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Honda CBR600: auguri per i tuoi 35 anni

E' la supersportiva 600 più venduta al Mondo. Una moto che da sempre piace agli appassionati, su strada come in pista

Honda CBR600: auguri per i tuoi 35 anni
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Honda CBR600. Dobbiamo aggiugnere altro? E' storia della moto, punto. Quest'anno fa 35 anni, ed è per questo che chiediamo ufficialmente ad Honda di fare qualcosa per omologarla anche qui in Italia e tornare a venderla. "Pensionare" un mito, anche se altrove è in vendita regolarmente (qui potete vedere l'ultimo modello), non esiste. Solo qualche giorno fa, Marc Maquez ci ha girato in pista. Insomma... ci sarà un motivo no? Nel lotano 1987, Honda presenta la nuova CBR600 Hurricane (godetevi il video che passava in TV!). Da quel momento, il mondo del motociclismo scrive un nuovo capitolo.

F, come "Fairing"

L'Honda CBR600, è nata con la F. Cosa significa? Fairing, ovvero, carenatura. E' la moto (semi) perfetta, poiché è caratterizzata da un’indole  docile, in grado di mettere d’accordo un po' tutti. Dallo sportivo, al mototurista. Con il passare degli anni, si trasforma in RR, con un'indole più pistaiola che la porta a vincere qualcosa come ben 9 Mondiali Supersport! Insomma, un mito. Ripercorriamo la sua storia.

1987: la prima CBR 600

Viene presentata ad IFMA nell’autunno del 1986, con il suo quattro cilindri in linea da 598 cc (alesaggio x corsa: 63x48 mm). Ha 16 valvole,  doppio albero a camme, raffreddamento a liquido, ed alimentato da dei carburatori, i Mikuni da 32 mm. Per l'epoca ha prestazioni quasi da riferimento, con 85 CV ad 11.000 giri/min di potenza massima, mentre la coppia massima è di 59,5 Nm a 9.500 giri/min. La ciclistica vede un telaio a doppio trave in acciaio che lavora in simbiosi con una forcella telescopica con steli da 37 mm di diametro. Dietro c’è invece un forcellone bibraccio sul quale agisce un monomammortizzatore attraverso cinematismo progressivo Pro-Link.

A frenare la CBR 600 F, all’anteriore una coppia di dischi da 276 mm "morsi" da pinze flottanti a due pistoncini, mentre dietro abbiamo un disco da 240 mm di diametro e pinza ad un pistoncino. I cerchi sono rigorosamente da 17 pollici e calzano pneumatici da 110/80 davanti e 130/80 dietro. Il passo è di 1.410 mm, ad ulteriore testimonianza della compattezza della media di Tokyo ed il peso in ordine di marcia di 207 Kg (serbatoio da 13,5 litri). La velocità massima è di oltre 220 Km/h, particolare che "mette dietro" la regina di allora di 10 km/h, la Kawasaki GPZ600.

E' suo lo scettro ora, per una moto che si apprezzare per la facilità con cui si lascia condurre tra le curve e la stabilità sui tratti veloci. Si caratterizza per una buona aerodinamica ed un’ottima ergonomia. La carenatura è perfetta, piace, tant'è che è rimasta un tratto distintivo per oltre tre lustri. Nel 1989 arriva il restyling, con il quattro cilindri che è equipaggiato con un albero motore alleggerito e riesce a sviluppare 8 CV in più rispetto alla versione precedente anche grazie al rapporto di compressione aumentato da 11 a 11,3:1. Anche la coppia massima viene incrementata, raggiungendo i 63 Nm. Le pinze freno anteriori vengono dotate di 4 pistoncini, mentre debutta sul mercato la versione tricolore rosso-bianco-blu, probabilmente la più evocativa del primo quadriennio.

1991: al suo top

E' l’autunno 1990 quando Honda decide di presentare una versione profondamente rinnovata. Il motore può essere considerato del tutto nuovo, più compatto e più potente e raggiunge la potenza di 100 CV a 12.000 giri/min, ovvero 1.000 giri sopra la precedente versione. Tra le novità spicca anche la batteria di carburatori Keihin a valvola piatta con diffusore da 34 mm. Variano le misure di alesaggio e corsa, ora decisamente più superquadre (65x45,2 mm) e viene aumentato il diametro delle valvole di aspirazione e scarico, mentre il rapporto di compressione sale a 11,6:1.

Honda mette mano anche alla ciclistica. Il telaio è riprogettato (sempre un doppio trave in acciaio), la forcella guadagna steli da 41 mm di diametro ed è regolabile nel precarico molla (la precedente era ad aria-assistita con sistema anti-affondamento TRAC). Il cannotto di sterzo passa da 26 a 25° (e conseguentemente l’avancorsa scende dai 104 ai 94 mm) testimoniando proprio quella genesi tipica delle sportive dell’epoca rivolta ad accrescerne l’agilità. La nuova CBR, viene equipaggiata con pneumatici "moderni", con misure 120/60 e 160/60, mentre il peso scende di 4 Kg.

Il design si fa più filante, con un nuovo cupolino, una carenatura a sviluppo più verticale ed il codone più slanciato. Nuova anche la triangolazione sella-manubrio pedane, che rappresenta un connubio ideale tra le esigenze di proiettività tipiche dell’utilizzo turistico e di controllo richieste nella guida più sportiva. Contro di lei? Kawasaki ZZ-R600 e Yamaha FZR600, moto che a questo punto sembrano già "passate"... Le versioni ’92 e ’93 della CBR 600 F sono leggermente migliorate, con il tendicatena della distribuzione, l’albero motore, i cuscinetti di banco e le sospensioni riviste. La forcella riceve la regolazione del freno idraulico in estensione mentre il mono viene equipaggiato con serbatoio separato e permette la regolazione in continuo dell’idraulica in compressione ed estensione.

Nel 1995 si rinnova con più convinzione ed arriva il sistema frontale di canalizzazione per portare più aria fresca alla nuova batteria di carburatori da 36 sempre firmati da Keihin. I dischi fissi anteriori vengono sostituiti da una coppia di flottanti da 296 mm mentre la ruota posteriore riceve un cerchio dal canale maggiorato (5” contro i 4,5” precedenti) che seppur confermando le dimensioni degli pneumatici di primo equipaggiamento (160/60), consente nell’utilizzo in pista di ospitare un più prestazionale 180/55. Nel 1997, sotto la pressione delle nuove concorrenti che hanno il nome di Yamaha YZF600R Thundercat e Kawasaki ZX-6R (sul mercato dal 1994 la prima e 1995 la seconda). Honda opta per 5 cavalli in più per la sua CBR.

1999: benvenuto telaio in alluminio

Siamo a ridotto del 2000, e la concorrenza non sta a guardare. Nel 1999 Yamaha propone la YZF-R6, moto che al pari della sorella maggiore R1 del 1998, segnerà un’epoca. Kawasaki e Suzuki vantano invece la ZX-6R e la GSX600R, moto godibili su strada, ma anche sempre più adatte all’utilizzo sportivo in pista. Honda risponde con un telaio doppio trave in alluminio, più leggero di 7 Kg. La carenatura non è più sigillata, il forcellone è infulcrato nei carter motore e l’inclinazione del cannotto di sterzo passa a 24° contro i 25° dell’edizione ’98. Il valore dell’interasse perde qualche millimetro (1.395). La forcella guadagna steli da 43 millimetri ed è ora completamente regolabile. Il motore, è ancora più superquadro (alesaggio e corsa 67x42,5 mm) con nuovi carburatori da 36,5 mm a valvola piatta. La potenza massima raggiunge i 106 CV a 12.500 giri/min, mentre la coppia massima sale fino a 65 Nm a 10.500 giri/min. Gli pneumatici segnano un passo avanti deciso, crescendo anche nelle spalla ed uniformandosi al trend del periodo. Davanti troviamo un 120/70 e dietro un 180/55, misure ancora oggi utilizzate.

In pista non è la più veloce in assoluto, ma ma in strada è lei la migliore. Dal traffico cittadino, alla gita fuoriporta, dal viaggio con passeggero  alle smanettate tra i cordoli, fa tutto. Unico piccolo appunto riguarda una leggera indecisione nell’erogazione ai medi regimi. Sbavatura che viene corretta con l’edizione 2001 dotata di sistema di iniezione elettronica PGM-FI con corpi sfarfallati da 38 mm, che porta in dote anche un incremento di potenza massima che sale fino ai 110 CV. Cambia anche il frontale con un nuovo gruppo ottico a doppia parabola che ne accentua ancora di più lo spirito sportivo ed elegante. Viene anche lanciata la versione Sport che presenta diverse modifiche al motore per aumentarne l’efficienza soprattutto nell’uso in pista. Gli interventi riguardano tra l’altro una minore alzata delle valvole di aspirazione, una fasatura di distribuzione dedicata e la rapportatura finale più corta. La moto si laurea Campione del Mondo Supersport con Fabien Foret nel 2002.

2003: la svolta sportiva, con la RR

Le quattro cilindri sportive di media cilindrata diventano sempre più sportive. Se la R6 da questo punto di vista è stata un precursore, sono state sufficienti un paio di stagioni o poco più perché Suzuki e Kawasaki corressero ai ripari con le loro GSX600R del 2001 e la Ninja 636ZX-6R che sull’altare di una curva di coppia più ricca ai medi gioca la carta dell’innalzamento di cilindrata per la versione non dedicata all’omologa Supersport. Honda rilancia, presentando nel 2003 la sua prima CBR600RR. Una moto che nelle linee e per alcune soluzioni tecniche ricorda da vicino al RC211V vincitrice in MotoGP con Valentino Rossi.

Da una prima analisi si rimane quasi disorientati dall’imponenza del forcellone in alluminio, un’opera d’arte nel suo genere che ingloba l’attacco superiore del moto. Una soluzione mutuata proprio dalle corse e che libera spazio sottosella necessario per ospitare il serbatoio, e lasciare spazio ad un ampio airbox posizionato sopra in motore proprio dove solitamente si trova in serbatoio. Vengono dichiarati 114 CV a 13.000 giri/min, con un allungo capace di arrivare a quota 14.000. L’iniezione elettronica con corpi farfallati da 40 mm è piuttosto sofisticata prevedendo 4 iniettori supportati da altrettanti iniettori secondari che hanno il compito di arricchire la miscela aria/benzina ai regimi di rotazione più elevati.

Nonostante lo scarico alto limiti in parte i benefici del progetto rivolti all’accentramento e riduzione delle masse, in pista la nuova RR se la cava benissimo, vincendo nel 2003 e 2004 il mondiale Supersport con Vermeulen e Muggeridge. Nel 2005 riceve miglioramenti al telaio ed alle sospensioni. All’anteriore debutta una forcella USD completamente regolabile con steli da 41 mm. I dischi anteriori aumentano il diametro (310 mm) e vengono "morsi" da nuove pinze ad attacco radiale. Il motore guadagna 3 CV di potenza massima. Una costante miglioramento di un progetto nato bene che le permetterà di vincere il Campionato del Mondo Supersport anche nel biennio 2005-06.

Nel 2007 la CBR600RR riceve un importante rivisitazione del progetto volta ad incrementarne ulteriormente le prestazioni. Il motore raggiunge i 120 CV ad un regime di 13.500 giri/min e perde 2 kg rispetto all’unità precedente (il peso a secco raggiunge i 155 Kg). Non meno importanti le modifiche alla ciclistica che consentono una riduzione dell’interasse di 22 mm a fronte di un incremento della lunghezza del forcellone di 5 mm, con l’obiettivo di incrementare la trazione migliorando ulteriormente la maneggevolezza. La versione 2009 verrà ricordata soprattutto per l’introduzione del sistema ABD si tipo combinato, una novità assoluta per il settore. Honda continuerà ancora a vincere nel mondiale Supersport nel triennio 2006-08. Siamo al 2013. Le modifiche riguardano la carenatura, con particolare accento sul cupolino che riceve due nuovi fari separati da una presa dinamica per l’aria di dimensioni generose. I cerchi in alluminio a 12 razze riducono ulteriormente il valore delle masse non sospese. Nuovo il forcellone su cui agisce attraverso sistema progressivo Pro-Link un monoammortizzatore che mantiene il punto di attacco superiore svincolato dal telaio. L’interasse è ulteriormente ridotto, toccando i 1.373 mm. Il motore conferma la potenza di 120 cv ma adesso può vantare l’omologazione Euro3. Il canto del cigno agonistico arriverà nel 2014 con l’ultima vittoria del mondiale Supersport.

2020: CBR 600RRR (ma solo per il Giappone)

Siamo al 2020, viene presentata la Honda CBR 600RRR, ma solo per il Giappone. Abbiamo una forcella regolabile Showa, le già note alette aerodinamiche e la strumentazione con schermo TFT. Con i suoi 121 CV fa gola, ma di vederla in Europa, non se ne parla proprio. A questo link, potete trovare tutto su di lei. Cara CBR, torna da noi...

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