Cambiano i piloti, le moto, i circuiti, ma da più di vent’anni la voce della MotoGP in Italia è quella di Guido Meda. Piaccia o meno, i suoi tormentoni, il suo tono di voce sono legati a filo incrociato con la recente storia del motomondiale e anche nel 2024 sarà davanti al microfono, con al suo fianco Mauro Sanchini.
Guido, che anno ti aspetti?
“Mi aspetto la stagione che ci aspettiamo tutti. La Ducati rimarrà il riferimento e faccio fatica a pensare un pilota su quella moto che non possa andare sul podio".
Hai detto che non ci sono più i Fantastici 4, ma i Fantastici 10 o 11.
"Andare a ripescare i Fantastici 4 e dire che ora sono 9, 10 o 11 è una provocazione. Ho la sensazione che, rispetto alla generazione di Valentino e alle precedenti, dove i contenuti audio-visivi erano pochi, la gente abbia un po’ perso il senso di quello che abbiamo visto in questi ultimi anni. Togliere meriti ai Bagnaia, ai Martin, ai Bastianini, ai Bezzecchi non è secondo me tanto giusto, forse siamo rimasti un po’ nostalgici nella ricerca del personaggio. Cosa vuole dire? Ogni era ha il suo modo di essere personaggio. Probabilmente, un pilota che si comportasse come Valentino nei suoi primi anni di carriera oggi verrebbe fatto a pezzi. Ci sta che siano ragazzi più compassati, senza contare che sono aumentate le competenze e le attività da fare per essere un campione: l’alimentazione, la preparazione fisica, la conoscenza della dinamica del veicolo e dell’elettronica. Non è più come vent’anni fa, quando potevi fumare una sigaretta prima e dopo la gara”.
Tu racconti i piloti da più di vent’anni, ti sembrano cambiati?
“Secondo me, no. È cambiata la vita nel paddock, è aumentata la pressione mediatica, ma il pilota rimane la stessa cosa di prima. Magari non lo vediamo, ma se ci piace l’ "ignoranza" - come diciamo in gergo - non si è persa in nessuna di questi ragazzi. Bisognerebbe poterli vivere decontestualizzati dal loro ambiente professionale per capirlo e noi giornalisti siamo delle risorse per farli conoscere di più. Non sono cambiati i piloti, ma noi: quando ho iniziato avrei potuto essere il loro fratello maggiore, oggi il loro papà”.
La F1 è vista da molti come l’esempio da seguire, è davvero così?
“Andare a imitare la Formula1 per certi versi può fare bene, per altri finisce per snaturare la MotoGP, l’accessibilità dell’ambiente e dei suoi personaggi. Le cose vanno fatte con attenzione. Di sicuro il contorno può essere migliorato, le occasioni per comunicare quello che fanno questi ragazzi anche, detto che la MotoGP come business di confronta con una quantità di investimenti che è giocoforza inferiore a quella della F1”.
Si parla anche di ridimensionare Moto2 e Moto3.
“Credo che in un weekend di gara ci sia spazio per tutti, non bisogna sacrificarle. In una tv come la nostra non ci sono problemi, abbiamo un canale dedicato, più roba c’è e più sono contento. Però, effettivamente, pensare di tenere uno spettatore, che non sia iper appassionato, attaccato 6 ore allo stesso sport è difficile. Io sarei per lasciare più spazio tra la fine della gara di Moto2 e l’inizio di quella della MotoGP. Invece di mezz’ora vorrei un’ora e un quarto per raccontare storie, parlare di tecnica, tutte queste cose. Quel tempo ti aiuta a costruire, più bello è il pre-gara e più gente arriva e rimane per la partenza”.
Quanto può crescere ancora la MotoGP?
“Sul nostro mercato italiano i risultati dei piloti e delle Case italiane sono stati una mano santa che ci ha fatto rigenerare una parte degli ascolti che si era erosa o che rischiavamo di perdere. Dove possa arrivare la MotoGP non lo so, il mio compito è portarla il più alto possibile. La ricetta è raccontarla con amore e passione”.
A meno di due settimane da via del campionato, chi sono i tuoi favorito e outsider?
“Sarebbe sbagliato non dire che il favorito è Bagnaia, con 2 titoli mondiali alle spalle che vogliono dire tanta esperienza e tanta capacità di gestire tutto quello che significa essere un campione del mondo. Ha una moto molto buona e parte del suo miglioramento lo dobbiamo a lui. Come outsider, se possiamo definirlo così, per me è Bastianini. È ovvio che verrebbe da dire Marquez, ma immagino che Marc sarà sempre competitivo”.