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Yamaha da regina a Cenerentola della MotoGP: 11 mesi senza vittorie

Nulla di quanto provato sulla M1 sembra funzionare, Quartararo e Morbidelli si affidano ai dati del passato e chiedono un cambio di mentalità per risalire la china

MotoGP: Yamaha da regina a Cenerentola della MotoGP: 11 mesi senza vittorie

Vi ricordate quando la Yamaha M1 era il sogno più o meno proibito di ogni pilota? Veloce ed efficace, sia nelle mani esperte di piloti che puntavano al titolo, sia in quelle dei debuttanti. Si diceva fosse una moto ‘facile’ - per quanto possa esserlo una MotoGp - buona per tutte le stagioni. Con lei Rossi e Lorenzo hanno scritto la storia, in tempi più recenti lo ha fatto anche Quartararo e persino Morbidelli ci è andato vicino. Tutto questo, però sembra appartenere al passato.

Dopo i primi 5 Gran Premi della stagione, la Yamaha è malinconica ultima nella classifica costruttori, dietro anche a quella Honda di cui si dice peste e corna. Ha 58 punti, poco più di un terzo della Ducati, poco più della metà della KTM. Nel bronx.

Che la M1 stia soffrendo non è una novità, se si pensa che la sua ultima vittoria in gara è datata 19 giugno 2022, al Sachsenring (praticamente 11 mesi fa). Dopo quella domenica, appena 3 podi: due lo scorso anno e uno in questo 2023, tutti di Quartararo. Cosa sia successo non è così facile dirlo. Perché, al termine di quel GP di Germania, Fabio era in testa al Mondiale e nelle prime 10 gare aveva vinto 3 volte e salito sul podio 5. Poi il buio.

A Iwata si sono accorti che qualcosa non stesse andando nel verso giusto e infatti hanno iniziato a collaborare con Luca Marmorini - ingegnere di estrazione F1 - per rivitalizzare il 4 cilindri in linea, unicum sullo schieramento della MotoGP. Intanto si sono dati da fare anche per migliorare un’aerodinamica di vecchio stampo. Infatti, per la prima volta da anni, nei test invernali il box blu era pieno di novità, fra ali assortite, telai e chi più ne ha più ne metta.

Quando però è venuto il momento di confrontarsi con gli altri nelle prime gare, la situazione non è cambiata. La M1 è veloce sul passo fin che è da sola, ma nel gruppo fatica. Inoltre, anche sul giro secco non brilla (il miglior risultato in qualifica è stato quello di Morbidelli in Argentina, 4°). A parte un podio di Quartararo ad Austin e i due quarti di Franco a Termas de Rio Hondo, è stata crisi nera.

Logico che fra i piloti serpeggi un certo nervosismo. “Non ha funzionato nulla di quanto hanno portato” ha sbottato Fabio a Le Mans riferendosi ai test di Jerez. Poi ha rivelato di stare affidandosi agli assetti del 2021, “non toccherò più nulla e se ci sono problemi mi adatterò” ha spiegato. Morbidelli, invece, sta usando il setup dello scorso anno: insomma nel 2023 non sta andando bene nulla.

Perché? La potenza è un punto chiave. Sono anni che i piloti cercano più CV, quest’anno sono arrivati, ma non bastano e hanno complicato la situazione. Perché da una parte l’erogazione è più aggressiva e sembra avere messo in crisi il proverbiale equilibrio della M1 ("la stabilità in curva era il nostro punto di forza, ora non lo è più" le parole di Quartararo) e dall’altra il miglioramento non è stato sufficiente per calcare la mano sull’aerodinamica.

Vedete che ali ha la KTM? Se le mettessimo sulla M1 perderemmo tanto in velocità” ha spiegato il francese. Infatti la configurazione sulla Yamaha è quella più ‘scarica’ della MotoGP, in un momento in cui ali, spoiler e alette fanno la differenza. Non fanno impennare la moto in accelerazione, la tengono stabile in frenata e servono anche in curva. È questa la chiave di volta su cui Ducati ha costruito i suoi successi e la strada che hanno seguito anche Aprilia e KTM. 

Oltre a motivazioni tecniche per il ritardo, ce ne sono anche altre più umane. La mentalità giapponese è molto diversa da quella europea, quando ci sono problemi i tempi di reazione sono più lenti (e infatti anche Honda ora fa sponda su Kalex). Sempre Quartararo lo ha detto a chiare lettere parlando del lavoro del collaudatore Crutchlow: “Cal ci sta aiutando a fare cambiare mentalità agli ingegneri”.

Anche la perdita del team satellite non ha aiutato, anche se di questo i piloti non si lamentano troppo. Del resto negli ultimi anni, con Dovizioso e Rossi a fine carriera e un Darryn Binder buttato nella mischia dalla Moto3, la seconda squadra poteva fare poco per la causa.

Ora, pero, Quartararo e Morbidelli si trovano con una M1 che è passata da essere la regina della MotoGP a una Cenerentola qualsiasi, perdendo tutti i suoi punti di forza senza averne guadagnato nessuno di nuovo. Si scava nel passato per trovare la strada per il futuro, un’operazione rischiosa quando tutti gli avversari continuano ad andare avanti.

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