Anche per Danilo Petrucci sono finalmente terminate le fatiche di questa Dakar. Quando lo abbiamo sentito ieri pomeriggio, in occasione del suo “Diario della Dakar”, ci è parso davvero stanco e provato, come se non vedesse l’ora di arrivare a Jeddah per togliersi tuta e casco. D’altronde c’era da capirlo, ancora di più dopo il brutto incidente rimediato nella speciale del giovedì, quando a pochi chilometri dalla conclusione è volato a terra con la moto che gli è finita sopra per colpa di un tronco.
Fortunatamente nulla di grave, nonostante il dolore e la preoccupazione per una eventuale rottura della clavicola fossero ben evidenti da parte sua.
In questa Dakar ne ha affrontate di ogni il nostro Danilo: prima la frattura dell’astragalo, in seguito il tampone positivo, poi il fusibile che lo lascia fermo in mezzo al deserto, poi un altro e un altro fusibile ancora che lo piantano a piedi quando era a un passo dal podio, infine la caduta di ieri. Lo ammiriamo però Danilo, per quella sua capacità di risollevarsi sempre grazie alle sue forze e andare oltre ogni difficoltà, come se dietro ci fosse un messaggio di vita dedicato a tutti noi.
D’altronde la sua Dakar rappresenta un po’ il film di quelli che sono stati gli ultimi anni della sua carriera: scaricato da Ducati per fare posto a Miller, dovendo quindi rilanciarsi con KTM per poi essere nuovamente scaricato a favore di Raul Fernandez e infine essere spedito alla Dakar come un “premio contentino”. Una sorta di centrifuga quella in cui è finito il pilota di Terni, tanto che qualcuno iniziava seriamente a dubitare delle sue qualità nonostante fosse stato uno dei pochi ad aver vinto in MotoGP negli ultimi due anni. A volte però il destino è scritto e, come dice il suo manager Alberto Vergani: "dietro un problema c’è sempre un’opportunità"!
Alla Dakar preoccupazioni e interrogativi erano ben presenti, considerando che una gara del genere l’ha preparata in meno di un mese e mezzo, complice tra l’altro l’infortunio rimediato all’astragalo in allenamento. Danilo ha però sorpreso tutti, mostrando il suo talento e raggiungendo il suo culmine con quella memorabile vittoria nella 5^ tappa, tanto da diventare il primo nella storia a trionfare in MotoGP e nel Raid. Un successo che ha riportato a sventolare il tricolore dopo la tragica scomparsa di Meoni, avvicinando al tempo stesso nuovi appassionati a questa competizione: “Ha fatto più rumore la mia vittoria qua in Arabia che quella del Mugello” – ci ha detto in occasione dell’ultima live di sabato scorso. Ma soprattutto un successo che ha celebrato la grandezza del pilota nel caso in cui ce ne fossimo dimenticati, come a dire, riprendendo le parole di Vasco: “Io sono ancora qua”.
Infine, Petrux, ci ha portato dentro il suo mondo, quasi a diventare una sorta di influencer delle due ruote. E pensare che a lui i social nemmeno piacevano prima di partire per questo viaggio in terra araba. Adesso invece non sembra più volerne fare a meno tra il racconto della sua giornata, un’incursione al bivacco e le sue live giornaliere di fine tappa dove coinvolge Sainz, Peterhansel e tutti gli altri.
A quanto pare è proprio vero che l’uomo che torna non è mai lo stesso che è partito.