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Quanto guadagnano i piloti in MotoGP? Il 20% in meno dal 2018 ad oggi

La crisi legata alla pandemia globale ha inciso profondamente anche sugli ingaggi dei piloti, ma ogni Casa ha le sue regole e le scelte sono molto diverse. Ecco l’analisi

MotoGP: Quanto guadagnano i piloti in MotoGP? Il 20% in meno dal 2018 ad oggi

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Quando si parla di quanto guadagnano gli sportivi di alto livello in qualsiasi disciplina, spesso ci si immagina cifre iperboliche, soprattutto per quello che ha mostrato da questo punto di vista il calcio al resto degli sport. Anche in MotoGP gli stipendi con cifre a sei zeri non difettano, ma il quadro generale della situazione è cambiato moltissimo nelle ultime stagioni sia in relazione a quanto è accaduto per via del Covid che per tutta una serie di altre ragioni che in realtà con il Covid poco o niente hanno a che fare. 

Per fare un’analisi della situazione attuale occorre però fare una premessa, assolutamente doverosa. Ogni Casa impegnata in MotoGP ha un budget complessivo che serve per coprire i costi di un impegno che di certo non è economico. Con quel budget si devono pagare i costi di progettazione e sviluppo di una moto, quelli di trasferta, gli stipendi degli ingegneri e tecnici ed ovviamente gli stipendi dei piloti. Come sempre, anche in questo caso spesso si ha a che fare con la più classica delle coperte corte, con dei budget che devono essere gestiti al meglio dai manager per evitare che una spesa eccessiva in una determinata area possa incidere in maniera così determinante da dover rinunciare ad altre. 

Si può scegliere di pagare un pilota 10 milioni di euro a stagione, ma ovviamente quei soldi non saranno più a disposizione per pagare eventuali sviluppi in galleria del vento, oppure investimenti necessari per sviluppare e costruire un nuovo telaio. Magari un pilota che guadagna tanto, riesce a risolvere in ogni caso i problemi e portare a casa il risultato ed in questo Marquez ha fatto scuola tra il 2017 e il 2019, quando su una Honda palesemente meno competitiva della Ducati ha regolarmente bastonato tutti. Secondo i dati riportati dai colleghi di Motorsport.com, la situazione è cambiata in modo davvero interessante soprattutto in virtù delle scelte fatte a monte dai manager della varie Case, che spesso hanno imboccato strade diverse rispetto al passato. 

Nel 2018 la somma degli ingaggi era 58 milioni. Oggi siamo a 47

Un dato è lampante, ovvero il monte ingaggi totale dei piloti impegnati in MotoGP che nel 2018 sfiorava i 58 milioni di euro. Una cifra da ripartire tra i 24 piloti presenti in griglia, con qualcuno che ovviamente da solo era in grado di spostare l’ago della bilancia. Basta pensare che in quell’anno correvano ancora dei campioni come Jorge Lorenzo, Valentino Rossi e Dani Pedrosa per capire di cosa stiamo parlando. Se riportiamo quel dato ad oggi, lo vedremo parecchio ridimensionato con una ipotesi di circa 47 milioni a rappresentare il monte ingaggi della stagione 2022. 

Ma perché questo dato è così diverso? Certo, la crisi ha inciso notevolmente e parecchi piloti hanno dovuto rinunciare a fior di ingaggi per via della situazione sotto gli occhi di tutti. L’ingaggio più oneroso è quello di Marc Marquez, che ha strappato alla Honda un contratto che si vocifera essere di circa 25 milioni a stagione tra il 2020 e il 2024. Se pensiamo che Marc ha dovuto anche rinunciare a tutto il 2020 ed a parte del 2021, è facile pensare che l’incidenza sia troppo elevata. Ma la realtà è che senza Marc, la Honda avrebbe attraversato un periodo ancora più buio in queste due stagioni, quindi ben venga l’assegno multimilionario da versare a Marc, un pilota che senza alcun dubbio fa la differenza.

La Honda ha fatto questa scelta e la sta portando avanti, ma gli altri si stanno comportando in maniera diversa e questo cambio di rotta giustifica quel calo di quasi il 20% nel monte totale degli ingaggi. Prendiamo in esame la Ducati e la sua politica da questo punto di vista nelle ultime stagioni. Già con Valentino Rossi si pensava che il Dottore da solo potesse riportare il titolo a Borgo Panigale dopo l’era Stoner. Errore madornale, come tutti ben sappiamo, e soprattutto errore commesso nuovamente con Jorge Lorenzo. Lo spagnolo ha strappato nel 2017 un ingaggio faraonico che prevedeva uno stipendio da 25 milioni di euro in due stagioni. I 12,5 del 2017 sono probabilmente tra i soldi peggio spesi da Ducati in MotoGP, mentre nel 2018, proprio quando quell’investimento stava iniziando ad avere un senso, si scelse di silurare Lorenzo per promuovere Petrucci. Nel mezzo Dovizioso grazie ad un 2017 da urlo riuscì a strappare a sua volta un ingaggio importante alla Casa. 

Ducati ha puntato sui giovani e risparmiato risorse da destinare allo sviluppo

Avanti veloce, basta arrivare al 2021 per assistere ad un cambio di rotta totale. Nel team ufficiale arrivano Miller e Bagnaia ed i loro ingaggi non sono neanche lontanamente paragonabili a quelli della coppia del 2018, ma i risultati di certo non sono mancati. Ducati ha scelto di investire sui giovani piuttosto che affidarsi a dei veterani dallo stipendio più corposo e probabilmente questa scelta gli ha anche consentito di investire di più in sviluppo e di poter tenere testa all’impegno di fornire ben otto moto in griglia nel 2022. Una strategia che per quanto visto soprattutto nel finale del 2021 sembra assolutamente indovinata. 

Un discorso simile l’ha fatto KTM, che dopo l’esperimento Zarco, ovvero dopo aver scelto di ingaggiare un top rider per cercare di far volare la RC16, è tornata sui propri passi mettendo in pista un quartetto di piloti decisamente più giovane e aggressivo. Oliveira ha dimostrato classe da campione e Binder è sempre concreto probabilmente ha del potenziale ancora tuttora esprimere. Aggiungete a questo duetto, la coppia di tech3, con Fernandez che sta già andando forte a Sepang ed avrete un’altra risposta. KTM si è anche mossa sul mercato dei tecnici e manager, ingaggiando Fabiano Sterlacchini e Francesco Guidotti, due ex della famiglia Ducati che di certo hanno rafforzato l’intera squadra. La Casa di Mattighofen ha anche a libro paga un certo Dani Pedrosa nel ruolo di tester e probabilmente il suo stipendio non sarà esattamente economico. 

La situazione di Suzuki ed Aprilia è invece leggermente diversa. La Casa di Hamamatsu ha sempre puntato sui giovani e la coppia scelta ad inizio 2020 seguiva questa strategia. Con Mir come rookie e Rins nel ruolo di pilota ancora giovane ma già esperto, ci si trovava davanti ad una coppia molto interessante e soprattutto economica. Il 2021 è stato però l’anno del titolo e Mir ha ovviamente avanzato delle richieste pesanti che sono state accolte. Un adeguamento è stato offerto anche a Rins ed il risultato è che una delle coppie probabilmente più interessanti dal punto di vista della qualità/prezzo ( e perdonate il gioco di parole degno del peggior volantino da supermercato) si è trasformata in un bel macigno sui bilanci del team. Il risultato si è visto nel 2021, con i due piloti che hanno spesso attaccato la Suzuki per i pochi sviluppi portati in gara e per un gap incassato rispetto alla concorrenza sempre più pesante. 

Aprilia e Suzuki: ingaggi pesanti, non il miglior equilibrio

Aprilia dal canto suo ha voluto premiare negli anni Aleix Espargarò, aumentando spesso il suo ingaggio e rinoscendogli un ruolo da leader. Adesso il suo stipendio dovrebbe aggirarsi sui 4 milioni di euro a stagione, ma se questa cifra era tutto sommato leggera ad inizio 2021, con Iannone fermato dalla squalifica per doping, il 2022 si apre con ben altre prospettive. Maverick Vinales aveva in Yamaha un ingaggio da 8 milioni all’anno, ovvero uno dei più onerosi della griglia. Di certo a Noale non gli hanno offerto altrettanto, ma è difficile immaginare che Vinales possa guadagnare anche meno di Aleix Espargarò. Un totale che potrebbe dunque aggirarsi sugli 8 milioni ed una moto che pur avendo fatto degli enormi passi in avanti nel 2021 deve crescere ancora molto per diventare vincente. Lo stesso Jorge Lorenzo ci aveva detto a settembre che in Aprilia avevano scelto di non ingaggiare un campione come lui, che ovviamente non sarebbe andato a Noale per pochi soldi. 

Yamaha ha fatto bingo da un certo punto di vista con l’abbandono di Vinales a metà stagione. Lo spagnolo aveva un ingaggio forse anche più alto di quello di Fabio Quartararo, che a sua volta sta battendo cassa oggi per il rinnovo. Il francese, forte del titolo vinto nel 2021, vuole un ingaggio paragonabile a quello di Marc Marquez, ma la Casa di Iwata si trova davanti ad un problema enorme. Fabio ha si vinto il titolo, ma la crescita di Ducati è sotto gli occhi di tutti e il fatto che la M1 soffra di un gap tecnico da colmare è palese. La scelta sarebbe dunque tra due ipotesi.

L’una vorrebbe dire accontentare un pilota come Quartararo rischiando di restare senza il budget necessario per sviluppare la M1 e contando dunque sul suo talento. L’altra strada sarebbe invece quella del ‘rischio’, ovvero accettare l’idea di perdere Fabio pur di avere le risorse necessarie per sviluppare la M1 a dovere in modo da non avere bisogno di un fenomeno per vederla salire sul gradino più alto del podio. D'altra parte in Yamaha c'è Morbidelli, che nel 2020 aveva chiuso al secondo posto una stagione magnifica su una moto non aggiornatissima, ma quanto mai a punto.  

C’è insomma un enorme spettro di argomenti che hanno influenzato il tetto di ingaggio dei piloti. Molti manager stanno scegliendo di puntare sui giovani piuttosto che sui veterani,  ma in generale sembra che la nuova tendenza sia quella di concedere un ingaggio meno oneroso di partenza legando poi una grossa fetta di questo ingaggio ai risultati in pista. Come disse una volta Cecconi di Aruba quando Bautista dominava in sella alla Panigale V4 in SBK ad inizio 2019: “Ogni volta che vince Alvaro, sappiamo che l’assegno diventa più pesante, ma ne siamo felici”. 

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