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Agostini: "Non mi piacciono queste MotoGP, la potenza va gestita col polso"

VIDEO - Giacomo ospite speciale del nostro Bar Sport: "il campionato non è chiuso, lasciate tranquillo Bagnaia. Hailwood era un singore, Read ti attaccava in pista e fuori"

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Ieri il nostro Bar Sport ha avuto un ospite speciale: Giacomo Agostini, che ha appena festeggiato i suoi 80 anni. Il 15 volte campione del mondo ha chiacchierato con il nostro Carlo Pernat nella puntata che potete rivedere integralmente qui sopra, parlando della sua carriera, con tanti aneddoti, ma anche del presente della MotoGP.

Una mezz’ora con tanti contenuti, qui sotto ne trovate solo alcuni.

“Per i miei 80 anni più riconoscimenti di quando vincevo i Mondiali”

I miei 80 anni? Da una parte sono triste perché sono tanti, dall’altra se non ci fossi arrivato sarebbe stato peggio. Non pensavo di ricevere tanti messaggi, alcuni mi hanno fatto venire le lacrime agli occhi. Neanche quando vincevo i Mondiali ricevevo tanti riconoscimenti, chissà a cent’anni cosa mi faranno! (ride) Sono partito con la tuta nera e ho finito con la tuta colorata e con gli sponsor. Ho attraversato un periodo di cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza. Sono stato la settimana scorsa al Tourist Trophy e mi sono detto che ero matto a correrci, ma quando sei giovane non pensi al rischio”.

“Non dimentico quando persi il titolo a Suzuka, ma neanche la mia prima gara sulla Morini”.

Il ricordo più brutto è quando nel 1965, a Suzuka, avrei potuto vincere il titolo se avessi vinto la gara. Sono stato campione del mondo per più di metà gara, finché non si è staccato un filo del condensatore e ho perso il titolo. Eravamo io e 3 meccanici contro tutte le Case giapponesi, Hailwood, Taveri, Read. Sarebbe stato il mio primo titolo e l’ho perso, abbiamo pianto”.

Non voglio dimenticare la mia prima gara con una moto comprata a rate in cui sono arrivato 2° su 40 partenti. Ho poi vinto la Bologna - San Luca e il Commendator Morini mi offrì una moto e 200.000 lire al mese. Poi naturalmente il titolo del 1966 a Monza davanti a 130.000 persone, mi hanno portato in trionfo, ma solo il giorno dopo, a casa, guardando i giornali, mi sono reso conto di essere campione del mondo e ho pianto. Infine, il momento in cui ho lasciato la MV Agusta, è stato un sacrificio, per andare in Yamaha, sapevo di doverlo fare se volevo ancora vincere. Ho imparato a guidare le 2 tempi e ho vinto a Daytona, è stata una grande soddisfazione perché qualcuno, non tanti per fortuna, pensava che non avrei più vinto senza la MV”.

“Il campionato è aperto, bisogna solo lasciare tranquillo Bagnaia”

La moto più bella è quella che ti fa vincere, come hanno fatto con me la Morini, la MV, la Yamaha. Come faccio a scegliere? Enzo Ferrari diceva che l’auto è bella quando vince e aveva ragione. Ora è la Ducati a fare grandi cose, hanno schierato 8 moto e nessuna di loro sfigura, andare contro i giapponesi non è mai facile. Poi adesso è arrivata in Aprilia, lavoravo insieme ad Albesiano in Cagiva. Ducati ha qualcosa in più in questo momento. Vincere un Mondiale poi non è mai facile, c’era un Marquez che dominava, adesso abbiamo però degli italiani che stanno andando benissimo, come Bastianini e Bagnaia, e spero che Morbidelli torni. Io ritengo il campionato ancora aperto, ci sono ancora tante gare. Forse hanno spinto troppo Bagnaia quest’inverno, bisogna lasciare tranquilli i piloti, senza dare responsabilità.

“Le MotoGP di adesso non mi piacciono: togliamogli potenza e aumentiamo lo spettacolo”

Non mi piacciono queste MotoGP, io toglierei un po’ di potenza, perché non è quella che dà lo spettacolo e rende tutto più pericoloso. Senza contare che toglie la gioia del pilota di gestirla con il polso invece di affidarsi agli aiuti elettronici. Con meno cavalli gli incidenti sarebbero meno pericolosi e ci sarebbe più spettacolo, la lotta è bella anche in Moto2 e in Moto3, a prescindere dalla potenza perché lo spettacolo lo fanno i piloti”.

“Il mio segreto? Ero un rompiballe”

Devi avere il dono che ti dà madre natura, ma poi lo devi coltivare. Quando ho avuto la moto per vincere, ho pensato che anch’io avrei dovuto essere al 100%. Sono stato sempre molto pignolo, avevo i miei bigliettini in cui segnavo tutto, e questo mi ha aiutato a vincere. Per esempio, mettevo un piccolo pezzo in alluminio nel comando del gas perché fosse più rapido o coprivo le feritoie dei freni quando pioveva perché non entrasse l’acqua. Ero un rompiballe, ma i meccanici hanno capito che era un vantaggio per tutti. Studiavo le piste la notte in auto per vedere ogni avvallamento, per preparare il Tourist Trophy sono stato lì tutta l’estate per impararlo.

“Hailwood era un signore, Read cercava di distruggerti psicologicamente”

La rivalità c’è sempre stata, non ho mai avuto veri amici tra gli avversari, ma Mike Hailwood è stato un grande signore. Mi ricordo quando ero in testa al TT in 500 nel 1967, stavo riuscendo a batterlo, avevo 8 secondi di vantaggio e mi si è rotta alla catena. Al box Mike mi ha abbracciato e mi ha detto che ero il vincitore e mi ha invitato alla sua festa. Lottavamo in pista, ma con rispetto. Phil Read era invece quello più scaltro, cattivo, ti attaccava anche psicologicamente. Un giorno è uscito dall’ufficio del Conte Agusta e mi ha fatto vedere un pacco di soldi, ma solo la prima e l’ultima banconota erano vere, il resto era tutta carta. Voleva farmi credere che fosse amato più di me, ma ho capito e gli presi la mazzetta e vedi tutti i fogli bianchi”.

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