Tornano d’attualità le wild card d’oltremanica in occasione nella quinta tappa del World Superbike 2022 a Donington Park. Oltre a Peter Hickman, come ampiamente risaputo presenzierà all’appuntamento casalingo anche Tarran Mackenzie, figlio di quel Niall che corse in squadra con Freddie Spencer in Honda. Seppur non al 100% della forma fisica a causa dei due infortuni patiti nella fase di preparazione della stagione, dopo un tribolato avvio il Campione in carica del British Superbike (dai lunghi trascorsi in madrepatria e nella Red Bull Rookies Cup) si accingerà a vivere il week-end d’esordio nella serie iridata, sulla R1 allestita da McAMS Yamaha riadattata alle specifiche internazionali.
Tarran, innanzitutto, come stai fisicamente? Nel precedente mese e mezzo hai preso parte a due round del BSB, con un sesto posto quale miglior piazzamento.
“Ancora non sono al top della condizione. Il primo infortunio risale a gennaio, quando sono caduto in Spagna lussandomi la spalla e fratturandomi la caviglia destra. In seguito all’operazione sono dovuto restare in sedia a rotelle - ha ammesso il 25enne - adesso però il dolore viene meno e mi sento forte quando vado in palestra oppure in bicicletta. Da maggio inoltre sono rientrato stabilmente nel BSB con sensazioni più che positive in vista del prosieguo della stagione, subito in lotta per la top-10, malgrado mi sia potuto allenare meno del solito”.
Doveva rappresentare la stagione della riconferma, all’opposto ti saresti mai aspetto una prima parte di 2022 così in salita?
“Sicuramente no (ride). L’infortunio in Spagna si è trattato di uno shock: è stato frustrante rimediarlo per una sciocca caduta. Sono comunque risalito in moto abbastanza in fretta, a fine marzo infatti mi trovavo già in pista per i test del BSB, a un mese di distanza dalla prima gara della stagione. Ero sereno e mi stavo riprendendo - ha proseguito - sfortunatamente sono incappato in un’ulteriore scivolata negli ultimi test precampionato a Silverstone, rimediando la frattura della caviglia sinistra: una mazzata. Di nuovo in ospedale, altra operazione e gioco-forza non ho potuto partecipare ai primi due round del BSB ed a quello di Assen da wild card nel WSBK. Il percorso di recupero fisico è simile dopo ogni infortunio, ma dispendioso psicologicamente, specie il mio”.
Inutile negarlo: infortuni a parte, il tuo desiderio era di approdare al WSBK. Recentemente sei stato al centro delle chiacchiere di mercato, con Yamaha prima e Team Go Eleven poi sullo sfondo.
“Inizialmente la mia intenzione era di guidare una Yamaha nel WSBK, ciò non è stato tuttavia possibile in quanto le squadre affiliate a Iwata non avevano più selle libere. Successivamente è emerso il possibile cambio di Go Eleven da Ducati a Yamaha, sarebbe stata la scelta ideale per entrambi e così facendo abbiamo iniziato a parlare - ha affermato - conosco da tempo dei meccanici dentro al team e il mio manager è Michael Laverty, cognato di Chaz Davies, portacolori di Go Eleven nel 2021. Alla fine, però, sono rimasti fedeli alla V4-R. Alcune cose sono più complicate di quanto si possa pensare. Nel BSB mi sento a mio agio e, prima di lasciarlo, voglio la certezza di abbracciare un pacchetto team-moto congeniale. Go Eleven e Ducati sono un binomio affiatato, basti vedere i risultati del recente passato e soprattutto quelli odierni con un debuttante come Oettl, ma semplicemente non lo ritenevo abbastanza per muovermi dal BSB, al momento”.
Ultimamente nel Mondiale SBK ci sono sempre meno piloti provenienti dal BSB o che non trovano spazio, tu sei un esempio calzante. Quale pensi che sia la ragione? Eppure, ci sono giovani interessanti nella terra d’Albione.
“Nel BSB c’è talento. In tutti i campionati ci sono quei piloti d’esperienza che solitamente prevalgono: Bautista e Rea nel WSBK oppure i vari Brookes, O’Halloran e Bridewell nel BSB. Quindi i talenti emergenti devono battagliare ferocemente per mettersi in luce. Fino a 10-15 anni fa probabilmente si prestava maggiore attenzione al campionato d’oltremanica, il grande salto veniva perciò naturale. Vedi Sykes, Rea, Camier e Haslam, soltanto per citarne alcuni - ha puntualizzato - oggigiorno invece i piloti del WSBK provengono da ogni parte del mondo. Rispetto al passato, ci sono meno wild card britanniche per via dei differenti regolamenti tecnici (nel BSB si utilizza la centralina unica MoTec priva di aiuti elettronici, ndr), ma il livello non si è affatto abbassato. Le case costruttrici sono impegnate in forma ufficiale o tramite le proprie filiali. Ci sono piloti in rampa di lancio che devono avere delle opportunità. Oltre a me, a breve il 20enne Rory Skinner disputerà un paio di wild card in Moto2 e sono convinto che, col giusto affiatamento, possa giocarsi le sue carte analogamente a quanto sta facendo Jake Dixon (vicecampione BSB 2018, ndr)”.
Riavvolgiamo un attimo il nastro: nel 2016 ti laurei al debutto campione nel British Supersport e l’anno successivo passi in corso d’opera al Mondiale Moto2 sotto le insegne di Kiefer Racing al posto di Danny Kent. Che cosa non ha funzionato in quella breve parentesi?
“Si è rivelato un autentico salto nel buio. Non conoscevo né la squadra, né la moto, né le gomme: nulla. A posteriori è stato un passaggio troppo prematuro, dopo appena un singolo anno e poco più nel British SSP, ma che all’epoca ritenevo di dover compiere. La Suter purtroppo non era la moto di riferimento. Forse con una Kalex sarebbe andata diversamente, forse no invece. Non potrò mai saperlo, anche se in generale non avevo alcuna dimestichezza con la categoria. Sebbene non abbia colto piazzamenti di rilievo, gareggiare in Moto2 è stato un onore e ammetto di essere maturato molto come pilota”.
Quindi l’aver debuttato nel 2018 nel BSB, e soprattutto il titolo del 2021, ti hanno conferito maggiore consapevolezza dei tuoi mezzi?
“All’esordio nel BSB volevo essere subito competitivo per cercare di lottare per il podio e la vittoria, sognando il WSBK. Fin dal 2018 difendo i colori del miglior team della griglia, McAMS Yamaha, che dispone di un supporto dalla casa madre rimarchevole. Anche il rapporto con il compagno O’Halloran è ottimo, nonostante un inizio non proprio idilliaco per quel famoso contatto a Silverstone 2019 (scherza). Sebbene sia più esperto di me, mi stimola a dare il meglio di me stesso. Lo stesso discorso vale per lui nei miei confronti. Entrambi siamo dei vincenti e spesso infatti battagliamo col coltello tra i denti fino alla bandiera a scacchi. L’atmosfera nel box nel 2021? Strana. Da mattatore indiscusso per la stragrande maggioranza della passata stagione, O’Halloran è poi incredibilmente scivolato un paio di volte in pieno Showdown, mentre io sono venuto fuori sulla distanza. Immagino che non sia stato un boccone da ghiotti per lui veder sfumare il sogno-titolo a poche gare dal termine, concludendo addirittura terzo in campionato. Lo reputo un grande uomo di sport, ha già metabolizzato l’accaduto e lo sta dimostrando in pista con 4 vittorie nelle ultime 6 gare disputate”.
Nelle vene della famiglia Mackenzie scorre autentico sangue motociclistico. Tuo fratello maggiore Taylor è stato campione British Superstock 1000 2016, mentre tuo padre Niall campione BSB nel triennio 1996-98, oltreché pilota ufficiale Honda della classe 500 nel mondiale. Specie quest’ultimo, dall’alto della sua esperienza, ti ha dato dei consigli utili su come tenere i nervi saldi in momenti di tensione simili alla finale di Brands Hatch 2021?
“In realtà non mi ha mai detto molto, in genere preferisce restarsene in disparte e lasciarmi fare il mio lavoro. Interviene esclusivamente nel momento in cui lo ritiene necessario. Avere un padre come lui è un grosso vantaggio, posso ritenermi fortunato. Ha trionfato nel BSB in tre distinte occasioni e durante la carriera mi ha sempre aiutato e continuerà a farlo. Come mio padre prima di me, anche io mi sono laureato campione nel BSB. Dopo essersi ritirato lo scorso anno, mio fratello invece è oggi team manager del neonato VisionTrack Racing Team in Moto3. Un ruolo inedito, ma che ricopre con tanta passione e dedizione”.
Quest’anno sono tornati nel BSB sia Tom Sykes che Leon Haslam, un rientro però più difficile del previsto per ambedue…
“Solitamente i piloti che rientrano nel BSB hanno ormai un’età avanzata, a carriera quasi conclusa. Penso al contempo a Giugliano anni or sono, mentre Redding aveva 27-28 anni quando ha vinto qui nel 2019. In alcuni casi, costoro tendono ad evitare di prendersi rischi inutili, dopotutto abbiamo un regolamento tecnico “particolare”, senza aiuti elettronici. Sykes e Haslam non hanno bisogno di presentazioni e sono certo che prima o poi arriveranno dove meritano di stare. Razgatlioglu nel BSB? Sarebbe senz’altro veloce alla luce del suo talento sconfinato. Il suo team manager, Paul Denning, vanta trascorsi nel BSB, magari questo week-end cercherò di convincerlo a far correre Toprak da wild card alla finalissima di Brands Hatch”, ha scherzato.
Le wild card mondiali si prospettano fondamentali per il tuo futuro agonistico. Quali sono le tue ambizioni per il 2023?
“In questo momento sono focalizzato sulle wild card mondiali e sul BSB, dove l’obbiettivo resta accedere quantomeno allo Showdown. Come nella vita, anche nel motociclismo devi avere una buona dose di fortuna, specie quando ci sono i valzer di sella. Sono il campione in carica del BSB e non nego di sentirmi pronto per il WSBK. Non ho un contratto firmato per il BSB 2023, quindi se si creano i giusti incastri e i team del Mondiale si interessano, non ci penso due volte a salire su quel treno. Quel che conta però è pensare a me stesso ed essere competitivo in ambedue i fronti, a cominciare da questo week-end. Passato Donington capirò meglio il mio futuro”.