Dopo “Alex” e “Martinator, voluntad de hierro”, un nuovo documentario si aggiunge alla lista degli otto docufilm realizzati per quest’inverno da DAZN, con protagonisti alcuni dei più grandi piloti del mondo dei motori. Stiamo parlando di “Test Rider”, la produzione da 33 minuti dedicata a Dani Pedrosa e al suo lavoro di collaudatore della KTM. Un incarico che il catalano ha deciso di accettare al termine del 2018, quando ha salutato la MotoGP dopo 13 stagioni disputate con Honda.
“Volevo continuare a correre, ma ero stanco delle conferenze stampa, di dovermi giustificare sempre davanti ai giornalisti e di viaggiare in tutto il mondo per nove mesi all'anno” ha confessato il Piccolo Samurai, prima di raccontare un altro retroscena legato ai suoi anni da pilota della classe regina: “Quando correvo dicevo sempre: 'vorrei non avere così tanta sensibilità', non averla così sviluppata. Perché così non avrei saputo la metà delle cose e non mi avrebbero influenzato così tanto. Quando sei molto sensibile e ogni cosa è al suo posto, è fantastico, ma quando qualcosa ti influenza e te ne accorgi, ti condiziona. Avere un po’ di sensibilità in meno quando si compete non è una cosa negativa, perché così si possono trascurare molte piccole cose che accadono”.
Quello che è stato a lungo un problema, si è trasformato però in una grande risorsa non appena il 38enne ha deciso di accettare il ruolo di tester offertogli dalla Casa di Mattighofen.
“Fare il collaudatore mi è sempre piaciuto molto, l’ho fatto per tanti anni in Honda nonostante le gare. Con me c’era Mike Leitner, che è stato il mio capotecnico alla Honda per molti anni. La moto era in un periodo di evoluzione, iniziato nel 2017. È stato un processo che mi ha portato a entrare in KTM, e parte del mio lavoro nel primo anno è stata quella di evidenziare quali fossero i problemi e ordinare le priorità. Ce n’erano così tante che abbiamo stabilito che fino a che non avessimo ottenuto la prima, non avremmo potuto passare a quella successiva - ha spiegato Pedrosa - Quando sono arrivato eravamo molto meno numerosi. Quello che abbiamo fatto è stato crescere come azienda per poter raggiungere determinati obiettivi nelle gare. Alcuni reparti, come il motore o le sospensioni, sono dovuti crescere all’interno della fabbrica, in termini di personale, infrastrutture o ingegneri, per poter ottenere ciò che chiedevo. Ora sono più veloci, più efficienti e di qualità superiore”.
Un’organizzazione che ha permesso alla KTM di crescere notevolmente nel giro di pochi anni, arrivando a conquistare il suo primo successo in MotoGP con il trionfo ottenuto da Brad Binder in Repubblica Ceca nel 2020.
“L’anno in cui è scoppiata la pandemia, abbiamo portato una moto molto migliore. Qualche gara dopo, KTM ha ottenuto la prima vittoria” ha ricordato Dani, sottolineando l’importanza del suo lavoro: “Devi saper scegliere tra qualcosa di buono e qualcosa di cattivo. Bisogna analizzare bene ciò che si prova. Se gli ingegneri discutono su qualche aspetto della moto, devi avere ben chiaro che quelle decisioni sono molto importanti, perché poi si spendono molte risorse in quella direzione. Devi essere un buon leader e dire con certezza qual è la direzione giusta. Se si commette un errore e il progetto va nella direzione sbagliata, si penalizza tutto l’anno”.
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