. Servirà però anche trovare un tester, veloce e di esperienza.

È quello che ha fatto Honda ingaggiando Aleix Espargarò. Buona mossa, ma sicuramente non decisiva. Fra le due Case giapponesi, quella di Tokyo è sembrata la più restia ad aprirsi a collaborazioni esterne. Così da inizio anno i box sono invasi da eserciti di giovani ingegneri, ma i risultati non si sono ancora visti. Si è spinto molto sullo sviluppo, però la maggior parte delle novità sono state bocciate. A detta dei piloti è l’aerodinamica il punto debole della RC213V, moto che continua a essere modificata tanto che i piloti sembrano stare perdendo la bussola.

Per Honda, come per Yamaha, serve trovare una direzione. Nel 2027 cambierà tutto con le nuove moto, ma rimangono due anni (e mezzo) ancora da correre e non possono continuare così. 

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