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Petrucci: "MotoAmerica o SBK? Ho scelto il più difficile e dove mi pagano meno"

"Non ne potevo più della MotoGP, faticavo per arrivare 16°, ma la Dakar mi ha ridato la voglia di correre. A Jerez pensavo di essere pronto per il podio, a Portimao ero costantemente... lento. Ho solo bisogno di tempo"

SBK: Petrucci:

Cosa sto facendo? Una frittata. Poi metto in padella gli hamburger vegetariani… mi sa che ho sbagliato a fare la spesa!”. Danilo Petrucci è sempre il solito, schietto e ironico. Da pochi giorni è arrivato a Phillip Island (“Ho fatto il giro classico: spiagge e canguri, mi manca solo la pizza dalla Rosa”) ed è pronto per la un nuovo capitolo della sua carriera e della sua vita. Del resto, il Petrux negli ultimi anni non si è fatto mancare nulla, fra MotoGP, Dakar e MotoAmerica. La SBK è l’ultimo banco di prova per lui.

Danilo, perché l’hai scelta?
Volevo rimettermi alla prova in un Mondiale dopo che non ne potevo più di stare in MotoGP. Non ne potevo più perché mi impegnavo più di quando vincevo, ma ero 16° e non è facile da digerire. Per quel motivo avevo scelto di andare alla Dakar, di fare come gli elefanti che vanno a morire lontano dal branco”.

Invece?
Invece mi ha ridato una voglia di correre incredibile. Poi in America ho trovato un campionato molto particolare: bello ma da capire, bisogna entrare nella loro mentalità. Alla fine avevo due scelte, o continuare nel MotoAmerica o correre in SBK… ho scelto come al solito la cosa più difficile e in cui mi pagano di meno (ride). Non ho mai deciso in base ai soldi, quindi ho scelto il campionato più competitivo con la moto più competitiva”.

Quindi sarai sotto i riflettori…
Non mi aspetto nulla al momento, anche se è chiaro che voglio arrivare davanti. Il mio obiettivo è quello di vivere questa esperienza divertendomi, senza aspettative, come ho fatto alla Dakar. Se ci sarà un giorno di merda, lo accetterò, una cosa che nella mia carriera non sono mai riuscito a fare. Poi voglio vedere se posso vincere, mi piacerebbe essere fra quei piloti che ci sono riusciti in MotoGP e SBK”.

Come si sta a Phillip Island?
È bellissimo, perché era dal 2019 che non tornavo. Quell’anno andavo abbastanza forte, partivo in secondo fila, ma alla seconda curva mi ero lanciato sopra Quartararo… mi era dispiaciuto chiudere la mia parentesi australiana in quel modo (ride). Sono molto contento di essere tornato, ho tanti amici ed è bello rivederli”.

Domani inizieranno i test, sei pronto?
Ho preparato tutto, ho fatto le riunioni tecniche, ora devo solo girare. Ho bisogno di fare esperienza con le Pirelli, cercare di capirle, perché mi sorprendono ancora e non ho in mano la situazione. Il livello è alto, tanti piloti non hanno cambiato moto e hanno corso qui a novembre, mentre la mia ultima gara è stata con la MotoGP in Thailandia a ottobre, quindi per me saranno test di adattamento. Anche dalla gara non mi aspetto nulla, dovrò essere bravo ad avere pazienza se le cose non andranno bene”.

Chi non conosce bene i regolamenti si potrebbe chiedere perché c’è tanta differenza fra la Ducati Panigale che hai guidato nel MotoAmerica e quella SBK.
La moto è un po’ cambiata, ma più che altro sono le gomme a essere totalmente diverse. L’ultima volta che avevo usato le Pirelli era stato nel 2011, quando ero collaudatore Ducati: è un altro mondo. Hanno ottime prestazioni, hanno una costruzione totalmente diversa dalle Dunlop che usavo in America. La Pirelli dà molta confidenza, è una gomma che si muove molto ma ti fa sentire quello che sta succedendo. Anche la moto si muove diversamente: gli pneumatici sono l’unica cosa che tocca terra e sono un bel filtro per le sensazioni del pilota. Serve tempo”.

Pensavi ne servisse meno?
Dopo i primi test a Jerez pensavo di sì, credevo di potere giocarmi il podio. A Portimao, invece, sembrava che non avessi mai guidato prima: sono stato costantemente lento (ride). Non è da tutti, qualsiasi cosa provassi  non riuscivo né a migliorare né a peggiorare! Questo ti lascia un po’ imbarazzato, ti aspetteresti che provare qualcosa di differente ti dia sensazioni diverse, non solo in positivo, invece non cambiava mai niente”.

Hai capito perché?
Fortunatamente Ducati mi vuole molto bene, c’è molta attenzione nei miei confronti, e abbiamo analizzato insieme ai dati. Secondo loro non c’è molto di cui preoccuparsi, è solo una mancanza di confidenza. In molto tratti della pista ero simile a Bautista, ma in due o tre curve prendevo mezzo secondo in ognuna, una differenza imbarazzante. Sono io a capire cosa devo fare, perché la moto c’è”.

In quei test si è parlato molto delle prestazioni di Bautista, che ha girato vicino ai tempi delle MotoGP. Tu che hai grande esperienza sui prototipi, come te lo spieghi?
Le SBK sono moto molto veloci, hanno un po’ meno potenza ma in molte aree sono più facili da guidare. In una pista con tanti saliscendi come Portimao, dove devi controllare la stabilità della moto, avere più potenza è quasi un problema. Poi Alvaro sta guidando molto bene, si adatta bene alla carcasse molto morbida della Pirelli. Quando c’erano costruzioni più dure in MotoGP, piloti come lui e Pedrosa hanno faticato, ora le cose sono cambiate anche lì. Si è visto con Dani, nel 2021 in Austria era il pilota KTM più veloce. Sono gomme che devi capire e lo stesso vale per le moto”.

Come ti trovi da un punto di vista personale nel paddock della SBK? Come pilota sei nato nelle derivate di serie.
Ho rivisto tante persone che avevo conosciuto quando avevo più capelli neri (ride). Qui vedi ancora quei piccoli team che sono fatti di passione, ho rivisto gente nelle stesse squadre in cui li ricordavo e li stimo per il loro lavoro. Non che in MotoGp non ci sia passione, ma qui i budget sono diversi”.

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