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Yamaha tentata dal V4 in MotoGP per la M1: “Ci ragioneremo”

Dopo il ritiro della Suzuki, la M1 è rimasta l’unica ad utilizzare un 4 in linea in MotoGP contro la schiera di V4. Il 2023 sarà l’ultima spiaggia di questo motore? Sepang ci dirà probabilmente la verità

MotoGP: Yamaha tentata dal V4 in MotoGP per la M1: “Ci ragioneremo”

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Yamaha ha una lunghissima tradizione in fatto di motori 4 cilindri in linea 4 tempi. Un frazionamento più che tipico per le sportive di Iwata, che su questo tipo di propulsore ha basato il proprio prototipo in MotoGP sin dai primi passi. Il primissimo 4 in linea per quella che all’epoca era la neonata categoria top class del motomondiale, traeva le proprie origini dal motore che spingeva la Yamaha YZF R7 in SBK, una moto che incantava in pista con il solo Noriyuki Haga, che fu anche chiamato come parte in causa dello sviluppo della prima M1. 

La prima versione di quel propulsore non arrivava neanche alla cilindrata piena di 1000 cc, ma si fermava secondo fonti ben informate sotto il muro dei 900 cc. Addirittura il primissimo esemplare di M1 era alimentata da una batteria di carburatori, invece che da un sistema di iniezione elettronica. Gli iniettori arrivarono poco dopo, ma mentre la M1 continuava ad eccellere per quanto riguarda gli aspetti telaistici, la potenza massima restava un tallone d’Achille del progetto. 

Biaggi riuscì a vincere due gare nel 2002, salvo poi passare in Honda sotto i colori del Team Pons. Fu poi Valentino Rossi a portare lustro in MotoGP alla Yamaha nella sua epoca d’oro tra il 2004 e il 2009, con una tradizione poi continuata con Jorge Lorenzo ed i suoi tre titoli iridati tra il 2010 e il 2015. In seguito la M1 ha continuato a dimostrarsi competitiva, ma dal 2015 è arrivato un solo titolo con Fabio Quartararo nel 2021 ed in 20 anni di sviluppo ormai sembra palese che il 4 in linea sia destinato a lasciare il passo ai V4, come dimostra il resto della griglia di partenza. 

L’ultima carta giovata da Yamaha per tentare di salvare il suo propulsore si chiama Luca Marmorini, ex ingegnere di Ferrari e Toyota in Formula1 e grande motorista, chiamato a tentare di far fare il salto di qualità al motore della M1 prima di deporre le armi. Ma nel racing, la ragione è sempre di chi vince e per quanto in Yamaha vogliano restare legati alla tradizione, un cambiamento pare inevitabile nel medio periodo.

Il motore per la M1 2023 è stato protagonista di un ottimo debutto a Misano, regalando più di un sorriso a Fabio Quartararo e Franco Morbidelli. Il francese ha deciso di firmare con Yamaha anche per il prossimo biennio sulla base delle promesse fatte da Lin Jarvis & Co, ovvero di avere a disposizione una moto competitiva al pari delle migliori del lotto, cosa che in questo 2022 non è accaduta. 

Dopo il test di Misano è però arrivata Valencia e la seconda occasione per il francese di mettere alla prova il nuovo motore ed il bilancio è stato decisamente meno positivo, con Fabio che si è lamentato di non aver visto sostanziali passi in avanti e cancellando con un colpo di spugna le ottime sensazioni di Misano. A questo punto lo scenario riguardo il futuro sembra molto legato a quanto avverrà a Sepang con i primi test del 2023, perché in quella circostanza si dovranno deliberare i motori per la stagione e qualora in Yamaha non si riuscisse a mettere in pista un propulsore all’altezza dei rivali, diventerebbe davvero difficile per Quartararo e Morbidelli immaginare di lottare per il podio ogni domenica (anzi, ogni sabato e domenica, visto l’avvento della Sprint Race). 

Ecco dunque che le parole di Takahiro Sumi, Project Leader del progetto Yamaha in MotoGP, assumono un significato diverso all’alba dei test di Misano. 

“Sono coinvolto nel progetto MotoGP dal 2021, adesso sono il project leader del gruppo Yamaha ed è una grande opportunità per me. Naturalmente noi sappiamo di aver bisogno di migliorare la velocità massima sulla moto. Probabilmente non abbiamo ancora tirato fuori il massimo delle prestazioni dal nostro motore per molte ragioni diverse. Per esempio l’affidabilità, il suo carattere. Se ci focalizzassimo solo sulla velocità massima, il motore cambierebbe carattere diventando troppo aggressivo. Quindi dobbiamo ottimizzare tutto e non è facile. Lavoriamo su tutti gli aspetti della moto, dal telaio all’aerodinamica, cercando di non perdere equilibrio”.

Equilibrio. Ecco la chiave che ha permesso alla M1 di restare al vertice in questi anni, ma lavorando per aumentare la potenza della M1, il risultato ottenuto è stato di stravolgerla al punto che il solo Quartararo è riuscito a sfruttarla nel 2022, ponendo tutti gli altri piloti di Iwata in una situazione quanto meno complessa.  

“Non so se adesso la nostra moto sia più difficile - ha detto Sumi -  ma posso dire che è una moto con lo stesso concetto, che è diverso da quello dei nostri rivali. Noi dobbiamo ancora migliorare il nostro motore, arrivare al massimo del suo potenziale. Se quando ci riusciremo, capiremo che motori che non siano 4 in linea hanno potenziale maggiore, ci ragioneremo ed andremo nella giusta direzione”.

 

Il primo prototipo della M1

Il punto è che in ogni categoria del Motorsport determinate scelte tecniche hanno un limite che prima o poi viene raggiunto dal Costruttore. Pensiamo alla Ferrari in Formula 1, storicamente legata al 12 cilindri. Quando Renault iniziò a dominare con Williams, a Maranello decisero di ‘piegarsi’ al 10 cilindri, aprendo la strada al dominio di Michael Schumacher dal 2000. Introdotto nel 1996, quel motore faticò non poco per affermarsi al livello dei concorrenti, per poi diventare il riferimento. 

Ducati quando debuttò in MotoGP scelte subito di non tentare di sviluppare un bicilindrico, pur avendo un immenso know how in merito. All’epoca i ducatisti più ‘talebani’ presero malissimo la scelta di Ducati di schierare un V4, che all’epoca era in realtà un 4 cilindri a L caratterizzato dagli scoppi Twin Pulse, tesi a replicare il comportamento di un bicilindrico nei confronti delle gomme. Ma la storia ha dato pienamente ragione a Filippo Preziosi, con una moto che sin dal debutto nel 2003 divenne un riferimento per tutti per quanto riguarda la potenza massima espressa.  

Sepang ci dirà probabilmente se continuare con un 4 in linea contro la schiera di V4 possa essere la mossa vincente. Suzuki aveva messo in pista un motore fantastico in questa stagione, a detta di Mir e Rins un netto passo in avanti rispetto al passato. Quindi del margine c’è, ma resta da capire quanto sia grande. Abbandonare quel frazionamento per introdurre un propulsore completamente inedito comporterebbe anche uno sforzo economico non indifferente per la Casa, in un periodo storico in cui di certo i soldi non abbondano come in passato vista la congiuntura economica internazionale. 

Marmorini ha insomma un compito affatto semplice, con la responsabilità sulle spalle di permettere a Yamaha di restare legata alla propria tradizione motoristica. Se non dovesse riuscire nell’impresa di far compiere al motore della M1 il balzo in avanti tanto atteso, potrebbero aprirsi le porte per un’era completamente diversa per Yamaha. E’ il prezzo da pagare quando l’asticella si alza in modo impressionante ed in MotoGP è esattamente quello che sta accadendo in questi anni. Passare da lepre ad inseguitore è un attimo, tornare lepre potrebbe richiedere molto tempo e sforzi, come la Honda sta imparando molto bene a proprie spese. 

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