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Suppo, racconta Miller: "era una testa calda, la MotoGP lo ha maturato"

Parla l'ex manager HRC che portò Jack in MotoGP dalla Moto3: "è un duro dal cuore tenero, molto diverso da Stoner, Bayliss o Doohan. Era molto affettuoso con Willow, la figlia di Crutchlow, lui sotto sotto è un tenerone"

MotoGP: Suppo, racconta Miller:

Jack Miller è l’uomo del momento. Le due vittorie consecutive a Jerez e Le Mans gli hanno fatto fare quel salto che ancora gli mancava in MotoGP. Un percorso iniziato da lontano, nel 2015, quando l’australiano lasciò la Moto3 per entrare nella classe regina, senza passare dalla Moto2. A volerlo in Honda furono l’allora boss della HRC Shuhei Nakamoto e Livio Suppo, dal quale ci siamo fatti raccontare come nacque quella pazza idea.

Io e Nakamoto lo notammo nel 2014, l'anno in cui stava dominando in Moto3 anche se poi il titolo lo vinse Alex Marquez - ricorda Suppo - Ci sembrava avesse uno stile di guida che si potesse adattare bene alla MotoGP, in Moto2 non c’era nessuno che ci entusiasmasse particolarmente, quindi decidemmo di puntare su un pilota molto giovane ma con caratteristiche adatte a guidare la MotoGP”.

"Far passare Miller dalla Moto3 alla MotoGP fu una mossa azzardata, ma non una pazzia"

Per accettare il salto dalla Moto3 serve anche un po’ di follia, avevate paura che vi dicesse di no?
Infatti non ci pensò neanche un attimo (ride). Sicuramente se fosse stato titubante non avremmo insistito, invece sia lui che il suo manager, Aki Ajo, furono contenti della proposta. Jack era giovanissimo e avere la HRC che ti offre un contratto di 3 anni sicuramente è un’occasione importante, significava che credevamo in lui. Tra l’altro arrivava dalla gavetta, quindi quell’offerta rappresentava per lui anche la tranquillità economica che, quando arrivi dai bassifondi, ti tranquillizza. Penso che sia stata una mossa azzardata, ma non una pazzia. I risultati che Jack ha fatto, non solo ora ma in generale, dimostrano che non gli abbiamo bruciato la carriera”.

Non hai mai avuto nessun ripensamento su quella scelta?
Jack ha i pregi e i difetti che avrebbe avuto se avesse fatto una carriera diversa. Non ci può essere la controprova, ma ha sempre avuto talento e, forse, se non avesse lavorato da subito in un team di MotoGP, più professionale e dove c’è più controllo, forse sarebbe stato più difficile per lui trovare la sua maturità. Era una testa calda, lo ammette anche lui, come dico sempre è stato l’unico pilota a cui abbia fatto una multa in vita mia, in 22 anni di carriera. Eravamo arrivati a quel punto perché io, Lucio e Nakamoto non sapevamo più come fare a fargli capire che non poteva fare danni ogni domenica sera (ride)”.

"All'inizio si fidava troppo del suo talento, la MotoGP gli ha fatto capire che servono sacrifici"

Com’era Miller in quegli anni?
All’inizio non si allenava abbastanza, si fidava troppo del suo talento. Magari, con un passaggio in Moto2 in cui il suo talento gli avrebbe permesso di andare forte senza fare niente, avrebbe potuto perdersi per strada. In MotoGP si è scontrato subito con una realtà molto professionale che gli ha fatto capire prima che per arrivare certi risultati devi fare dei sacrifici”.

A Jerez abbiamo visto un lato tenero di Miller, tu lo conoscevi?
Indossa la maschera del guascone, ma basta vivere come viveva nel paddock con la famiglia Crutchlow, era molto affettuoso con la bambina, lui sotto sotto è un tenerone. È un australiano molto diverso da Casey Stoner, ma anche da Troy Bayliss o Mick Doohan, non è che possano essere uguali solo perché sono australiani. Jack è un testone.

C’è stato un episodio in cui è venuta fuori particolarmente questa sua testardaggine?
“Nel 2016 mi ero dannato per lui, in Austria, nelle prove, scoprimmo che aveva una vertebra incrinata e saltò la gara. Sono molto sensibile a quel tipo di lesioni, essendo molto legato a Filippo Preziosi, sono molto consapevole dei rischi, ma i medici della Dorna gli diedero l’ok per correre a Silverstone. Io mi feci dare tutti gli esami e li feci controllare da vari dottori che mi dissero che era molto rischioso, c’erano grandi possibilità di farsi male se fosse caduto. Jack, però, non ne voleva assolutamente sapere e il suo manager non mi aiutò. Ogni volta che andava in pista, io avevo paura. A Misano ebbi un illuminazione, andai nel suo motorhome e gli dissi: ‘tu sostieni di non avere problemi, ma stai andando piano, quindi tutti pensano che sei una pippa e non che hai male alla schiena’. Quel ragionamento lo aiutò a capire e riuscii a convincerlo di fermarsi. È un testone e come tutti i piloti non ha paura di niente”.

"Miller è stato vicino a perdersi, ma è riuscito a mettersi in riga"

Ti immaginavi che Miller potesse raggiungere certi risultati quest’anno?
Già alla fine dello scorso anno aveva fatto delle ottime cose e nei test invernali era andato forte. Si era un po’ perso nelle prime due gare per i problemi al braccio, ma è stato bravo a non farsi prendere dal panico in un inizio di campionato così difficile, anche questo è stato un segno di maturità. Si vedeva che aveva un grande talento, già quando decidemmo di prenderlo dalla Moto3, in questi anni è stato bravo a crescere. Faccio un esempio, Pedro Acosta è sicuramente un fenomeno ma per diventare campione c’è di mezzo un processo di crescita, tanti si perdono per strada. Jack è andato vicino a perdersi, ma è riuscito a rimettersi in riga e da un paio d’anni si era capito che poteva stare davanti.

Quindi per te non è stata una sorpresa?
Sarei stato sorpreso se non avesse fatto dei buoni risultati. Come per Bagnaia, se ci ricordiamo quello che ha fatto con la Mahindra, poi il titolo in Moto2 e il suo esordio nei test di Sepang con la MotoGP, ero più sorpreso di vederlo faticare che non di andare forte. Sono due piloti molto forti che stanno portando una ventata di entusiasmo in Ducati”.

"Miller e Bagnaia hanno portato entusiasmo in Ducati, ma Quartararo al momente è il più forte"

Ti piace questa squadra?
Come ho detto, si vede che c’è entusiasmo. Quando un pilota come Dovizioso resta tanti anni in Ducati senza raggiungere l’obiettivo che si erano posti, lo ha sfiorato nel 2017 e poi due secondi posti senza essere in lotta, è inevitabile che la squadra perda fiducia nel pilota e viceversa. Ormai si erano incancreniti in questa situazione che poi ha fatto sì che lo scorso anno, in cui hanno hanno avuto una grandissima occasione di vincere in Mondiale, abbiano fatto una stagione molto al di sotto delle loro possibilità. Secondo me è successo perché c’era questo clima in cui non si sopportavano. In questo momento mi sembra che la Ducati sia innamorata dei suoi due piloti e che i piloti siano innamorati della Ducati, è una di quelle cose che fanno la differenza. Da fuori è facile giudicare e criticare, ma nella MotoGP di adesso, in cui c’è un grande livellamento, la convinzione di un pilota di essere nelle condizioni giuste per potere vincere magari gli toglie quel decimo, quel decimo e mezzo, al giro che ora significa partire nelle prime due file invece che essere fuori dalla Q2”.

Questa Ducati riuscirà a ripetere quello che avete fatto tu e Stoner: vincere il Mondiale?
In verità l’ha fatto solo Stoner (ride). Fino ad adesso sono stato molto positivo su Ducati ma, se devo essere oggettivo, nelle cinque gare disputate Quartararo aveva il potenziale per vincerne 4. A Jerez, senza il problema al braccio, avrebbe vinto e a Le Mans sull’asciutto sarebbe stato difficile batterlo. Ducati ha ottime chance di vincere il titolo, ma al momento Quartararo è ancora un po’ più forte. Correre due volte in Austria sarà un vantaggio e Ducati ha 3 piloti che vanno forte e che potranno portare via punti pesanti a Fabio in quella pista. Chi dice che è un problema avere tanti piloti che vanno forte sbagliano, se non fossero sulla Ducati sarebbero su un’altra moto e li avresti come avversari”.

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