di Alberto Cani *
Il 14 maggio 2022, a Vallelunga, ho corso la mia prima gara in moto, e questa è la maxi-storia di come la mia vita sia cambiata, capovolta, sottosopra sia finita (ah no, scusate, questa è un’altra roba).
Ve ne frega il giusto, lo so. Qui trovate cose ben più divertenti, dalle barzellette sconce di Pernat alle dichiarazioni di Quartararo, Marquez e compagnia bella, per non parlare del mitico “Il Bello, il Brutto e il Cattivo” di Matteo Aglio (uno dei principali motivi per cui leggo GPOne - Matteo, sono 50 Euro). Ma insomma, Scalera mi ha chiesto di raccontarvi com’è andata, e al “Decano” si dà sempre retta (non è vero, ma glielo facciamo credere dai). È evidente che Paolo sopravvaluta le mie capacità di storyteller, nonché di pilota.
Comunque, dicevamo: ho corso la mia prima gara in moto, e fatico ancora a crederci. È come se mi avessero detto che un giorno sarei andato sulla Luna, e mi ritrovassi oggi a zompettare sul mare della Tranquillità. Già, perché nel 2017 non solo non avevo la patente della moto, non ne avevo neanche mai guidata una! Poi, finalmente, la patente. Non vi sto a fare il pippone su quanto mi sia piaciuto subito, l’emozione del primo giro in moto, del primo viaggio, della prima volta in pista, eccetera. Stringi stringi, sono diventato il più classico degli amatori: endurona nel box per viaggiare, MiniGP per allenarmi nei pistini, e ogni tanto qualche pistata come si deve (per lavoro, sono fortunato!).
Ma come ha fatto un motociclista come me e come - credo - una buona parte di voi lettori di GPOne, a correre la sua prima vera gara a 42 anni suonati, con così poca esperienza alle spalle? Ci vorrebbe una moto poco potente, a cui poter dare del tu, un ambiente non competitivo all’estremo, accogliente, e magari anche un amico con cui condividere questa follia. Detto, fatto: Trofeo Moto Guzzi Fast Endurance, con la V7 preparata dai Guareschi, 60 cavalli scarsi, e gare “miniendurance” di un’ora o al massimo un’ora e mezza, da correre in coppia e con cambio pilota ogni 15 minuti. Ad accompagnarmi in questa avventura Fabio (il Porzi del team “Cani&Porzi”), altro neofita per il quale la moto fino a poco tempo fa era ancora un territorio inesplorato.
Il venerdì siamo nel paddock, montiamo gazebo, tavolo e tre sedie, ed è già tempo del primo turno di prove cronometrate. Fila tutto liscio, ne approfittiamo per imparare la pista (mai vista prima) e ci divertiamo. Spingono già tutti forte, ma non cambia un granché rispetto a un track day. I guai arrivano al sabato, giornata in cui è in programma, al mattino, il secondo turno di qualifiche, poi la gara, alle 18. Fabio è costretto a dare forfait, trovo un sostituto per poter correre, ma ovviamente non è la stessa cosa. Da mesi ci stavamo preparando all’esordio, mi è dispiaciuto da matti non averlo potuto condividere con lui.
Si parte ultimi, parto io. La gara, però, sembra non arrivare mai. Sei nel paddock e il tempo che ti separa dal “via” sembra davvero infinito. Guardi l’orologio ogni 20 secondi. Quanto manca? Fate partire la gara, adesso! Non vedi l’ora di iniziare la vestizione. Sottotuta, tuta, stivali, paraschiena, ecc. Risultato: mi ritrovo vestito quaranta minuti prima dell’ingresso in pista, poco dopo anche con casco e guanti già infilati. Sotto il sole. Perfetto.
L’agitazione è chiaramente legata alla partenza, in stile Le Mans. In sostanza, si corre tutti verso le moto parcheggiate a lisca di pesce, spente, e l’obiettivo è uscire più velocemente degli altri dal suddetto parcheggio. Vedendo le partenze da fuori, mi sono sempre chiesto come non si sia mai formato un groviglio di moto. Parto trentunesimo, quasi all’uscita dell’ultima curva. Nessuno ha posteggiato dietro di me e la cosa un po’ mi tranquillizza: se parto male almeno non sarò di intralcio a nessuno.
OK, è ora, si parte! Stranamente sono super rilassato, l’unica difficoltà è scorgere, laggiù in fondo, la bandiera tricolore che, abbassata dal Direttore di Gara, dà il via alla corsa. Inizio a correre verso la moto, e mi rendo conto che scattare da fermi indossando la tuta non è proprio comodissimo. Salgo, accendo, esco dal “parcheggio”. Un paio di piloti partono male, non sono più ultimo!
Sto correndo una gara, è ufficiale! Penso solo a divertirmi e a migliorarmi giro dopo giro, ma subito faccio i conti con una novità: i sorpassi. Davanti a me un paio di piloti sono un filo più lenti di me, ma superare è un bel casino, se non lo hai mai fatto. Non azzardo, temo di combinare disastri e magari rovinare non solo la mia gara, ma anche quella degli altri. Riesco a fare un paio di sorpassi, ne subisco altrettanti. Va benissimo così, tutta esperienza. Rientro ai box per il cambio, tutto senza problemi, il mio compagno di squadra riparte. Non faccio in tempo a riprendermi che è di nuovo il mio turno. Ora il tempo passa molto veloce. Altro cambio senza errori, mantengo i 60 orari in pit lane e via di nuovo in pista. Di nuovo, mi ritrovo dietro a un pilota un po’ più lento. Mannaggia! Avrei voluto pista libera per migliorare i miei tempi, pazienza. Finisce che faccio tutto il turno dietro di lui, potrei passarlo ma non rischio, la priorità è portare la moto al traguardo. E ci riusciamo, ventesimi su trenta classificati, decimi di categoria su 17 equipaggi con le V7 III 750. Sono felicissimo.
Gara 2, la domenica, non finirà nello stesso modo: il sostituto di Fabio, Alessandro, 21 anni, esattamente la metà dei miei, va forte ma si fa prendere un po’ troppo la mano e nel suo secondo turno di guida finisce nella via di fuga alla Roma, l’ultima curva, proprio il giro prima di rientrare per riconsegnarmi la V7. Gara finita, niente ultimo turno di guida, nel quale avrei assaporato l’emozione della bandiera a scacchi e forse potuto migliorare anche il mio best lap, un comunque onestissimo 2’07”6.
In due gare - una e mezzo, a dire il vero - ho imparato davvero molto: la bagarre è una grande scuola, da un lato inizi a prendere le misure per superare chi è un po’ più lento, dall’altro invece provi a inseguire chi ha qualcosina in più, e provare a stargli incollati è uno stimolo pazzesco. Impari a gestire la tensione e a rimanere lucido nei momenti più concitati: la partenza, il rientro ai box per il cambio pilota (che bello frenare all’ultimo per arrivare alla linea dei 60 km/h, fa molto flag to flag stile MotoGp), il cambio pilota.
Che dire? A fine weekend è stato un altro pilota del Fast Endurance, Dario, detto il “Lupo”, che già mi aveva fatto vedere qualche linea in pista durante le prove (qui ci si aiuta tutti), a riassumere perfettamente questa esperienza. “Ora è finita, sei drogato”, mi ha detto. “Non potrai più farne a meno”. È proprio vero. Quando parte la gara a Cremona? Son già qui che guardo l’orologio.
Potete seguire il team Cani&Porzi sui profili IG @albertdogs e @fab_porzio_official
Ah, e se volete correre nel Trofeo (credetemi, merita, ed è super accessibile), chiedete ai mitici fratelli Guareschi, [email protected]
*Ho conosciuto Alberto Cani in una sala stampa del motomondiale. Allora lavorava per SportAutoMoto, un bel settimanale che oggi non esiste più. Siamo diventati amici, io e Albert Dogs (sono fissato con i soprannomi) tanto che poco dopo abbiamo iniziato a lavorare assieme e ad un certo punto Dogs è diventato persino il Direttore di GPOne. Si era trasferito a Roma, ma non sapeva come spostarsi. Non aveva mai guidato una scooter. Gliene ho rimediato uno, e consegnandogli un casco lo ho avvertito: lì fuori ad ogni semaforo è la partenza di un Gran Premio di MotoGP, stai attento. Il traffico di Roma lo ha forgiato. Poi la Piaggio me lo ha fregato e da allora Alberto è passato al lato oscuro della forza, quello che lo ha trasformato in PR. Vabbé mica poteva avere solo pregi. La sua trasformazione in pilota, dimostra che avevo visto giusto: è un vero #gponers!
Ah: l'adesivo 'GPOne' non è la nostra prima 'sponsorizzazione'. Quella precedente è stata nientemeno che sulla SpeedUp di Andrea Iannone. Vai Dogs! (p.s.)