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Addio a Carlo Murelli, il meccanico che anche Soichiro Honda ascoltava

Dai successi nelle derivate di serie con Tommaso Piccirilli al motomondiale per il debutto della Honda NR 500 pistoni ovali con Takazumi Katayama. Con lui anche Freddie Spencer e Marco Lucchinelli

News: Addio a Carlo Murelli, il meccanico che anche Soichiro Honda ascoltava

Se ne è andato, a Roma, Carlo Murelli, storico tecnico della Honda tenuto in considerazione addirittura dal mitico fondatore della Casa, Soichiro. Aveva 88 anni.

Ho conosciuto Carlo Murelli (ma a Roma lo chiamavano tutti Morelli con la 'o') quando il suo reparto corse era un rettangolo di pochi metri quadrati racchiusi da una rete nell'officina della Samoto di Roma, a Via Gregorio VII. Lì dentro Carlo preparava le Honda CB500, e poi le 400, moto stradali assolutamente turistiche, in bombette praticamente imbattibili che vincevano ogni domenica a Vallelunga ed in giro per i circuiti italiani.

Quell'antro sembrava una sala operatoria, quanto ad ordine e pulizia e vi accedevano in pochi. Lì Carlo, assieme al suo braccio destro, il pilota Tommaso 'Giorgio' Piccirilli, trasformava moto nate per tutt'altro in 'moto da corsa' curando ogni particolare con cura maniacale. E lo faceva con tale competenza e passione che la sua fama arrivò in Giappone, tanto che quando la Honda rientrò nel motomondiale, nel 1979, Murelli divenne uno dei pilastri del suo reparto corse.

Carlo Murelli al fianco di una Honda CB 750 K0, da lui restaurata

"Era geniale - ci raccontò qualche anno fa Takazumi Katayama, il primo a guidare la NR a pistoni ovali - non era un ingegnere, ma un problema alla complicatissima testa della NR (il pistone ovale ospitava ben 8 valvole!) fu risolto grazie ad una intuizione di Carlo. Soichiro Honda stesso, che era nato come meccanico, ne aveva grandissima stima tanto da ospitarlo a casa sua dove Murelli in persona gli preparò un piatto di spaghetti col pomodoro".

Dall'antro di Via Gregorio VII a Roma, un ricordo successivo fu appunto il debutto della NR a Silverstone. Nei vecchi box non c'era abbastanza spazio, così che la Honda li prolungò all'esterno con dei tendoni blu addossati alla vecchia struttura in mattoni rossi.

Il fatto era che la Honda NR, come più tardi la prima Ducati Desmosedici, non stava assieme quando era smontata: il telaio era una specie di guscio che faceva appunto da struttura portante e da carenatura, con radiatori laterali a sfioramento. Così avanti, con così tante idee assieme, che le prime gare furono tutt'altro che memorabili. Il prezzo da pagare per un progresso troppo avanti nel tempo e nello spazio per quegli anni ancora primitivi dove a dominare erano le semplici 500 2 Tempi, contro le quali la NR si batteva, ricordiamolo, a parità di cilindrata.

Dopo Katayama arrivarono Freddie Spencer e Marco Lucchinelli. Solo fuoriclasse per un fuoriclasse come lui.

(p.s.)

LA HONDA NR 500 RACCONTATA DA TAKAZUMI KATAYAMA

La Honda CB550 maggiorata che Murelli faceva gareggiare fra le 750

Carlo e' stato l'unico meccanico europeo ad aver lavorato sul segretissimo progetto della Honda NR Oval Piston che debuttò a Silverstone nel 1979 con l'inglese Mick Grant e il giapponese ex iridato della 350  Takazumi Katayama.

Alla Honda Japan allora non ancora HRC ma HIRCO (Honda International Service Racing Company) ci arrivò nel 1978 come un bambino che sogna un giocattolo costoso: prende una penna e scrive a Babbo Natale. Così, più o meno, fece lui. Sapendo che la Honda era intenzionata a rientrare ufficialmente nel Motomondiale dopo un'assenza di 12 anni, scrisse in Giappone candidandosi come meccanico. Abile e arruolato. Il suo sogno si era realizzato. 

Quella moto così avveniristica raccolse ben poche soddisfazioni nonostante quel fantascientifico progetto fu ripetutamente rielaborato sia nella ciclistica che nel motore. Col due tempi non c'era nulla da fare. Troppa la differenza. Ma lui la difendeva a spada tratta"Se avessimo avuto l'elettronica attuale - raccontava - quella moto sarebbe stata vincente. Un esperimento tecnico stupefacente perché nessuna casa al mondo è mai riuscita a realizzare nulla di simile".

Il capotecnico di Marquez, Santi Hernandez con Carlo Murelli e Takeo Yokoyama, technical director di HRC



Un progetto che fece talmente tanta paura al punto che in Formula 1 su richiesta di tutti i team, venne imposto che la forma dei pistoni fosse circolare. Gli insuccessi nei Gran Premi? "La NR - raccontava ancora Murelli - era troppo penalizzata dai regolamenti.  In quei tempi non si partiva col motore acceso ed è chiaro che avviare a spinta un motore con una corsa così corta e una coppia così alta fosse molto difficile. Un confronto improponibile rispetto alla facilità di avvio di un due tempi. Ogni volta in partenza quando la NR andava in moto, gli altri erano già scappati via. La Honda teneva comunque a vincere col 4 tempi e quella moto partì da 110 cavalli fino ad arrivare ai 130 dell'ultima versione, senza contare i vari telai che si sono succeduti dal primo deludente monoscocca. Non ci si riuscì, ma lo ribadisco: se ci fosse stata l'attuale elettronica, la NR sarebbe stata subito vincente. La fragilità? Il motore non era fragile, semmai erano altri componenti a creare problemi. Il motore NR si ruppe una sola volta fu a Silverstone nel 1981 quando Spencer partito ultimo era risalito in pochi giri fino alla sesta posizione. Forse al motore quella volta aveva chiesto troppo". 

Carlo era nato a Piacenza il 22 marzo 1934, ma da quasi 60 anni viveva nella capitale. E con le Honda 500 e 400 da lui preparate nell'allora concessionaria romana Samoto negli anni '70 vinse ben 83 gare, In particolare con Tommaso Piccirilli, deceduto in un incidente a Imola nel 1975, con cui aveva un rapporto simbiotico. Ora, Lassù, si rincontreranno. Comunque sia oltre che un grande tecnico è stato un grande uomo. Poteva permettersi con il suo pedigree di guardare tutti dall'alto in basso. Invece era un uomo umile: mai sentito parlare male di qualcuno.

I funerali di Carlo Murelli si svolgeranno sabata alle ore 15 a Roma nella chiesa del SS Redentore a via Monterocchetta vicino alla fermata della metro Ionio, in zona Monte Sacro,dove lui abitava. Abbiamo parlato con la figlia Milena che ci ha raccontato della sua situazione estremamente grave. Ma non è stato il Covid a ucciderlo anche se inevitabilmente ha influito. "Purtroppo aveva da tempo un tumore a un polmone - ci a raccontato Milena Murelli - e un tumore alle vescica con metastasi diffuse. Era stato curato ma il tumore alla vescica si è rivelato fatale perché gli si è ripercosso alle ossa". E' brutto dirlo, ma ha smesso di soffrire perché Carlo negli ultimi tempi soffriva davvero tanto. Troppo. 

(da Yesterbike)


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