“È un paddock che brucia tutto e subito…” Ci piace riprendere questa dichiarazione del nostro amico Alberto Martinelli, manager di Tony Cairoli, Bulega, Goggia e molti altri per identificare i tempi che corrono. Nelle ultime stagioni il paddock della MotoGP si è rivelato per certi versi una sorta di tritacarne con giovani appiedati già a metà stagione.
È il caso di Gardner, Lecuona, Petrucci, scaricati nel bel mezzo delle danze oppure di Bernardi e Baldassarri, se volgiamo lo sguardo in Superbike. Una dinamica molto simile si è ripetuta lo scorso anno in F1, dove Nick De Vries è stato lasciato a piedi da Alpine dopo sole 10 gare senza nemmeno concludere la stagione.
Per l’occasione abbiamo intercettato il pilota olandese a Città del Messico alla vigilia del round d’apertura del Mondiale di Formula E. Una lunga chiacchierata tra due e quattro ruote.
“Sono pronto per questa nuova sfida – ci ha detto – sono felice di ripartire con Mahindra dalla Formula E, un Campionato che mi ha lasciato bei ricordi, considerando il titolo vinto due anni fa con Mercedes. Sinceramente non so quali aspettative possa avere, visto l’ultima stagione, ma sono dell’idea che possiamo fare importanti passi avanti e crescere, senza però aspettarsi dei miracoli”.
Quanto è cambiato De Vries rispetto a quel titolo vinto con Mercedes?
“A dir la verità sto un po’ invecchiando (sorride), ma essere qua mi regala grande motivazione. Le ultime esperienze mi hanno infatti consentito di allargare gli orizzonti, cercando ampliare le mie vedute e maturare ulteriori esperienze”.
La tua avventura in F1 è durata solo 10 gare. Come accaduto in MotoGP a piloti come Gardner, Lecuona o Petrucci non ti è stato concesso il tempo per crescere o imparare. È vero?
“Penso che questa sia una tendenza che possiamo riconoscere a livello globale in qualsiasi tipo di disciplina e in qualsiasi tipo di settore. L'anno scorso ho letto una statistica su Bloomberg, secondo cui in tutto il mondo non sono mai stati licenziati così tanti amministratori delegati e di conseguenza il mondo sta cambiando. Il mondo è veloce, dinamico e noi abbiamo bisogno di fare presto. A volte ci troviamo in un ambiente che ci permette di crescere e di avere il tempo necessario per tirare fuori il massimo da noi stessi, ma non sempre è così. Se guardo alla Formula Uno, senza fare nomi, ci sono molti piloti che hanno avuto momenti difficili in certe squadre, ma poi sono passati in altre squadre diventando migliori. La responsabilità spetta quindi al management e alla gestione delle squadre, cercando di avere una cultura per identificare ciò che è più importante per ogni persona in modo da estrarre il suo massimo”.
Quanto è stato difficile lasciare il mondo della F1?
“Non è stato facile, però devi essere preparato mentalmente. Ogni pilota è preparato e già lo sa che deve adattarsi a una simile dinamica. Alla fine questo è il mondo, non solo dentro, ma fuori dal paddock, dove si viaggia velocemente ed è tutto in continua evoluzione. Non tutti però operano in questo modo. Dipende quindi dal tipo di ambiente in cui ci si trova e bisogna impostare le proprie aspettative di conseguenza. Cosa possiamo fare? Penso che ci sia poco da fare perché ognuno è diverso. Ogni squadra, ogni organizzazione è
Come ti immagini tra 10 anni?
“Preferisco non immaginarmi, ma rimanere focalizzato sul presente. Cerco solo di pensare al presente per godermelo al meglio. Non possiamo guardare troppo in là”.
Sappiamo che sei un appassionato di MotoGP. Che Mondiale ti aspetti?
“Mi aspetto un Mondiale certamente combattuto con degli equilibri diversi rispetto alla scorsa stagione. Marquez sarà un leone sulla Ducati e lo vedo a lottare per i primi posti. Sono però curioso di vedere anche Bagnaia, un pilota genuino e intelligente, che stimo e ammiro per la persona che è”.
E sull’Endurance… che sfida sarà quella con Ferrari?
“Sarà un Campionato Mondiale tosto, dove con Toyota cercheremo di confermare quanto fatto nell’ultima stagione. La Ferrari sarà certamente competitiva, ma non sarà l’unica vettura da battere”.