Tony Arbolino vive il successo con leggerezza, fra una battuta e una risata. Tra pochi giorni varcherà i cancelli del Mugello da leader della Moto2, dopo 5 gare in cui è salito 4 volte sul podio, vincendone due. Eppure non si monta la testa, pensa solamente al prossimo obiettivo, senza dare nulla per scontato. La lunga pausa dopo Le Mans gli è servita per lavorare, non ancora per festeggiare.
“Ho partecipato a un paio di eventi, poi sono tornato a Barcellona e mi sono preparato - racconta il pilota del team Marc VDS - Non sembra, ma tre settimane sono lunghe, devi continuare a girare in moto per non perdere il ritmo. Così tieni allenati i muscoli”.
Hai anche avuto il tempo di pensare all’inizio di stagione?
“Dico la verità, sono così concentrato e fiducioso che sto vivendo semplicemente il presente. In altri anni ripensavo agli errori, a quello che avevo fatto, mentre adesso penso solo alla prossima gara. Sotto questo aspetto, ora ho una buona mentalità, mentre in passato facevo più fatica a gestire le cose”.
Quando sei cambiato? Dalla vittoria in Thailandia dell’anno scorso sembra che tu abbia voltato pagina.
“Quel GP è stato il punto chiave, ma il processo era iniziato prima. Dopo la gara di Misano con la mia squadra avevamo deciso di cambiare la moto e il nostro approccio al fine settimana, ci siamo detti che volevamo vincere e che potevamo farlo. Prima non c’era questa solidarietà fra noi, abbiamo cambiato strategia: abbiamo cercato di avere una moto che andasse bene un po’ dappertutto, poi io mi sarei adattato. Lo abbiamo fatto”.
Ha funzionato.
“Sono molto concentrato, sia in pista sia a casa. Voglio fare sempre di più, migliorare. Avere un team e un capotecnico che mi stanno dietro è molto importante”.
Quanto è importante la squadra per te?
“Con Lucio Nicastro mi ero trovato bene dal primo giorno, ma non eravamo veloci quanto volevamo. Durante la scorsa stagione abbiamo capito cosa ci serviva e da lì in poi siamo sempre migliorati. Ho capito come essere costante, che bisogna rischiare solo quando serve e questo mi ha fatto crescere. La nostra forza al momento è il gruppo che abbiamo formato e io mi sento veloce”.
Prima che iniziasse questa stagione in Moto2 si parlava solo di Acosta, non ti sei sentito sottovalutato?
“Preferisco che mi sottovalutino, che non si parli di me, io so cosa voglio e posso fare. Lo sento, ma dall’altra parte sono molto tranquillo perché so cosa so fare. Cerco solo di migliorare e andare avanti”.
Quanto è stato difficile arrivare a questo punto?
“Ho sudato tanto, ma ci sono stati anche tanti momenti belli, come nelle due ultime stagioni in Moto3. Ho sempre faticato il primo anno nelle due categorie, ma ora più passa il tempo e meno fatico perché avendo già passato certi momenti so dove e come devo migliorare. Cambiare squadra mi ha aiutato, io spingo tutti al massimo, chiedo tanto al mio team e loro fanno lo stesso con me, è quello che rende un gruppo forte”.
Cosa ripensi a quando ti guardi indietro? Vieni da Garbagnate, periferia di Milano, non esattamente la terra dei motori…
“Non so per quale motivo, io e mio padre abbiamo sempre saputo di essere fort, è una sensazione che ho sempre avuto. Avevo 6 o 7 anni, vedevo il Mondiale lontano, ma mi sono sempre visto come uno dei più veloci. Non era facile però venire da Garbagnate, partivamo venerdì in camper per andare in Emilia Romagna, il centro di tutto, dove c’erano gli altri piloti forti, e tornavamo la domenica a casa. Il lunedì andavo a scuola arrabbiato aspettando che arrivasse di nuovo venerdì (ride). Da piccolo ho avuto pochi fine settimana liberi (ride)”.
Che ruolo ha avuto tuo padre in tutto questo?
“Sono stato fortunato, ci ha sempre creduto. Ogni tanto glielo dico e lui mi risponde: come facevo a fare altro? Andavamo a correre ed eravamo i più veloci, non potevo non continuare (ride). Vedermi sempre con così tanta voglia gli ha dato la forza”.
Ora facciamo un salto nel tempo e arriviamo a Jorge Lorenzo. Come sei riuscito ad allenarti insieme a un campione del suo calibro?
“Non ci crederete, ma è stato lui a volerlo. Era il 2018, correvo in Moto3 e non ero salito ancora nemmeno una volta sul podio, vivevo ancora a Garbagnate e avevo iniziato a pensare che dovevo andare via, perché non riuscivo ad allenarmi come volevo, non stavo sfruttando il mio talento al massimo. Non sapevo come fare, ma la gara dopo ero in Malesia, stavo facendo un massaggio, ed è arrivato Jorge. Non me lo aspettavo, non mi conosceva nessuno. Mi ha detto che voleva allenarsi con qualcuno di veloce, che abitavamo vicini. Mi sono subito fiondato a casa di mia mamma a Lugano e ho iniziato ad allenarmi con il suo preparatore, Ivan, con cui lavoro ancora e con Jorge. Ho sentito molto questo suo gesto di venire da me, ho visto quanta voglia avesse di migliorare sempre, la sua mentalità. Tutto questo mi aveva colpito perché io dovevo ancora fare tutto nella mia carriera e non era possibile che non usassi il 100% delle mie potenzialità. Mi ha fatto fare un primo cambiamento, i risultati sono arrivati e da lì in poi è andato tutto meglio”.
Dopo Lorenzo, Quartararo: con lui lo scorso inverno sei andato ad allenarti in America.
“Conosco Fabio da più di 10 anni, ci siamo sempre visti magari per una cena, ma abitando distanti non avevamo tempo per frequentarci fuori dalla pista. Quando ho iniziato a muovermi di più, ci siamo incontrati spesso e abbiamo un rapporto molto ‘easy’. Mi piace perché non è mai cambiato negli anni”.
Cosa hai imparato da questi due campioni?
“Sono diversi, ma anche simili nel lavoro. Con Fabio ho molta più confidenza, è come un fratello, ma la sua mentalità è la stessa di Jorge: vogliono fare sempre di più. L’avevo anche io, ma non la stavo sviluppando nel modo giusto, mentre ora ci sono riuscito”.
Come ti descriveresti a chi non ti conosce?
“Potrei dire chi non sono (ride). Sono un ragazzo che ha sempre avuto obiettivi chiari, in questo momento vivo da solo senza nessun tipo di distrazione, sono in una bolla per raggiunger i traguardi che mi sono fissato. Sono un ragazzo tranquillo, con cui puoi parlare se lo incontri per strada. E poi? Sono un po’ matto (ride)”.
Qual è il primo pensiero se ti dico Mugello?
“Pochi giorni fa è uscita nei miei ricordi di Instagram la mia prima vittoria nel Mondiale, in Moto3, era il 2 giugno del 2019 al Mugello. Era stato un casino, mio zio era saltato giù dagli spalti e si era spaccato due talloni (ride). Era stato bellissimo. Poi ha tanti ricordi del passato, del CIV, e anche quello della prima volta al Mugello con la 125 Pre-GP. Arrivavo dai kartodromi, avevo 13 anni, c’era la nebbia, non sapevo nemmeno dov’ero (ride)”.
Cosa chiedi al pubblico?
“Spero che sia gasato e che ci creda come ci credo io”.