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SBK, Fogarty: “Con Kocinski, Edwards e Slight, ci odiavamo: era divertente"

“Inglesi, italiani e spagnoli non sembrano avere la stessa aggressività che avevano americani e australiani. Ora è tutto molto più politically correct. Dopo un weekend di gara, bevevamo qualche birra e tutto sembrava ok. Poi al lunedì pensavi: 'Odio ancora questi ragazzi, devo pensare alla gara della prossima settimana"  

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Si prospetta un finale di stagione combattuto nel Mondiale SBK, dove Toprak Razgatlioglu e Jonathan Rea dovranno rimboccarsi le maniche sin da Portimao, per cercare di contrastare la cavalcata del leader della classifica, Alvaro Bautista. Dopo l’hat-trick siglato in Catalunya, lo spagnolo arriva infatti in Portogallo con un bottino di 59 punti di vantaggio sul turco, primo degli inseguitori. Eppure, lo spettacolo regalato fin qui dal trio non sembra aver convinto fino in fondo Carl Fogarty, che vede la lotta per l’iride 2022 meno avvincente di quanto non fosse ai suoi tempi.

“Ci sono sempre grandi gare, sia nella mia epoca, sia prima di me, sia adesso” ha detto The King in un’intervista a The Classic: Silverstone, organizzata dal title sponsor Adrian Flux. “Credo si sia perso quel genere di personalità. Tutti sembrano essere molto carini adesso. Vanno tutti d’accordo e vanno a correre e in bicicletta insieme. Mi piaceva quando c’era più tensione e le persone non si piacevano molto”.

“Quando c'erano gli australiani contro gli inglesi e gli americani, credo che le nazioni di lingua inglese abbiano sempre avuto questa tendenza - ha spiegato -. Ma ora, per qualche motivo, non ci sono più molti australiani o americani. Nel Mondiale SBK ci sono tanti inglesi, italiani e spagnoli. Non sembrano avere lo stesso tipo di aggressività per litigare con te, o per vincere, o per dire ciò che pensano”.

“Non credo che nessuno di noi si piacesse davvero, a meno che non fossi solo io” ha continuato il quattro volte iridato in SBK, parlando degli anni in cui era protagonista delle grandi rivalità che hanno animato le gare delle derivate di serie.“Detto ciò, dopo un weekend di gara, la domenica sera ci ritrovavamo spesso nello stesso hotel, bar o pizzeria a mangiare qualcosa e a bere qualche birra e tutto sembrava ok. Poi al lunedì pensavi: 'Odio ancora questi ragazzi, devo pensare alla gara della prossima settimana”.

Una dinamica un po’ diversa da quella a cui si assiste ora nei weekend di gara. “Io odiavo tutti - ha detto ridendo Carl -. In particolare, non apprezzavo  non so perché, ma era così. Noi non andavamo a correre insieme, ci odiavamo. Era divertente. Erano dei bei tempi”.

Ma cosa è cambiato così tanto rispetto ad allora? “Adesso è tutto diverso - ha commentato Fogarty - Ora è molto più politicamente corretto. Forse i ragazzi non possono essere i personaggi che vorrebbero essere perché sono molto controllati dalle squadre, dagli sponsor, dai media - ovviamente i social giocano un ruolo importante in questo. Ma le gare sono comunque belle, ci sono degli ottimi piloti”.

Meno personalità, più elettronica

A essere mutata rispetto all’era di Foggy, tuttavia, non è soltanto l’attitudine dei piloti dentro e fuori la pista, ma anche il livello tecnologico delle moto, che ha ulteriormente contribuito a livellare gare e panorama.

“La tecnologia sulle moto è davvero incredibile. Una MotoGP è lontana un milione di miglia dalle moto con cui correvo io. Sulla mia moto tutto era meccanico, si regolava tutto con un cacciavite o una chiave inglese. Ora arrivi, il tizio collega il portatile e cambia tutto. L'elettronica della moto è incredibile” ha spiegato il pilota di Blackburn.

“Per me è difficile individuare chi è un pilota davvero in gamba o uno di talento, vista la bontà delle moto. So che i ragazzi si eccitano quando guardano la TV e dicono: ‘È fantastico, i primi 15 piloti sono raggruppati nel giro di un secondo’ e io penso: ‘Beh, c'è una ragione per questo’. Le moto sono così buone che è difficile per un pilota emergere come lo era nella mia epoca, o in qualsiasi altra epoca fino a oggi”.

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