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Bambini in moto, il segreto per non farli addormentare

La sicurezza per i passeggeri più piccoli passa anche dal rischio sonno. Un interfono consente di rendere l’esperienza più piacevole, tenendo tutto sotto controllo 

Moto - Test: Bambini in moto, il segreto per non farli addormentare

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Foto di Christian Corneo

Abbiamo recentemente parlato di interfoni proprio con una recensione di due modelli Cardo (qui trovate articolo e video). Se i prodotti sono cresciuti sul fronte tecnologico, toccando livelli molto elevati, anche quelli non recentissimi o più basilari, possono comunque offrire funzionalità che consentono di fare ciò che vi mostriamo in questo articolo, che potrebbe essere un trucco semplice per incrementare la sicurezza in moto con i più piccoli. In passato avevamo già affrontato il tema dei bambini in moto, concentrandoci soprattutto sull’età minima (qui trovate il nostro articolo).

In quell’articolo avevamo affrontato anche il rischio sonno, indicandolo come una delle questioni fonte di potenziale pericolo. Chi ha dei figli sa che un giretto in auto è il miglior modo per farli addormentare, ma anche in moto la cosa è similare, perché spesso concilia il sonno (a volte anche di passeggeri adulti, tra l’altro). Se quindi dopo aver iniziato a portare vostro figlio o figlia in moto o scooter per brevi spostamenti cittadini, volete avventurarvi in viaggi più impegnativi, il tema di questo articolo diventa tutt’altro che banale o secondario.

QUANTO È BELLO ANDARE IN MOTO CON PAPÀ!

Spesso mi capita di partire per il week end in moto, mentre mia moglie e mia figlia lo fanno in auto. Si approfitta del fine settimana per completare una prova, con un utilizzo anche più “normale” ed approfondito del mezzo, rispetto ad un test effettuato in modo veloce e limitato ad alcuni specifici contesti. La piccola Beatrice è sempre più parte attiva dei test in moto del papà, non vede l’ora di salire sulle moto non appena arrivano in prova e da tempo ha iniziato a chiedere di farci un bel giretto. Da un lato ci sono tutte le valutazioni che i genitori devono fare legate alla sicurezza, che sono soggettive e personali, dall’altro c’è il fatto che da appassionato, andare in moto con un figlio è una gran bella soddisfazione. Si condivide la passione e sono esperienze uniche per entrambi. Beatrice ormai da tempo e senza aver avuto alcuna indicazione di farlo, in curva si sposta con il peso all’interno e si sente un po’ motociclista anche lei. La sento partecipe, ma soprattutto è consapevole che debba sempre tenersi con le mani e mantenere una posizione sicura. Tutto bello, ma in alcuni frangenti la preoccupazione può prendere il sopravvento e rendere il tutto decisamente meno piacevole per un padre. Nello specifico, a parte i rischi legati alla circolazione stradale che purtroppo vanno gestiti e con cui occorre sempre confrontarsi, una delle cose che non è possibile tenere sotto controllo costantemente, è proprio il sonno di chi è passeggero alle spalle del guidatore.

RISCHIO SONNO NON TI TEMO PIÙ

In moto le mani durante la guida sono sul manubrio, i caschi impediscono o quasi di parlarsi, ma il rischio che fare il passeggero sia così bello da rilassarsi troppo, è tutt’altro che teorico. Detto fatto, mia figlia dopo una lezione di nuoto di qualche mese fa, era entusiasta di essere accompagnata a casa in sella ad una moto, peccato che è bastato percorrere poche centinaia di metri per accorgersi che si stava addormentando. Per fortuna sapevo che sarebbe potuto accadere e stavo andando a velocità ridotta, con il braccio sinistro a tenerla. Successivamente ho così evitato di intraprendere viaggi che andassero oltre il piccolo spostamento cittadino, fino a pochi mesi fa. Proprio durante uno dei week end con la mamma in auto ed il papà in moto, Beatrice ha chiesto di fare un giro con me, ci ha preso gusto ed abbiamo percorso insieme circa 60 km per rientrare a casa a Milano. Ci siamo accordati per un sistema per controllare che fosse sveglia: ogni volta che le toccavo la gamba con la mano, lei doveva stringermi con forza. Inutile dire che dopo un viaggio passato a controllarla, ho ovviamente valutato come poter gestire più comodamente la cosa e l’unica soluzione percorribile è proprio usare un interfono. A disposizione avevo un paio di sistemi Bluetooth installati in caschi di marchi differenti, utilizzati solo ed esclusivamente per abbinarci il cellulare e sfruttarne le funzionalità di vivavoce. Ero convinto però, ammetto la poca esperienza in merito, che per utilizzarli come interfoni ne servissero due compatibili e della medesima marca.

In realtà sono quasi tutti “Talk to all”, caratteristica che consente di comunicare appunto con dispositivi di marchi differenti. Nello specifico si trattava di un N-COM di Nolan e di un Caberg Just Speak, sviluppato per l’azienda bergamasca da Sena, uno dei principali produttori proprio di questi sistemi di comunicazione. Trasferito quest’ultimo in un casco della taglia di mia figlia, un Caberg Riviera V4, di un “carino” (a detta di Beatrice) azzurro opaco, ho cercato i due manuali ed ho effettuato l’abbinamento. Pochi passaggi, nulla di complicato e una tantum, perché per i successi utilizzi basta accendere i due sistemi ed aprire la comunicazione da uno dei due. Ovviamente si possono avere a disposizioni servizi e funzioni diverse in base alla scelta che si fa. Acquistando una coppia di dispositivi identici, questi andranno ad interagire al 100%, sfruttandone a pieno tutte le specifiche e, ad esempio, si potranno mettere in comunicazione simultanea anche più di due caschi, parlando quindi non solo con il passeggero, ma anche con altri su moto diverse. A noi però al momento interessa soprattutto parlare con la piccola Beatrice, in primo luogo per controllare che non si addormenti, ma scoperto questo nuovo “gioco” l’esperienza da passeggera si è fatta anche più piacevole e divertente. Ora quando siamo in moto insieme si può parlare, ma lei inizia anche a cantare, a fare domande su ciò che vede lungo il percorso e non serve fare nulla per tenerla sveglia, perché è sempre attiva ed attenta.    

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