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MotoGP, Pernat: "quando Valentino Rossi con 20.000 lire si comprò il mondo"

“Nel 1997 mi chiese di portargli al Mugello la modella Claudia Schiffer, perché si parlava di una love-story con Biaggi. L'Aprilia non pagò e Vale con 20.000 lire comperò una bambola gonfiabile e fece il giro del Mugello"

MotoGP: Pernat: "quando Valentino Rossi con 20.000 lire si comprò il mondo"

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Tutto iniziò con una raccomandazione. Era il 1995, infatti, allorché Valentino Rossi, allora solo un ragazzino di 16 anni, fu notato da Carlo Pernat, all’epoca direttore sportivo dell’Aprilia. A pregare il manager genovese di dare una occhiata a Valentino fu suo padre, Graziano, ex

pilota vincitore di Gran Premi con la Morbidelli. Ritiratosi da tempo l’ex maestro elementare si stava dando un gran daffare per promuovere il figlio, e con discreto successo.
 
Era infatti già riuscito, coinvolgendo l’ex vicecampione del mondo della 500, nonché suo ex rivale Virginio Ferrari, a far interessare al pargolo nientemeno che Claudio Castiglioni, presidente della Cagiva.
 
Il risultato fu una stagione nell’italiano con la Cagiva 125 nel team di Claudio Lusuardi.

Per fare seriamente, però, c’era bisogno di una casa che corresse nella 125 a livello mondiale: l’Aprilia.
 
"Accettai di andarlo a vedere girare per l’amicizia con Graziano - ricorda Carlo Pernat - e rimasi colpito. Quel ragazzino faceva traiettorie incredibili, era già alto e slanciato ed il suo stile mi ricordava quello di Kevin Schwantz. Così proposi a Rossi tre anni di contratto, dal 95 al 97. Accettò, ma fu difficile convincere Ivano Beggio, proprietario della casa veneta. Non era persuaso. Ivano, gli dissi, questo è uno forte. Così dopo quella prima stagione nel 1996 lo piazzai nel team ufficiale".
 
Arrivò la prima vittoria a Brno. Fu allora che ti convincesti di trovarti di fronte ad un fuoriclasse?
"Non esageriamo. Non è che, già da allora, potessi immaginare che avrebbe vinto nove titoli mondiali e 18 anni dopo la prima vittoria sarebbe stato ancora sulla breccia. Si capiva però che sarebbe diventato forte, che aveva buone basi. E la volete sapere una cosa?"
 

Sì, certo.
"Queste basi gliele ha date proprio l’Aprilia costruendo per lui un percorso agonistico formativo. Dopo la prima moto semiufficiale arrivò l’ufficiale nel 1997, l’anno del primo titolo. Quindi passò in 250, la stagione successiva, ancora con una semiufficiale per ottenere
poi il top nel 1999 come nostro pilota di punta. Un bel percorso".

 
Dunque non è, come si dice, che ebbe subito la pappa fatta.
"No, anzi, perché a fine 1996 avremmo voluto farlo correre direttamente in 250 ma lui si impuntò. Voleva fare un’altra stagione nella ottavo di litro. Aveva un bel caratterino già allora".
 
Non fu l’unica occasione che ti creò qualche problema, se ricordiamo bene.
"Esatto. Dopo aver vinto il primo titolo della 125 volle a tutti i costi che gli assegnassimo Rossano Brazzi come capotecnico. Ma io l’avevo già promesso a Loris Capirossi. Alla fine Valentino la ebbe vinta e Loris corse con Noccioli nei box".
 
Com’era come pilota, a quei tempi?
"Com’è Marquez oggi. Esuberante, allegro ed in pista passava da tutte le parti. Si divertiva e si vedeva".
 

Valentino a quei tempi, in tre parole.
"Simpatico, estroverso, egoista. I primi due aggettivi non hanno bisogno di spiegazioni, per il terzo vorrei ricordare che tutti i grandi campioni sono egoisti. Vogliono arrivare, quindi fanno in modo di avere tutta l’attenzione su di loro".
 
Sono passati 18 anni, secondo te è cambiato da allora?
"Non credo. Mi sembra sempre quello del 1997. Rispetta l’amicizia. I valori fondamentali del tempo li ha mantenuti tutti".
 
Cosa te lo fa pensare?
"Quest’anno ha fatto realizzare per le persone che lui ritiene più importanti un braccialetto in edizione numerata per ricordare i suoi 18 anni di mondiale: me ne ha dato uno. Un piccolo gesto che mi ha fatto molto piacere".
 
La cosa che più ti impressiona in lui?
"E’ l’uomo delle sfide. Quando lasciò la Honda nel 2003 scatenò uno Tsunami battendolal’anno successivo con la Yamaha e vincendo poi anche nel 2005".
 
Molti dicono che il motomondiale è tuttora Rossidipendente.
"E’ vero, ed anche la Dorna è Rossi-dipendente. Ma lo avete visto cosa ha scatenato con la sua vittoria a Misano domenica? Quando manca lui le conferenze stampa sono un mortorio. E’ tuttora il punto di riferimento anche per i suoi giovani colleghi. E’ a lui che si chiedono i giudizi".
 

Spesso abbiamo avuto il dubbio che il desiderio di volere a tutti i costi correre in MotoGP anche da parte di alcuni piloti che non hanno alcuna possibilità di poter disporre di una moto competitiva sia per dire: ho corso con Valentino Rossi.
"E’ una icona del nostro sport e, secondo me, uno dei primi cinque grandi sportivi al mondo. Ma ve lo ricordate che Armando Maradona ha voluto conoscerlo e, sulla linea di partenza, gli ha baciato la mano destra, quella del gas?".
 
C’è chi dice, però, che tranne che negli ultimi tempi non ha avuto rivali alla sua altezza.
"Sciocchezze! Max Biaggi e Sete Gibernau all’inizio, Dani Pedrosa e Jorge Lorenzo poi. Piuttosto sono stati questi ultimi, tutti ottimi piloti, ad essere stati sfortunati capitare nell’era di Rossi".
 
Sei stupito che sia ancora qui, che non si sia ritirato? Diciotto anni sono tanti...
"Ama la moto, in modo viscerale. E si diverte. E poi è ancora in grado di adattarsi e cambiare il proprio stile di guida per tirare fuori il meglio dai mezzi attuali. A 35 anni di età non deve essere facile, ma lui lo fa".
 

Con due anni ancora di contratto gareggerà sino a 37 anni compiuti.
"E poi andrà avanti ancora, continuerà a correre. Ma non nei rally, magari anche in quelli, perché si diverte, io intendo proprio in motocicletta. Secondo me sarà ancora in pista a 40 anni. Ne sono convinto. Del resto lo ha fatto anche Biaggi, che però ha avuto una carriera diversa, si è fermato un anno, poi è andato in Superbike. Rossi continuerà finché sarà competitivo e per esserlo spremerà sino all’ultima goccia di sudore".

Dicci la più grossa che ti ha combinato ai tempi dell’Aprilia.
"Era il 1997, l’anno del titolo mondiale. Valentino era un grande tifoso di Jacques Villeneuve così gli organizzai un incontro con il figlio di Gilles, anche lui iridato quell’anno, alla festa dei caschi d’oro di Autosprint, a Bologna. Fece tardi a cena, non venne. Ivano Beggio mi voleva ammazzare o licenziare. Forse le due cose assieme".
 
Tutto qui?
"Sempre nel 1997 mi chiese di portargli al Mugello la modella Claudia Schiffer. In quel momento si parlava di una storia fra Max Biaggi e Noemi Campbell, la venere nera, e lui voleva rispondere in quel modo al romano. Non si erano simpatici. Mi informai ma la modella voleva 50 milioni. Sei pazzo, non se ne fa niente, gli dissi. Beggio non paga. Lui comperò una bambola gonfiabile e se la portò con sé nel giro d’onore. Con ventimila lire fece il giro del mondo e riuscì comunque nel suo intento di sbeffeggiare Max. Nella guerra psicologica con i suoi rivali è sempre stato il migliore".

 

Questo pezzo è apparso sul Corriere dello Sport nel 2015 a firma di Paolo Scalera

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