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MotoGP, Marquez: "Correre a Jerez avrebbe potuto mettere fine alla mia carriera"

"Sono stato troppo ottimista, tornare a Le Mans è realistico ma non sicuro al 100%. La penalizzazione sub iudice? Per un pilota non c'è niente di peggio che perdere 3 GP"

MotoGP: Marquez:

Nelle ultime ore le illazioni su cosa avrebbe detto Marc Marquez nella conferenza stampa convocata a Jerez si sono sprecate. Colpa del fatto di avere cambiato per due volte l’orario e anche la location, dall’hospitality Honda alla sala conferenze del circuito, per poi tornare sui propri passi. Alla fine, il campione spagnolo non aveva annunci particolari da fare, ma solo aggiornare sulle sue condizioni fisiche.

“Ho deciso di parlavi perché questo è uno dei GP più importanti e speciali per me e per i miei sponsor - le sue parole - Sono stato troppo ottimista, ho pensato di potere guarire in 4 settimane dall’infortunio, mentre i dottori mi aveva detto che ne sarebbero servite dalle 6 alle 8. Io ho fatto tutto il possibile per correre qui, ma i risultati della TAC di martedì sono stati chiari”.

Qual è stato il responso?
Che sarebbe stato troppo rischioso provare a correre: me lo hanno detto i medici di Madrid, quelli della Clinica Majo e quelli del Red Bull Athlete Performance Center. ‘Una pazzia’ per usare le loro parole. A quel punto, con tre staff medici che dicono la stessa cosa, mi sono adeguato. Questa sera tornerò a casa per continuare la riabilitazione”.

Le esperienze del passato ti hanno convinto a non rischiare?
Se avessi corso avrei rischiato, ma quando 3 staff medici ti dicono la stessa cosa, lo devi accettare. Il pericolo non era quello di una caduta, ma che la semplice pressione del manubrio sul dito in frenata compromettesse il risultato dell’operazione. La frattura è piccola, ma mina la stabilità dell’osso e in ogni staccata avrei rischiato di infortunarmi di nuovo. Se fosse successo, non sarei stato semplicemente fuori per qualche mese, ma avrei potuto mettere fine alla mia carriera. Quindi, è stata una decisione facile quella di non correre”.

Dal 2020, hai perso più della metà dei Gran Premi.
“Non è stato semplice non essere in Argentina, su una pista che mi piace, ancora di più ad Austin, che amo, e poi qui, in Spagna. A parte questo, mo potrò aiutare Honda lunedì nei test, ma Rins e Mir sono due ottimi piloti e potranno portare avanti il progetto. L’obiettivo è correre a Le Mans, è realistico ma non sicuro al 100%, sarà la TAC a cui mi sottoporrò il martedì prima del GP a dirlo”.

Intanto non si sa ancora se sconterai i due Long Lap con cui ti avevano penalizzato a Portimao. Cosa ne pensi?
Onestamente no ho seguito molto la vicenda. Ero d’accordo con la penalizzazione, abbiamo firmato un documento, ma non so perché l’abbiano cambiata due giorni più tardi. È stato il team a fare appello, io pensavo al mio infortunio e tutto il resto è passato in secondo piano. Credetemi, non c’è penalizzazione peggiore per un pilota che perdere 3 GP.

Non ti hanno toccato nemmeno le critiche per quell’incidente?
“I contatti ci sono, ci sono stati e ci saranno. Nessun pilota vuole cadere o fare cadere qualcun altro, ma succede, è il motociclismo. Chi non lo capisce, non ha visto molte gare”.

Come riesci a essere motivato dopo tanti infortuni?
Non è questione di motivazione, ma di forza di volontà, di sacrifici. Mi sveglio ogni mattina alle 7, vado 2 ore in camera ipebarica, poi mi alleno: è il mio lavoro e continuerò a farlo perché è la mia passione che me lo chiede”.

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