Ogni volta che una casa motociclistica presenta un modello alza l'asticella. Sono molto pochi i modelli che non si azzardano a portare il livello di qualcosa, di design, di qualità, delle performance, di sicurezza verso un qualche imprecisato standard auto definito. Se siamo arrivati fino a qui è anche grazie ad alcune moto del passato per le quali, a suo tempo, forse nemmeno ci rendevamo conto che stavano davvero ponendo una pietra miliare sulla storia del motociclismo. Così abbiamo provato a fare una lista di modelli da tenere come riferimento. No, non c'è la Honda CB750, moto che ha cambiato il volto del motociclismo e oggi acclamata come la prima superbike al mondo, nonché ariete che ha permesso l'invasione delle giapponesi. Ma i 10 modelli che seguono non vi lasceranno insensibili al loro fascino.
I modelli mancanti
Non si può fare un pensiero a certe moto che hanno segnato la nostra gioventù, se non una parte di storia che non ci vedeva ancora presenti. Come per esempio le Ducati 916 e Scrambler, la BMW R 90/S, la Kawasaki KZ o il Fantic Caballero. La loro mancanza è un sacrilegio? Forse, ce ne rendiamo conto, perché sono modelli che hanno segnato un'era ma ce ne sarebbero così tanti da prendere in considerazioni e abbiamo limitato la nostra lista a 10 modelli. Speriamo sia di vostro gradimento.
Laverda SF 750 1970
La prima moto di successo del signor Francesco Laverda e del figlio Massimo, che lavorarono al modello insieme a Luciano Zen (responsabile tecnico) e Adriano Valente (disegnatore). Prodotta dal 1970 al 1976, anno della scomparsa di Franscesco Laverda, era la regina della maxi sportive di quell'epoca, capace di contrastare le rivali giapponesi. Il colore arancione contribuiva a esaltare il suo impatto stilistico insieme alle prestazioni notevoli e al fascino italiano, tanto che nel giro di pochi anni furono prodotti 600 esemplari. Era equipaggiata con un motore bicilindrico di 744 cc che erogava una potenza di 73 Cv a 7500 giri e una coppia di 54 Nm a 6000 giri. Alla Laverda SF 750 poco dopo venne affiancata la versione sportiva, Laverda SFC collezionando un buon numero di vittorie nelle competizioni riservate alle moto di serie. Ancora oggi si possono trovare alcuni modelli usati a un valore piuttosto elevato.
Kawasaki Z1 900 1972
Dopo la CB750, la Kawasaki Z1 900 ha preso il suo testimone cementando le superbike giapponesi a quattro cilindri. Ma fu proprio il modello Honda a portare all'arrivo del quattro cilindri da 903 cc di Kawasaki nel 1972, perché il debutto della Four scombinò i piani della casa di Tokyo, anche lei al lavoro su una quadricilindrica da 750 cc e che così decise di cambiare strategia. Nonostante un accordo tra le case di non superare la cilindrata di 750 cc, in Kawasaki si decise di infrangerlo arrivando a produrre un motore dalla capacità di 903 cc con doppie camme in testa rispetto al design SOHC della Honda. Grazie alla potenza di 81 CV è stata per diverso tempo la moto giapponese più potente di sempre e il nuovo regina della superbike. Una curiosità: il nome interno per il progetto Z1 era "New York Steak", in omaggio alle bistecche di New York, considerate dai tecnici Kawasaki come il miglior pasto in America. E anche la Z1 era concepita come la miglior moto.
Ducati 750 SuperSport 1973
Senza di lei non ci sarebbero state tante altre bicilindriche a V Ducati. Niente 851, niente 916, perfino niente Panigale. Forse non tutti sanno che fino al 1973 Ducati era una piccola azienda specializzata nella produzione di moto monocilindriche di piccola cilindrata, al massimo di 350 cc, inclusa la popolare gamma Scrambler. Fù l'ingegner Fabio Taglioni a creare qualcosa di nuovo, la 750 GT, la prima Ducati con un motore bicilindrico a V di 90 gradi, seguita dalla più sportiva e veloce 750 Sport.
Per promuovere i due modelli, nel 1972 Ducati prese parte alla prima edizione della 200 Miglia di Imola (organizzata da Francesco Costa, padre del dr. Claudio Costa) mettendo in sella alla Ducati 750 un certo Paul Smart. Le cose andarono meglio del previsto: Smart vinse la gara in 2h2'26” (il secondo miglior tempo di sempre), battendo mostri sacri come l'MV Agusta e Giacomo Agostini. Per celebrare il successo, nel 1973 Ducati realizzò una serie replica, la 750 SuperSport, che piacque così tanto da entrare in produzione nel 1974, salendo di cilindrata fino a 900 e 1000 cc.
Nel 1978 Ducati partecipò al Tourist Trophy all'Isola di Man, considerata la F1 delle moto. In sella a una 900 SuperSport da competizione preparata dalla NCR per le gare di endurance, c'era Mike Hailwood, che tornava alle corse dopo un grave incidente dell'anno prima. Il pilota britannico condusse una gara a un ritmo elevato, superando il favorito Phil Read sulla Honda ufficiale e vinse la gara.
Cominciò così una dinastia di modelli bicilindrici che prosegue ancora oggi. Una curiosità: Ducati nel 2005 presentò un trio di modelli sport classic: la Paul Smart LE, la 1000 Sport e la 1000 GT, direttamente ispirate ai modelli degli anni '70. Una operazione in anticipo nei tempi (che vizio) che non ebbe il successo sperat. Per contro se ora hai la fortuna di trovare in vendita uno di quei modelli, devi pagarlo bene.
Honda GL1000 Gold Wing 1975
Senza di lei oggi non ci sarebbe la moderna e mastodontica tourer carenata, realizzata per lunghi viaggi in moto nel massimo comfort per pilota e passeggero, che possono contare su svariati dotazioni. Tutto è partito dalla quadricilindrica GL1000 del 1975, nata per dare una risposta alla Kawasaki Z1 prodotta tre anni prima. I tecnici Honda non potevano non controbattere e pensarono a un modello che doveva essere il meglio del meglio, un "King of Kings" come lo chiamavano, dedicato al mercato americano e per percorrere lunghe distanze. La scelta di un motore a quattro cilindri con raffreddamento a liquido fu rapida, seguita da un disposizione boxer longitudinale per facilitare la trasmissione dell'albero. La prima generazione della Gold Wing era completamente scarenata, poi per la seconda è stata prevista la versione Interstate, con carenatura. Di anno in anno Honda ha sviluppato il modello nonché il motore, arrivando al sei cilindri, introdotto nel 1988.
Yamaha RD350LC 1980
Considerata la prima replica da corsa che ha ispirato una generazione. La Yamaha RD350LC è stata concepita per sostituire la RD250/400 raffreddata ad aria, con la differenza del raffreddamento a liquido che giustifica le due lettere finali nel nome (LC sta infatti per 'liquid cooled') e della sospensione posteriore con monoammortizzatore. L'inasprimento delle leggi statunitensi sulle emissioni che vietarono i motori due tempi, costrinse Yamaha a dedicare la RD350LC a esclusivamente all'Europa e la filiale europea della casa dei Tre Diapason ricoprì un ruolo fondamentale nello sviluppo della moto. Era disponibile anche in versione 250 cc e, grazie a un peso ridotto (ottenuto traite l'utilizzo della plastica per alcune parti), a un'esposizione televisiva massiccia e a due testimonial come Barry Sheene e Kenny Roberts, fu la più desiderata dell'epoca. La Yamaha RD350LC ha portato molti motociclisti a scoprire la propria libertà e ora, quella stessa generazione, è alla ricerca di questo modello o lo sta restaurando.
BMW R80G/S 1980
Senza la BMW R80 G/S, non ci sarebbe le crossover e le enduro stradali. Negli anni '70 BMW era decisamente più famosa per le quattro ruote che per le due ruote e, nonostante la pionieristica e carenata R100RS del 1976, che ottenne una vasta visibilità nelle mani di The Saint di Ian Ogilvy e di Dick Emery, apprezzato personaggio TV patito di moto, l'allora line-up di bicilindrici boxer della BMW stava invecchiando, era poco eccitante e pure molto costoso. Ciò di cui BMW aveva bisogno, e in fretta, era un nuovo modello, entusiasmante e facile da produrre, che potesse attrarre il mercato statunitense.
Il risultato è stata la R80G/S, ispirata dagli sforzi di numerosi ingegneri BMW nelle gare di enduro tedesche con boxer di grossa cilindrata. In verità, le reazioni iniziali furono scettiche: era un'epoca in cui tutte le moto off road erano monocilindriche e leggere e anche la più grande di queste, la Yamaha XT500, era poco più della metà della G/S. Però, i primi test erano promettenti e rivelarono un'abilità nel combinare sia i viaggi di lunga distanza che le uscite in fuoristrada . Inoltre, BMW sfruttò un evento come la Parigi-Dakar vincendo alla sua seconda partecipazione grazie a Hubert Oriol, dimostrandosi subito affidabile, guadagnando così notorietà e fiducia. Una moto che nel corso degli anni si è evoluta, è cresciuta di cilindrata fino ad arrivare a 1.250 cc e, come abbiamo visto, è quasi pronta a salire a 1.300 cc.
Kawasaki GPZ900R 1983
La moto che ha fissato un nuovo concetto di superbike, introducendo quello che ora è l'attuale design delle più moderne sportive di serie. Guardando indietro, il suo lancio circa 40 anni fa ha segnato un cosiddetto cambiamento epocale, è stato come fare un salto in avanti nel tempo. Nel 1980, la moto di riferimento era la nuova Suzuki GSX1100 che, nonostante le nuove teste a quattro valvole, fondamentalmente aveva lo stesso raffreddamento ad aria, doppi ammortizzatori e telaio a culla in tubolare d'acciaio in vista, come tutte le motociclette avevano avuto dagli anni '50 .
La nuovissima GPZ invece era diversa: innanzitutto, era completamente carenata. Sì, le carenature avevano iniziato a insinuarsi nei primi anni '80, ma niente di così integrato e mirato come quella della Kawasaki. In secondo luogo, era raffreddata a liquido, con un compatto 16 valvole trasversali. Aveva anche una sospensione posteriore con monoammortizzatore. La Kawasaki GPZ900R ha funzionato bene anche come tourer sportiva ed è rimasta in produzione per 19 anni. Qualcuno di voi la ricorda come la moto di Maverick, ovvero il Capitano Pete Mitchell, pilota dei caccia F18 nel film Top Gun, interpretato da Tom Cruise.
Suzuki GSX-R750 1985
La replica originale delle moto da corsa a grandezza naturale, che ha portato su strada il mantra dai potenti e leggeri motori delle moto da competizione. La Suzuki GSX-R750 era caratterizzata da un telaio in alluminio, era leggera e compatta, raffreddata a olio e con un esplicito stile racing, ispirandosi alla Suzuki XR69 GS1000 sviluppata per le gare di endurance, spremendo quanta più tecnologia possibile. Il risultato è la moto sportiva da strada più radicale mai costruita, diventando il modello preferito di molti piloti di quegli anni, impressionati dalla sua leggerezza. A fare la fortuna della GSX-R 750 anche il periodo di costruzione, in una epoca durante la quale questa cilindrata trovò la sua massima diffusione e popolarità.
Ducati 851 1987
La moto che porta Ducati nell'era moderna. Potrebbe sembrare un sacrilegio non includere l'iconica Ducati 916 in questa lista ma la progenitrice di quella moto, l'originale "Desmoquattro", è la 851. Semplicemente, senza la 851, la 888, la 916 e tutte le altre superbike bolognesi non sarebbero mai esistite. Vale la pena ricordare che tra la metà e la fine degli anni '80 il marchio italiano stava ancora lottando per entrare nell'era moderna. Dopo la sua acquisizione da parte della Cagiva nel 1985, tuttavia, è stato avviato un programma per modernizzare e migliorare i suoi modelli sportivi.
Massimo Bordi è stato il genio dell'ingegneria che ha inventato il bicilindrico a V Desmo a quattro valvole, raffreddato a liquido, a iniezione. Il telaio era il traliccio in acciaio tubolare, marchio di fabbrica Ducati, mentre le parti ciclistiche erano firmati Marzocchi e Brembo. Anche se non è stato un successo dall'oggi al domani, è stato comunque sufficiente per vincere il WSBK con Raymond Roche nel 1990, per ripetersi come 888 con Doug Polen nel 1991 e nel 1992, gettando le basi per il dominio assoluto della successiva 916 dal 1994 in poi.
Honda CBR900RR Fireblade 1992
Lei non poteva mancare, la moto che ha cambiato le regole del gioco. In modo simile alla GSX-R750 ma sette anni dopo, ha ridefinito il concetto di moto sportiva, con la differenza di non essere solo una moto sportiva leggera, ma di saper essere anche maneggevole nella versione da 600 cc. La Fireblade da 893 cc e 124 CV non si avvicinava ai 1127 cc e 143 CV della GSX-R1100N però, contando su ben 25 kg in meno, era più gestibile e facile da guidare, per non parlare delle prestazioni. In un colpo solo ha fatto sentire le rivali come la Gixxer e la Yamaha sovrappeso e obsolete, che hanno dovuto impiegare sei anni interi per eguagliare la Honda CBR900RR Fireblade.