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SBK, Giugliano: “Alle corse servono più fatti, da manager ho capito gli errori”

“Ho vissuto le gare senza distacco emotivo ed è stato il mio sbaglio. Oggi vivo con uno stress diverso rispetto al passato. Rea? Con la testa arriva dove gli altri non riescono”

SBK: Giugliano: “Alle corse servono più fatti, da manager ho capito gli errori”

Per anni lo abbiamo visto protagonista in sella alla moto, adesso è passato dall’altra parte della barricata. Stiamo parlando di Davide Giugliano, impegnato nel ruolo di team manager nella sua squadra D34G Racing. In pista il romano segue da vicino Fuligni, consigliandogli e occupandosi a 360 gradi delle gestione del team.

Un avventura stimolante, dove non mancano le difficoltà e gli impegni del quotidiano con cui fare i conti, ma al tempo stesso la soddisfazione per proseguire il proprio impegno nel mondo delle corse.

“Anche se non ho la tuta siamo comunque in pista – ha esordito sorridendo Davide – questa per me è una nuova esperienza e un passo alla volta sto lavorando per crescere, imparare e portare avanti il progetto della squadra che dura ormai da tre anni. Diciamo che sono tornato nel mio mondo ed è figo essere presente sotto questa veste”.

Quanto è impegnativo il salto da pilota a team manager?
“Il pilota, prima di correre, dovrebbe fare il team manager (sorride), perché si rende conto quanto sia impegnativo il lavoro dietro le quinte. Ci sono davvero molte cose da fare e gestire, dato che devi avere una visione a 360°. Quando sei un pilota, devi solo focalizzarti sulla moto, adesso invece c’è uno stress diverso, dato che in passato agivo, mentre ora sono fermo in pitlane una volta che scatta il verde”.

Cosa ha capito in questa nuova esperienza?
“Da pilota mi sono incazzato troppo, il mio errore è stato non distaccarmi emotivamente da ciò che stava accadendo. Questo l’ho realizzato ora che sono team manager, ma dentro di me sono convinto di essere cresciuto. Ho al mio fianco Giada, che per tanti anni ha lavorato in Dorna e contribuisce a portare avanti il lavoro. Insieme ci occupiamo della logistica, la gestione economica e anche del coordinamento sportivo, mentre io sono un po’ più focalizzato sulla questione racing”.

Davide, pensi ancora al tuo passato da pilota oppure è un capitolo chiuso?
“Io sono stato un pilota estremamente passionale e ho smesso perché le mie pile si erano esaurite. Ad oggi recrimino di aver avuto una motivazione al 100% e forse non mi sono preso i miei spazi quando era necessario, distaccandomi emotivamente in alcuni momenti. Ma alla fine è comunque giusto dire che ho smesso perché volevo smettere”.

Che effetto ti fa vedere dal muretto questa Superbike?
“È diverso, però è un Campionato di alto livello. Di sicuro il talento sta pagando Johnny Rea, dato che ci sarà un motivo se questa è la storia da sei anni da oggi. Penso però che Redding abbia uno stile che potrebbe consentirgli di essere veloce e provare a batterlo. C’è però un aspetto determinante nei successi di Rea”.

Quale?
“ Dove lui non arriva con la velocità arriva con la testa, questo è il suo punto di forza che gli altri non hanno. Basta vedere quanto accaduto in passato con Bautista. Gli mancava la velocità, ma con la mentalità è riuscito a portare a casa il titolo”.

Che consiglio senti di dare ai giovani che sognano la Superbike?
“Servono più fatti, meno parole”.


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