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SBK, Rinaldi: "Bayliss mi ha detto: usa il 'mio' 21, ma devi darci il gas"

VIDEO - "In Superstock lavoravo in fabbrica 8 ore al giorno per avere una moto buona. La MotoGP? È il sogno di ogni pilota, mi piacerebbe un test sulla Desmosedici"

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Micheal Ruben Rinaldi è l’uomo della settimana dopo lo splendido fine settimana di Misano e anche l’ospita della nostra diretta (che potete vedere integralmente qui sopra). Il pilota del team Ducati Aruba ha parlato di tanti argomenti, senza peli sulla lingua, interagendo anche con i nostri lettori.

Una lunga e piacevole chiacchierata che non poteva non partire dai recenti successi.

Quello di Misano è stata un fine settimana che è andato quasi oltre le aspettative, sono partito il venerdì volendo raccogliere un sacco di punti, avevo bisogno di riscattarmi ed ero concentrato - spiega - È stato bellissimo, devo ancora realizzare quello che è successo: vincere davanti al pubblico che mi sosteneva, su una moto italiana e vicino a  casa. Penso che sia un’emozione che si prova poche volte nella vita, anche se spero di rifarlo”.

Tanti ducatisti sono stati felici di vedere il numero 21 che fu di Bayliss di nuovo sul gradino più alto del podio con il team ufficiale.
Sono nato il 21 di dicembre e ho usato quel numero fin dalle minimoto. Caso vuole che mi sono ritrovato nel team Ducati ufficiale, per me era scontato tenerlo, ma tutti hanno iniziato a dirmi che era quello di Bayliss. Allora ho scritto a Troy per chiedergli se potevo usarlo, lui mi ha risposto che gli avrebbe fatto piacere che il suo numero fosse di nuovo su una Ducato. Però poi mi ha anche fatto capire che avrei dovuto darci del gas (ride), un po’ di pressione me l’ha messa”.

Sei arrivato nel team ufficiale grazie anche a Cecconi, patron di Aruba.
Sono un ragazzo diretto e a molte persone sto simpatico e ad altre no, sono sempre me stesso. Chi ha un carattere simile al mio lo apprezza, anche se a volte dovrei essere più politico. Sono arrivato qui restando me stesso e Stefano ha da subito creduto in me. È vero che sono qui grazie ad Aruba, ma se Cecconi lo ha fatto è perché ci credeva e questa vittoria è anche per lui”.

Però gli inizi non erano stati facili…
Il mio primo anno in SBK è stato molto difficile per me e a fine stagione Barni non ha più voluto continuare con me. Quello è stato un momento chiave, Go Eleven era interessato a me a priori, ma senza l’aiuto di Aruba non avrei potuto avere quel pacchetto che mi ha permesso di fare delle belle gare. Sapendo di rischiare di rimanere a piedi, sapevo che il 2020 sarebbe stato l’anno della verità e ho deciso di prenderlo come quando ero piccolo, divertendomi e basta. L’ho fatto e ho vinto la mia prima gara in SBK, questo mi ha permesso di arrivare nel team ufficiale”.

Ancora prima, hai fatto anche l’operaio per finanziare le corse. Ci racconti questa storia?
Quando corsi la prima volta nella Superstock 600 ero con il team Gas, che mi aveva preso dalla Moto3, senza chiedermi una lira, anche perché non ce l’avevo. Era una squadra piccola, con poche risorse, ma ci mettevano il cuore. Purtroppo non arrivano i risultati, anche perché i mezzi non erano dei migliori. Così andai da Germano Bertuzzi, che aveva sponsorizzato Savadori, gli dissi di avere le potenzialità per vincere e che se mi avesse aiutato avrei lavorato per lui. A fine anno mi disse di sì e iniziai a lavorare con lui per due anni”.

Parliamo dei tuoi avversari: Razgatlıoğlu.
Toprak è un pilota talentuoso ed è il più forte di tutti in staccata. Lottiamo un contro l’altro dal 2016 e ci siamo spinti a migliorare e c’è molto rispetto fra di noi”.

Con Gerloff hai avuto qualche screzio, invece.
È un ragazzo che ha tanto talento e ci mette il cuore, deve solo cercare di stare più tranquillo in certe occasioni.

Qual è stato il tuo idolo quando eri un ragazzino?
Io sono nato con Valentino che esplodeva ed è stato lui il mio idolo. Ora mi capita di rivedere le vecchie gare di SBK e avevano un bel pelo sullo stomaco”.

Alla MotoGP ci pensi mai?
Il sogno di ogni pilota è arrivare un giorno in MotoGP, chi dice il contrario mente. La mia carriera mi ha portato a essere in SBK, sono felice di dove sono, nel contratto non ho niente che riguarda la MotoGP, ma sono giovane e se riuscissi a portare a casa il titolo mi piacerebbe passare. Se dovessero chiamarmi anche solo per un test, ci andrei di corsa (ride)”.

Tanti appassionati si chiedono quale sia la differenza fra una moto di serie e una SBK.
La Panigale V4S già di serie mi ha permesso di girare in 1’37” alto a Misano, togliendo solo gli specchietti. Con qualche miglioria puoi arrivare veramente a 2 secondi da una SBK. Io non la uso prima delle gare perché non puoi lavorare su certi dettagli che posso fare solo sulla SBK, per esempio il serbatoio è un po’ troppo grande”.

 

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