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SBK, Bautista: “Pochi credevano in me, potevo rimanere a casa, ma sapevo di essere un vincente”

“Sarebbe stato stupido non tornare in Ducati solo per orgoglio. Non basta però avere una Panigale V4 per vincere, ci vuole altro. In Honda ero triste e nel posto sbagliato, ho quindi chiesto a Ducati di tornare per conquistare il Mondiale”

SBK: Bautista: “Pochi credevano in me, potevo rimanere a casa, ma sapevo di essere un vincente”

A Mandalika Alvaro Bautista è riuscito a coronare la propria cavalcata trionfale, conquistando il titolo iridato in Superbike 2019. Dopo averlo mancato nel 2019, questa volta nessuno è riuscito a mettergli i bastoni tra le ruote, scrivendo la storia nelle derivate di serie.

“È stata una stagione incredibile – ha esordito – quattro anni fa ho iniziato a lavorare per questo titolo ed è un qualcosa di veramente incredibile. Con la squadra e tutto il gruppo di lavoro abbiamo fatto un lavoro eccezionali, coronato con il trionfo di Mandalika, di cui sono tanto orgoglioso”.

Rispetto alla prima avventura in Ducati molte cose sono cambiate.
“Nel 2019 non conoscevo la moto, le piste, così come le gomme. In questi anni ho accumulato maggiore esperienza e oggi eccomi qua campione del mondo. In questa 2022 ho cercato di imparare dagli errori del passato, evitando rischi inutili e anche ad accontentarmi in certi momento. Di sicuro la costanza si è rivelata determinante per arrivare alla vittoria”.

I numeri del 2022 parlano chiaro per Alvaro.
“In tutti i round sono sempre stato sul podio e l’unico errore che ho commesso è stato Donington in Gara 1. È stato un titolo difficile, perché il livello della Superbike si è alzato tantissimo e il valore dei miei avversari è evidente a tutti, dato che Torpak e Johnny hanno dato il massimo. Questo non è un punto di arrivo, ma uno stimolo a dare sempre qualcosa di più per il futuro”.

Ovviamente Alvaro non dimentica il passato.
“A 36 anni e con una carriera in MotoGP potevo anche permettermi di rimanere a casa. Dentro di me però sapevo di essere un pilota vincente, capace di poter dare ancora qualcosa al mondo delle corse e di divertirmi in moto. Alla fine è andata come speravo e questa è per me una gioia incredibile”.

Esattamente un anno fa, a Jerez, è ripartita la sua avventura in Ducati.
Quando ero in Honda non ero felice. Ero triste, perché non riuscivo a fare ciò che volevo e in sella alla moto non mi sentivo sicuro, infatti ero nel posto sbagliato. Nel primo test che ho fatto a Jerez lo scorso novembre ho ritrovato una moto diversa rispetto a quella del 2019, ma in sella alla Panigale V4 mi sentivo felice ed entusiasta, infatti ho pensato: “è questa la moto che voglio”. La Panigale V4 si è rivelata super e il team incredibile, dato che Aruba è una delle migliori squadre di sempre”.

Alla fine questo ritorno in Aruba è stato un bene per tutti.
“Sarebbe stato stupido non tornare in Ducati solo per orgoglio. Un anno fa parlai direttamente con Serafino e Cecconi, chiedendogli di tornare e anche loro erano intenzionati a volermi. So bene che pochi credevano in mano e ci sono state tante critiche per questo ritorno, ma io ero convinto del mio potenziale e di ciò che avrei potuto fare. Così è stato e penso che questo Mondiale verrà ricordato come quello del mio ritorno”.  

Ducati fa quindi doppietta: dopo la MotoGP ecco arrivare la SBK. Peccato che nelle derivate Alvaro sia l’unico a vincere con la Rossa.
“Non basta avere una Panigale V4 per vincere. La moto ha un grandissimo potenziale, ma bisogna saperlo tirare fuori. Ci vuole infatti metodo, cura, ma soprattutto l’attenzione verso i dettagli. Tutte queste cose messe assieme ti consentono di arrivare a vincere”.  

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