Quando entri nel paddock del BSB, ti senti proiettato indietro di almeno 20 anni. E non parliamo di sentirsi in un mondo arretrato, lontano dagli attuali standard del mondiale. Il punto è che anche solo avvicinandoti all'ingresso della pista l'atmosfera che si respira è totalmente diversa rispetto a quella che si vede nel mondiale oggi. Vedi famiglie composte da genitori e figli piccoli che entrano nel paddock portando magari un pezzo di una moto da farsi autografare, qualcun altro che si porta una gomma posteriore già firmata da tanti piloti e che cerca l'ennesimo prezioso autografo.
Magari incontri John McGuinness che è una leggenda vivente del TT e che sempicemente si ferma a parlare e scherzare con chiunque, con una tranquillità che immagini di vedergli nel suo giardino di casa. Poi c'è Conor Cummins, che corre in Superstock per pura passione e che magari qualcuno ricorda per quel volo incredibile al TT con la sua Kawasaki sul Mountain. I meccanici sono tutti impegnatissimi, le moto sono curate, ma quando fai per entrare in un box tutti sono gentili, ti salutano, ti chiedono se possono aiutarti. In poche parole, una sorta di piccolo paradiso per un appassionato che vuole vivere l'atmosfera delle gare da bordo pista.
Una formula che funziona dannatamente bene e che è gestita alla grande da Stuart Higgs, l'uomo che negli anni ha reso celebre il BSB e che lo sta facendo crescere stagione dopo stagione. Spettacolo in pista, ottima copertura mediatica e soprattutto la capacità di rendere il pubblico parte dell'evento. Gli ingredienti sono questi, appaiono semplici ma metterli tutti assieme non è facile. Abbiamo intervistato Higgs a Donington, per farci raccontare la formula di questo successo, pensando che magari anche nel mondiale qualche spunto possa essere preso proprio da qui.
Devi spiegarci come hai fatto a trovare questa specie di formula magica. Il paddock qui trasuda passione, si respira l'aria del mondiale SBK negli anni d'oro. Fate le cose in modo completamente diverso da Dorna e pare funzionare.
"Dorna gestisce i propri campionati bene, noi cerchiamo di dare valore al nostro e c’è una discreta armonia tra noi. Direi che loro fanno le cose a modo loro e noi nel nostro. Entrambi dobbiamo fare il massimo con quello che abbiamo, una volta era bello poter fare le wild card con i piloti dei campionati nazionali nel mondiale. Succedeva con i piloti britannici, con i giapponesi, gli italiani e gli americani. Anche con gli australiani! Sfortunatamente, adesso abbiamo deciso di utilizzare la ECU semplificata per tutti, il che è un’ottima cosa per il nostro campionato ma ovviamente ha significato dire basta alle wild card nel mondiale, il che è un po’ triste".
Anche senza wild card, direi che il BSB gode di ottima salute. Qui c'è moltissimo pubblico.
"Direi che in ogni caso noi stiamo facendo un buon lavoro, abbiamo una buona copertura con le tv internazionali, abbiamo visibilità su tutti i media, anche sui Social. Alla fine lavoriamo in un’area geografica molto piccola, ma possiamo collaborare con tutto il mondo e mandare le nostre immagini ovunque nel mondo. Dall’Asia all’Australia, siamo molto diffusi. Poi dobbiamo anche pensare che con tutti i problemi legati al Covid, per noi è stato abbastanza semplice perché siamo tutti qui, non dobbiamo spostarci fuori dal nostro paese".
A volte sembra che anche gli inglesi preferiscano il BSB al mondiale. Come mai?
"La SBK è sempre stata molto popolare in Gran Bretagna, abbiamo avuto piloti come Fogarty a metà degli anni 90’. Abbiamo avuto una grande copertura televisiva in quegli anni, anche superiore ad altri sport molto importanti qui. Poi sono cresciuti anche i campionati minori, come la Sport Production, la Stock. A Brands Hatch facciamo il tutto esaurito da anni. Nel frattempo il mondiale SBK ha perso un po’ di popolarità quando è arrivata la MotoGP a sostituire il due tempi. Penso che quello sia stato il periodo in cui il BSB è diventato davvero un riferimento. Basta ricordare i piloti che c’erano in quel periodo nel mondiale e qualcuno ha corso anche qui. C’era gente come Haga, Bayliss, Gobert, Edwards, Yanagawa. E la lista è ancora lunghissima!".
Hai fatto una lista da brividi, nomi e personalità che oggi forse mancano nel mondiale.
"Secondo me i tifosi vogliono vedere piloti con personalità come quelle. Noi abbiamo sempre tenuto a mente questa cosa, non l’abbiamo mai dimenticata. Abbiamo anche sempre cercato di tenere i prezzi dei biglietti abbordabili, mentre in altri sport nel Motorsport per andare in pista a vedere le gare si devono pagare dei biglietti molto cari. Diciamo che serve trovare un bilanciamento tra l’accessibilità e il professionismo, perché questo è un campionato professionistico. E’ una sfida, ma penso che lo stiamo facendo funzionare".
In questo periodo manca un pilota britannico in MotoGP. Cosa manca all'Inghilterra rispetto all'Italia o la Spagna?
"Penso che il punto sia che ci siano enormi differenze tra paesi come la Spagna e l’Italia e l’Inghilterra da questo punto di vista. Lì i ragazzi salgono in moto molto presto e si abituano al concetto di gare. Qui invece negli anni l’età media per salire in moto è aumentata, penso che questo non aiuti i ragazzi talentassi ad emergere. Adesso qualcosa sta cambiando, abbiamo un team britannico con Laverty in Moto3. Ci sono alcune cose da sistemare senza dubbio, ma penso che Michael con la sua Academy stia facendo un buon lavoro anche con i Costruttori e le squadre. L’idea è quella di portare piloti giovani dai livelli di ingresso fino al top del mondiale. Penso che questo sia il prossimo grande passo da fare e lo stiamo facendo".