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MotoGP, L'evoluzione della specie Ducati: dalla bestia di Stoner al bisturi di Bagnaia

La Desmosedici ha scritto la storia della MotoGP negli ultimi 20 anni: da toro meccanico a bestia domata, la sua evoluzione in 7 modelli iconici

MotoGP: L'evoluzione della specie Ducati: dalla bestia di Stoner al bisturi di Bagnaia

Ducati nel bene e nel male ha segnato gli ultimi 20 anni di corse in MotoGP. Lo ha fatto con una moto da sempre diversa da tutte le altre, la Desmosedici GP (le due cifre che seguono l’acronimo indicano l’anno). Il suo primo papà è stato l’ingegnere Filippo Preziosi, che poi ha lasciato la sua creatura in buone mani, quelle di Gigi Dall’Igna, che condivide con il suo predecessore l’amore per il pensiero laterale e la capacità di stupire.

È stato un quinto di secolo ricco di successi e flop, in cui le moto uscite da Borgo Panigale hanno fatto spesso discutere, senza mai lasciare indifferenti. Le prime versioni erano quasi un toro meccanico, le ultime sono riuscite a unire la prestazioni alla facilità di guida.

Alla vigilia del GP di Valencia, in cui Bagnaia potrebbe laurearsi campione del mondo, ripercorriamo la storia della Desmosedici attraverso 7 modelli iconici.

Desmosedici GP03: dove tutto ebbe inizio

Telaio a traliccio, distribuzione desmodromica, tanti cavalli e una buona dose di ignoranza motociclistica: ecco la ricetta Ducati in salsa MotoGP. Il primo prototipo Made in Borgo Panigale rispetta tutti i dettami che hanno reso famosa la Rossa, compresa la bellezza. L’importante, però, è che la moto nata dalla matita di Filippo Preziosi e dei suoi uomini è veloce.

Tanto da permettere a Loris Capirossi di portarla sul podio al debutto nel GP del Giappone, mentre la prima vittoria arriverà a Barcellona, alla 6ª gara. Il buongiorno si vede dal mattino.

Desmosedici GP07: la bestia di Casey Stoner

Nel 2007 la MotoGP scende di cilindrata, passando da 999 a 800 cc, Ducati però non perde le sue caratteristiche. È veloce e difficile da essere domata, tanto che Capirossi raccoglierà poco con lei. L’arma segreta di Borgo Panigale però si chiama Casey Stoner, che riesce al contrario a interpretare alla perfezione la Desmosedici e a nasconderne i difetti grazie al suo talento.

È l’anno del titolo piloti e costruttori, tutto ottenuto alla quinta stagione nella classe regina. Una delle chiavi il passaggio da Michelin a Bridgestone nel 2005.

"All'epoca ero responsabile del progetto MotoGP della Ducati - ricorda Livio Suppo -  Durante la stagione ci sono state trattative con Sete Gibernau. Ha chiesto un sacco di soldi, che la Ducati non aveva. All'epoca era il secondo miglior pilota dietro a Valentino Rossi. Ma avrebbe potuto vincere due o tre gare all'anno, non di più. Era super costoso e la possibilità di vincere il campionato era quasi inesistente. Avevamo bisogno di qualcosa per mantenere felici gli sponsor e rinnovare i contratti, soprattutto quello che avevamo con Philip Morris. Così ho guardato i risultati delle altre squadre. Tamada ha guidato per Honda e ha usato pneumatici Bridgestone. È riuscito a vincere le gare e a salire sul podio. In alcune gare è stato un disastro, ma in altre è stato super veloce”.

Desmosedici GP09: addio traliccio, benvenuto carbonio

Ducati è sempre stata famosa per andare controcorrente, per puntare su soluzioni diverse da quelle di tutti gli altri. Nel 2009 la Desmosedici abbandona per sempre il telaio a traliccio, un marchio di fabbrica sia nelle corse che nei suoi modelli stradali, e al suo posto arriva una struttura monoscocca in carbonio.

Una soluzione unica in MotoGP e che sembra funzionare, almeno nelle mani di Casey Stoner, che con quella moto vince la prima gara in Qatar e altre 3 nel corso dell’anno, a cui si aggiungono altri 4 podi. L’australiano però è l’unico a saperla sfruttare e Hayden raccoglie appena un 3° posto nell’intera stagione.

Desmosedici GP12: Ducati diventa ‘giapponese’ con il telaio Deltabox

Valentino Rossi era arrivato l’anno prima a Borgo Panigale e i risultati erano stati tutt’altro che esaltanti. Ormai era chiaro che il progetto Desmosedici doveva essere rivoluzionato e il telaio era al centro dei problemi. Il monoscossa in carbonio aveva dei limiti e gli ingegneri decisero (nell’anno in cui si tornò alla cilindrata ‘piena’ di 1.000 cc) di uniformarsi alla concorrenza giapponese. Sulla Ducati MotoGP debuttò un telaio ‘tradizionale’, un doppia trave in alluminio. Ci si arrivò, comunque, per gradi.

I risultati non furono esaltanti, il Dottore racimolò appena 2 secondi posti, ma è stato l’inizio della rivoluzione. Anche perché Filippo Preziosi nel 2013 avrebbe lasciato la Ducati e, dopo il breve interregno di Bernhard Gobmeier, nel 2014 sarebbe arrivato Gigi Dall’Igna.

Desmosedici GP16: la prima Ducati con le ali

A Dall’Igna va il merito di avere rifondato il reparto corse di Ducati, dal punto di vista gestionale ancora primo che da quello tecnico. L’ingegnere veneto ha prima gettato le fondamenta e poi rivoltato la Desmosedici, spesso e volentieri con soluzioni innovative, come le ali. La GP16 è essere presentata con questi spoiler che faranno prima tanto discutere e poi diventeranno uno standard per tutti.

Il 2016 è anche l’anno del ritorno alla vittoria dopo 5 anni di digiuno: Iannone vince in Austria, Dovizioso in Malesia.

Desmosedici GP20: copiami se sei capace

Negli anni Dall’Igna e i suoi uomini hanno costantemente evoluto la Desmosedici senza perdere i suoi punti di forza (cavalleria e stabilità in frenata) e cercando di migliorare quelli deboli. La Ducati del 2020 è la prima con il sistema che abbassa il posteriore della moto durante il giro e sfoggia quanto l’aerodinamica si sia evoluta in appena 4 anni.

L’unica nota negativa furono i suoi risultati in pista, appena una vittoria a testa per Dovizioso e Petrucci in tutto l’anno, ma il progetto stava raggiungendo la sua maturità.

Desmosedici GP22: la perfezione esiste

Logico che il modello successivo sia sempre migliore del precedente, ma la Ducati 2022 è un capolavoro. Dopo qualche problema di gioventù nelle prime gare (risolti abbandonando l’abbassatore anteriore), la Desmosedici ha mostrato i muscoli. Con la GP22 Bagnaia ha già vinto 7 gare, una Miller, mentre 4 sono quelle di Bastianini, ma sulla GP21.

La Desmosedici voluta da Pecco sembra non avere punti deboli: la cavalleria è quella di sempre, la stabilità in frenata anche, ma ora sono aumentate anche guidabilità e maneggevolezza (grazie anche a una diversa carena, più piccola).

Sul giro secco è quasi imprendibile (15 pole in 19 gare) e in gara sa adattarsi a tutti gli stili di guida. L’unica domanda è: come faranno Dall’Igna e i suoi uomini a migliorarla ancora?

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