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MotoAmerica, Petrucci: "Il futuro? Di certo non lascerò di nuovo la Ducati"

"Non ho deciso ancora niente, farò la wild card in SBK e poi valuterò. Devo ancora capire cosa voglio fare, ma dopo la Dakar mi piacerebbe correre anche a Daytona ed alla 24 Ore di Le Mans"

MotoAmerica: Petrucci:

Danilo Petrucci continua la sua avventura in MotoAmerica, ma quasi nessuno considera il suo futuro negli Stati Uniti. In tanti lo rivogliono infatti in Europa, magari nel mondiale SBK, ma il pilota ternano ancora non ha preso una decisione in merito e resta un vulcano di idee. La wild card di Portimao chiarirà quale possa essere il suo livello nel mondiale, ma Danilo deve fare prima di tutto una scelta di vita e poi una sportiva. 

In una intervista rilasciata ai colleghi di Crach.net, Petrucci ha affrontato moltissimi argomenti, spaziando dalla sua avventura alla Dakar al debutto in MotoAmerica, fino alle suggestioni sul suo futuro, che nei piani di Danilo sarà in ogni caso legato alla Casa di Borgo Panigale. 

"L'anno scorso ero stanco di tutto e sapevo che passare al mondiale Superbike avrebbe comportato più o meno la stessa pressione che avevo in MotoGP. Non volevo ritirarmi, ma solo godermi le corse senza questo tipo di pressione. Per questo motivo, ho provato la Dakar, solo come esperienza e per vedere se fossi in grado di farla. È stato davvero qualcosa di incredibile. Inaspettato. Non ho ancora le parole per descriverlo, la Dakar è così difficile che è difficile anche da descrivere! Soprattutto perché era il mio primo rally, e ho iniziato proprio con quello più difficile!".

Divertente un aneddoto raccontato da Danilo. 
"Hanno inviato il luogo, in un gruppo WhatsApp, che si trovava a circa 120 chilometri dal nostro hotel nel mezzo del deserto fuori Dubai, alle 6:30 del mattino. Dovevamo fare uno shooting fotografico. Ho chiesto: "Devo portare con me l'attrezzatura da guida?". E loro mi hanno risposto: 'Sì, devi andarci con la moto'!Lo dico solo per spiegare che la mia conoscenza del rally era completamente pari a zero!".

Danilo ha anche spiegato quanto non fosse esattamente ben voluto dagli uomini sul campo di KTM. 
"Durante i test, alcuni membri del team di rally non mi hanno trattato bene. Ho capito che ero un problema, perché immaginate di avere una squadra di sette piloti ufficiali e a settembre i vostri capi decidono di fare un'altra moto. Significa costruire un'altra moto, avere altri pezzi di ricambio, un altro furgone, cercare un altro meccanico, tutto per un pilota che non sa se alla prima duna cadrà e si farà male. Quindi durante i test ho avuto la sensazione di non essere il benvenuto! In poche parole. Anche per quanto riguarda la moto, l'assetto e l'organizzazione della gara, sono stato lasciato solo. Per questo motivo, ho trascorso molto tempo con i miei compagni di squadra, che dal primo all'ultimo mi hanno aiutato molto. Tutti loro si sono presi cura di me e alcuni membri della squadra mi hanno accolto in modo positivo. Ma il problema è successo con uno dei capi, il giorno in cui mi sono infortunato in mezzo al deserto e ho fatto 160 chilometri con il perone e l'astragalo rotti. Questo tizio è venuto da me e mi ha detto: 'Ti ho detto che questo sport non è per le femminucce'. Io ho risposto: 'Lo terrò a mente'".

Dopo la Dakar ecco l'avventura in MotoAmerica. 
"Ho iniziato a pensare: 'Ok, forse andare in America è divertente, posso vedere un altro continente, un altro paese. Sicuramente la pressione è minore. Ho capito che le piste sono molto diverse da quelle a cui sono abituato in MotoGP. È come andare nel British Superbike, dove devi conoscere bene le piste, perché sono molto accidentate, con diversi tipi di asfalto e curve che non ho mai visto prima. Ma è un buon mix perché si trova nel mezzo, tra divertimento e pressione/prestazioni! La mia moto MotoAmerica è simile alla Ducati del Mondiale Superbike, la differenza principale sono i pneumatici Dunlop, che non avevo mai provato prima".

Danilo ha anche parlato del livello di sicurezza nel MotoAmerica, perfettibile secondo il pilota Ducati. 
"In MotoAmerica, a volte devi affrontare le curve più lentamente di quanto potresti, solo perché magari ci sono due o tre tipi di asfalto e il muro è così vicino. Si pensa: 'Non posso spingere in questa curva, dove potrei guadagnare forse uno o due decimi, perché se cado posso farmi molto male. Non si può andare il più veloce possibile in un punto così rischioso. Si tratta quindi di un approccio diverso e di un diverso livello di pericolo, ma dopo la MotoGP tengo molto alla sicurezza dei piloti e delle persone. Certo, la Dakar è molto, molto pericolosa e quando mi lamento degli standard di sicurezza in MotoAmerica tutti mi dicono: "Ma dai, hai vinto una tappa della Dakar e ora ti lamenti di questo? Ma è completamente diverso, perché alla Dakar quando qualcosa non è chiaro, se non sai cosa c'è oltre il precipizio, puoi frenare e guardarti intorno. Il pericolo arriva se pensi di avere la situazione sotto controllo e ti schianti ad una velocità così elevata".

Infine Petrucci ha parlato del proprio futuro, su cui deve ancora fare chiarezza. 
"Non voglio lasciare di nuovo la Ducati e al momento la Ducati non ha una moto da Dakar! Vedremo, devo capire cosa mi rende felice. Mi piacerebbe provare a vincere la 200 miglia di Daytona, o la 24 ore di Le Mans, forse in futuro proverò a partecipare a qualcuna di queste grandi gare!".

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